Vai al contenuto

Non ho parole per l'educata ignoranza che sovente si sente nelle scuse dei vili difensori dell'indifendibile
(Fedor Dostoevskij)

Nell'ultimo periodo, in un luogo apparentemente tranquillo come Cremona, polizia, carabinieri e vigili urbani stanno intensificando le loro odiose azioni di repressione verso gli indesiderabili che navigano in città.
Sarà che i sabotaggi verso punti del potere, le lotte per la casa, la solidarietà con i detenuti, la lotta con e per gli ultimi di questa società (questuanti, venditori “abusivi” e giovani senza un futuro) e l'opposizione quotidiana a tutti i fascismi di questo marcio esistente stanno aumentando sempre più.
Non passa inosservato che furti e rapine sono in continuo aumento, sintomo di un malessere sociale che tende a scaturire una veloce riappropriazione a quello che questa società toglie sotto i propri occhi alla maggior parte della gente, stufa di vedersi negare una vita realmente vissuta.
«La proprietà è un furto!» diceva il vecchio adagio...
Chi deve difendere questo esistente marcio però si attrezza. Ed ecco che scattano perquisizioni in strada o a casa, fermi per la richiesta di identificazione e deportazioni rapide per controlli nelle caserme e nelle questure (foto segnaletiche, perquisizioni complete fin dentro le mutande, schedature ecc...). Per sbirri, giudici e politicanti un gran lavoro a colpi di carote menzognere e bastoni massacranti.
Stare a guardare sarebbe del tutto assurdo.
Ed ecco che per rispondere a tutto questo, solo la lotta, individuale in ognuno di noi e collettiva per chi si organizza, può essere la sola risposta per difendersi e resistere.
Stiamo con chi resiste in strada al fianco dei fratelli che si sentono urlare dagli infami in divisa “negro di merda, torna al tuo paese”. Stiamo con chi resiste insieme a chi chiede la questua e si deve difendere dall'arroganza del potere, colpendo poveri e animali che gli accompagnano. Stiamo con gli ''abusivi'' che occupano case e resistono agli sfratti. Stiamo con chi è solidale con i detenuti perché il carcere non è “solo” quattro mura che rinchiudono i desideri ma anche la società in cui
esistiamo. Stiamo con chi lotta tutti i giorni contro ogni fascismo.
Stiamo con chi spacca il quotidiano fatto di oppressione e sfruttamento per farlo divenire straordinario di vita e di gioia.
La guerra sociale è in corso; non combatterla vorrebbe dire solamente parlare senza agire come fanno politicanti, banchieri, preti e stregoni del niente.
Solidali con gli sfruttati, feroci con gli oppressori.
Il resto è fantasia di volere realmente qualcosa di veramente altro in cui perdersi e realizzare le proprie passioni.
Vi sembra poco per resistere alla repressione?

Anarchiche e anarchici

Nell’ultimo mese, in questa triste città, alcuni commercianti (non tutti, per fortuna che qualche bottegaio non prende parte a questo circo della meschinità) hanno pensato bene di ravvivare le proprie giornate, fra il fetore della merce e la puzza del denaro, lanciando la crociata contro i venditori «abusivi», i questuanti e chi chiede qualche moneta per tirare a campare.
Messaggio recepito forte e chiaro dall’amministrazione comunale che, paurosa di non avere più un tornaconto elettorale da parte di questi discutibili soggetti poco pensanti e molto monetari, ha preso la palla al balzo per lanciare la sua mano violenta, ergo la bizzarra polizia locale, su alcuni indesiderabili delle strade.
Come al solito il potere politico-economico se la prende con chi è nettamente più debole: i più poveri, i più ricattabili, quelli che hanno tutto da perdere per tre borse e due cinture in croce o nemmeno quelle…
Questo fatto lo riteniamo grave e greve come tutto l’esistente intorno a noi.
L’arroganza del potere non può non trovare qualcuno che si oppone a questo ennesimo scempio contro gli emarginati di questa società.
Ci chiediamo chi sono i veri criminali: quelli in canottiera o quelli in giacca e cravatta che siedono in parlamento, nei tribunali o nelle banche? Quelli sulla strada a sudare per qualche euro o quelli in divisa a massacrare e reprimere in guerre sterminate o nelle strade dove camminate?
Dato che nessuno ha la proprietà sulle strade, perché le strade dovrebbero essere di tutti, almeno questa è la fandonia che ci propinano, siamo solidali con i fratelli che subiscono la repressione dalle divise, dal Comune di Cremona e dai loro mandanti commercianti.
Chiediamo alle persone che passeggiano su queste strade di non stare a guardare e di cercare insieme a noi e ai fratelli ambulanti di
autodifendersi dalla violenza poliziesca.
La solidarietà è più forte di qualsiasi divisa, delazione e razzismo.
Meglio la complicità fra gli sfruttati che gli ordini e la violenza di un qualsiasi capo, in divisa, politico o di negozio.

Anarchiche e anarchici

Nel mese di ottobre, i fascisti di Casa Pound, tenteranno di fare un presidio/banchetto in Villetta per distribuire pasta, alimento che non verrà consegnato a tutti, ma sarà la discriminante etnica a farla da padrone. Non lo affermiamo per mera contrapposizione a questi inutili individui, ciò che scrivono sui loro comunicati e siti internet è molto chiaro e non da adito a nessuna altra conclusione.
Questo gesto populista e propagandistico è un chiaro tentativo di infiltrarsi in contesti e quartieri totalmente avulsi al pensiero neofascista, un modo subdolo e vigliacco di dividere il povero italiano da un povero che viene da qualsiasi altra parte del mondo. Il messaggio lanciato da questo tipo di iniziative è la divisione tra poveri e non la solidarietà tra sfruttati.
Non possiamo non opporci a questa finta iniziativa benefica se animati da un sincero spirito di giustizia sociale. Non affidiamo il nostro disgusto e dissenso alle istituzioni, che da anni danno a questi loschi individui piazza ed agibilità politica.
Questo quartiere non può sopportare un triste ritorno al passato. Organizzandoci, attraverso solidarietà e complicità, possiamo opporci a questi personaggi inqualificabili.
Cacciamo i fascisti da ogni quartiere e da ogni città!

