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Milano

breve aggiornamento sulla sentenza arrestati No Expo: Molestio assolto, Iddu 1 anno e 8 mesi, Nano 2 anni e 2 mesi. L'unico capro espiatorio condannato x devestazione & sacccheggio è Casper con 3 anni e 8 mesi e il processo civile x Unicredit.

da Radiocane

Magro bottino per la procura di Milano. Si è concluso il primo grado del processo per devastazione e saccheggio in relazione ai fatti del primo maggio 2015: un’assoluzione piena, due condanne per resistenza e una per devastazione.

Alcune riflessioni a caldo con un compagno di Scateniamoli.

Torino

Fuori e dentro

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Un presidio rumoroso da stamattina alle 9 si è trovato davanti al tribunale torinese in occasione dell’udienza di Riesame per i dodici compagni colpiti da divieto di dimora.

Una sessantina tra compagni e solidali hanno intonato cori contro queste ennesime misure e per accompagnare l’ingresso al Bruno Caccia di alcuni banditi che hanno deciso di presenziare alla prima parte dell’udienza: giusto il tempo per la lettura di un comunicato scritto tutti insieme per poi uscire subito da quel luogo infausto e tornare al presidio tra gli amici.

Vi proponiamo il testo letto in aula:

“Sappiamo che uno dei ruoli di tribunali e procure è quello di stroncare i conflitti sociali.

Ovviamente non ce ne stupiamo né ci aspettiamo che vada diversamente.

In questi anni la stretta collaborazione tra giudici per le indagini preliminari e pubblici

ministeri ha permesso di applicare decine e decine di misure cautelari contro chi lotta.

Questi dodici divieti di dimora si inseriscono in questa strategia.

Dopo anni di attacchi repressivi abbiamo deciso di non rispettare queste misure.

Venerdì siamo tornati a Torino e non abbiamo intenzione di andarcene.

Non accetteremo da questo Collegio decisioni che ci dividano.

Nessuno di noi sarà lasciato indietro.”

Usciti i compagni dal tribunale, il presidio si è sciolto e i partecipanti si sono avviati verso Barriera di Milano per raggiungere un picchetto di resistenza a uno sfratto.

Per quanto riguarda le decisioni tribunalizie sarà necessario aspettare qualche giorno; intanto, oltre a puntare i piedi contro le misure, si continuano le lotte.

Ascolta il contributo sulla mattinata di una compagna bandita durante la mattinata informativa di Radio Blackout

macerie @ Giugno 14, 2016

Segue un comunicato diffuso da 12 compagne e compagni colpiti da diveti di dimora a Torino.
Ricordiamo che domani, martedì 14 giugno, vi sarà un appuntamento importante per la mobilitazione in loro solidarietà e contro queste misure repressive
Alle ore 9 presidio davanti al tribunale in c.so Vittorio Emanuele II in occasione dell'udienza di riesame
.

È a Torino che abbiamo visto portare via uomini e donne perché non avevano un documento. A Torino abbiamo visto la polizia caricare un corteo di operai che avevano osato ribellarsi.
A Torino abbiamo visto le pattuglie dei carabinieri aiutare padroni e banche a sbattere in strada i nostri vicini di casa in ritardo con l'affitto o con il mutuo.
A Torino abbiamo visto interi quartieri trasformarsi secondo le esigenze dei ricchi sulla testa dei più poveri che li abitano.
A Torino e nelle sue valli abbiamo visto la celere bastonare le persone accampate a difesa della terra in cui vivono.
Ma a Torino abbiamo anche visto decine di persone sollevarsi per permettere a un clandestino di scappare a un controllo e centinaia di facchini tener testa a chi li voleva cacciare dai cancelli del CAAT. Qui abbiamo visto intere vie chiuse dai cassonetti per respingere un ufficiale giudiziario e decine di abusivi riprendersi la piazza sotto gli occhi impotenti della polizia. È a Venaus che le stesse persone bastonate hanno rialzato la testa e spazzato via plotoni di celere riconquistando il terreno perduto.
Se è vero che ovunque soprusi e ribellioni sono all'ordine del giorno, è a Torino che noi abbiamo deciso di coltivare un sogno comune.
Puntiamo i piedi, qui vogliamo rimanere, qui vogliamo lottare.
Dodici divieti di dimora a chi in una giornata di ottobre era andato presso la sede di Ladisa, ditta fornitrice dei pasti all'interno del Cie di corso Brunelleschi, a restituirgli un po' della merda che quotidianamente somministra ai reclusi. Un'iniziativa all'interno di un percorso di lotta contro il Cie e contro chi lo fa materialmente funzionare.
Sono anni che la Procura ci colpisce incarcerando e allontanando i nostri affetti.
Abbiamo tenuto duro, giorno dopo giorno, affrontando la paura e il dolore che la repressione porta con sé.
Abbiamo portato avanti con fatica le lotte dei compagni allontanati, incarcerati e sorvegliati.
E se in tutti questi anni di lotte a Torino abbiamo affrontato gli attacchi repressivi cercando sempre di spingere un passo più in là i percorsi che si stavano portando avanti, questa volta ci siamo guardati e negli occhi di ognuno abbiamo ritrovato la medesima voglia di non partire.
Questi dodici divieti di dimora sono la goccia che fa traboccare il vaso, non siamo più disposti a razionalizzare la nostra rabbia.
Non accettiamo più di dover salutare compagni e affetti perché costretti ad andarsene
Non accettiamo più che le nostre vite, la nostra quotidianità siano determinate da un pezzo di carta
Non accettiamo più di rinunciare ai progetti che ognuno di noi ha costruito in città e di doverci reinventare altrove
Restiamo qui, esattamente nel punto in cui le nostre coscienze ci costringono a stare.
Per noi questi divieti di dimora sono carta straccia.
Saremo in una radio libera a trasmettere, davanti alla porta di J. per resistere al suo sfratto, sotto le mura del Cie per sostenere le rivolte dei reclusi, nelle strade per opporci alle deportazioni, ovunque ci andrà di stare.
Le conseguenze le conosciamo, con una certezza quasi matematica tra qualche giorno ci porteranno in carcere.
Precisamente nel punto in cui il Tribunale avrà la forza di metterci.
Nel centro esatto del ciclone che sta stravolgendo le nostre vite.
Consapevoli della nostra scelta, forti della solidarietà che non ci lascerà soli, noi da qui non ce ne andiamo.

Banditi a Torino

Aggiornamento:

Il Tribunale del Riesame ha annullato il divieto di dimora per i dodici banditi accusati di essere andati presso la sede della ormai arcinota Ladisa a restituire un po’ del marciume che quotidianamente forniva ai reclusi del Cie di corso Brunelleschi.

E dopo la decisione dei dodici compagni di non accettare l’ennesima misura repressiva e di violarla quindi pubblicamente, dopo le molte iniziative inserite nella settimana di mobilitazione che hanno portato banditi, amici e solidali in strada, sotto le mura del Cie e del Tribunale nel giorno del Riesame, oggi arriva questa notizia.

Le iniziative previste nei prossimi giorni restano comunque in calendario e ci pare  importante partecipare per tutti coloro ancora costretti sotto misure, per i quattro compagni in sorveglianza speciale da gennaio e per gli altri quattro per cui nei giorni scorsi c’è stata l’udienza d’appello richiesta dai pm.

Per ora però ci concediamo il pensiero che la lotta paga!