Antifasciste/i di Crema e Cremona

In un periodo dove la repressione si fa sempre più sentire contro chi lotta per ribaltare questo esistente, in Val di Susa violenza poliziesca e perquisizioni con l'accusa famigerata di terrorismo contro i No Tav, a Modena arresti contro chi lotta per buttare giù i CIE e a Milano per gli scontri contro lo sgombero dell'ex-Cuem in università, nel carcere di Cremona succedono in brevissimo due fatti:
domenica un prigioniero tenta (e quasi ci riesce...) il più grande sogno di libertà, tentando di evadere e oggi (lunedì) si consuma l'ennesimo "suicidio di Stato" in questo putrido lager di Cremona.
Come al solito, sbirri e media farneticano nel loro linguaggio della menzogna parlando di spiacevole suicidio. Le bugie hanno le gambe corte!
Il detenuto che è morto era in galera, in carcerazione reventiva, con l'accusa di tentata strage per aver minacciato di far esplodere una bombola di gas durante la resistenza ad uno sfratto. Un sistema che sfrutta, sfratta ed opprime lega,
come in questo caso, in modo atroce, le condizioni soffocanti in cui gli oppressi sono costretti a sopravvivere in questo ergastolo sociale chiamato società.
Il carcere è un'istituzione totalitaria e rappresenta il totalitarismo del sistema di morte in cui esistiamo, cioè eliminazione attraverso controllo e gestione, dove discorso penale e discorso psichiatrico si confondono nella totalità della prigionia.
Obiettivo principale nella sua prospettiva sociale il ricatto legalitario a cui tutti sono sottomessi, dove le tecniche di repressione vengono «sperimentate» per introdurle nella vita di tutti gli individui.
Il carcere è una macchina di morte funzionale ad un sistema dominato da autorità e merce.
Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi, Carlo Giuliani e Alexis Grigoropoulos sono «solo» alcuni morti di Stato e oggi questo avviene anche a Cremona.
Sappiano gli oppressori che la ribellione è l'unica dignità dello schiavo!
Liberi tutti e che delle galere ci siano solo macerie, che le mura crollino e la libertà evada!

Compagne e compagni contro il carcere

Note a margine di una propaganda mortifera in sala Puerari.

Venerdì 14 giugno, mascherati dal lugubre teatrino di un'iniziativa storica quanto imbarazzante, la banda di razzisti in camicia verde, capitanati dall'illegittimo presidente della Lombardia Roberto Maroni, hanno impregnato attraverso la loro aura di valori marci e nauseabondi, uno dei pochi luoghi cremonesi che per la sua caratterizzazione culturale nulla ha da spartire con questi lerci individui, millantatori di guerre nostalgiche, deumanizzazione del diverso, distruzione del territorio, distorsione identitaria, inasprimento della repressione come del controllo sociale. Impossibile chiudere gli occhi nei confronti dei loro arbitri: la legge bossi/fini, le ronde, i centri di tortura per migranti, l'auspicio a telecamerizzare ogni angolo della città come ad invadere le strade di arroganza poliziesca, gli incoraggiamenti a massacrare gli studenti nei cortei come gli appelli a lasciare morire in mare gli sfollati libici e chiunque tenti di riscattarsi dalla miseria. Questi scempi sono indimenticabili, ed ogni volta che tali nefandezze troveranno lo spazio per diffondersi, si può affermare essere per lo meno scontato, che alcuni liberi individui accorrano a brandire il proprio dissenso; a maggior ragione, quando tali luoghi sono pubblici e per di più quotidianamente vissuti per l'esatto opposto degli obiettivi leghisti: ovvero l'acutizzarsi della critica attraverso l'esplorazione letteraria, filosofica e cognitiva.
Così è accaduto che durante quel funerale della cultura chiamato presentazione di un libro, una quindicina tra studentesse e anarchici, decidono di sbollirsi il sangue nelle vene contestando gli attori dell'attuale banalizzazione esistenziale. Al nostro arrivo ci troviamo davanti il triste scenario di una via Ugolani Dati violentata da camionette, pistole e manganelli; proviamo comunque ad avvicinarsi alla sala, quando improvvisamente veniamo bloccati e invitati ad allontanarci. Incontro aperto al pubblico? A quanto pare non per tutti. Ci accontentiamo allora di leggere un volantino e aprire uno striscione, ma pure questo sembra essere troppo; il megafono ci viene ripetutamente strappato e buttato a terra, mentre digos, carabinieri e vigili urbani ci strattonano fuori dal cortile. Evidentemente, la facciata sobria e pulita di un Maroni accolto a braccia aperte dalla città, doveva essere garantita al costo di epurare con calci e intimidazione tutte le voci fuori dal coro. Beh, sappiate che non ci dispiace affatto di avervi rovinato quella tragica commedia, e che ogni qual volta capteremo l'arrivo in città di codesti sicofanti, non esiteremo a ripresentarci, continuando a pretendere la libertà di dire la nostra. Ci teniamo anche a ribadire quanto un luogo di sapere e di cultura quale è la biblioteca comunale, non potrà mai convivere pacificamente con blindati e polizia, e che se un incontro all'insegna del marciume volete fare, fatelo nelle vostre caserme.
Giù le mani dal Kavarna