Erezioni comunali 2016 – Milano 3 – 4 – 5 giugno
Non delegare – autogestisci!
L’art.4 del Testo Unico delle Leggi sulle elezioni della Camera dei Deputati dichiara: «L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un preciso dovere verso il paese». Ma quale dovere? Quale paese? Il voto nella democrazia parlamentare è sempre stato sinonimo di delega. Una delega che scioglie da ogni responsabilità e lascia come unico attore del dibattito pubblico un lamentoso brusio di sottofondo. Tutti a rivendicare l'importanza del voto e al sua insostituibilità di fronte alla minaccia dell'assolutismo. Solo per denunciare senza sosta, fra una tornata elettorale e l'altra, l'arroganza e la corruzione dei politici e della politica istituzionale. Ipocrisia di massa che porta alla schizofrenia sociale. Così come la partecipazione elettorale è solo un sottile e intricato inganno, anche l'astensionismo oggi è spesso sinonimo di disinteresse, qualunquismo, apatia e marginalità. Sempre meno viene rivendicato come atto politico di liberazione e di riappropriazione del proprio orizzonte di azione. Noi ci poniamo quindi senza mezze misure e inutili compromessi in un clima di lotta al sistema e alle sue mafiose elezioni: il nostro obiettivo è la formazione di un fronte rivoluzionario di tutte le tendenze sperimentali che siano in grado di incidere sugli scenari materiali della vita e di modificare la sensibilità ed i comportamenti attraverso la costruzione di «situazioni», ovvero di momenti di vita collettiva, legati al gioco, alla creatività, agli eventi. Per un’arte libera, autonoma, autodeterminata, strumento nella ricerca d’identità comunitaria e unicità del singolo. Una comunità di performer dove la musica diventa linguaggio, la danza e il teatro moti liberatori e la festa un vivere collettivo. Vogliamo così farci carico dell’orientamento trasgressivo della cultura ed il suo abbraccio come nostra vocazione, facendo della critica e della sperimentazione il nostro modo di essere. Una cultura che ponga dei dubbi e che crei innovazione sociale. Non quella delle vetrine con la cultura del disimpegno, della discontinuità, dell’oblio.. dell’EXPO! Vogliamo così invitarvi alla costruzione e alla partecipazione di una tre giorni di autogestione e pratiche libertarie il 3-4-5 giugno a Milano.
«Essere governato significa essere guardato a vista, ispezionato, spiato, diretto, legiferato, regolamentato, incasellato, indottrinato, catechizzato, controllato, stimato, valutato, censurato, comandato, da parte di esseri che non hanno né il titolo, né la scienza, né la virtù. Essere governato vuol dire essere, a ogni azione, a ogni transazione, a ogni movimento, quotato, riformato, raddrizzato, corretto. Vuol dire essere tassato, addestrato, taglieggiato, sfruttato, monopolizzato, concusso, spremuto, mistificato, derubato, e alla minima resistenza, alla prima parola di lamento, represso, emendato, vilipeso, vessato, cacciato, deriso, accoppato, disarmato, ammanettato, imprigionato, fucilato, mitragliato, giudicato, condannato, deportato, sacrificato, venduto, tradito, e per giunta, schernito, dileggiato, ingiuriato, disonorato, tutto con il pretesto della pubblica utilità e in nome dell’interesse generale. Ecco il governo, ecco la giustizia, ecco la sua morale»
Pierre-Joseph Proudhon

LE INFO VERRANNO DATE DA QUESTO INDIRIZZO A TEMPO DEBITO... taz.tracciabi.li

...per far si che le cose riescano è necessario l’ aiuto di tutti/e.
Partendo da un discorso di autogestione, ci si aspetta che ognun@ aiuti più che può per assicurare che la taz sia un divertimento ed un esperienza illuminante per tutte quanti.

Consigli pratici di sopravvivenza:
- trovarai un cartello dove poterti segnare volontari@ per cucinare, stare al bar o turni notte.
- in generale se vedi che c è qualcosa da fare in giro o c è bisogno d aiuto o di pulire, renditi parte attiva della TAZ e dai una mano.
- porta piatto, bicchiere, posate; dopo pranzo e cena ricordati sempre di lavarti il piatto, non delegare altre persone a pulire per te.
- cerchiamo di essere anche attenti/e allo spreco
- rispettiamo il posto evitando di gettare in terra rifiuti di ogni tipo, compresi mozziconi, tappi, lattine, cartacce...
- ci sono in giro tanti bidoni e sacchi della spazza… cercali!

RESPECT & ENJOY THE TAZ

“L’esercito combatte”, è il titolo delle giornate in ricordo della prima guerra mondiale che partono da Lecce il 21 maggio per spostarsi poi in altre città italiane.
Questo ennesimo tentativo di presentare guerra, soldati e armi da guerra come innocui e tutto sommato divertenti, impressiona e disturba profondamente.
La prima guerra mondiale che si intende ricordare è stata un massacro terrificante di generazioni intere di cui non c’è davvero nulla da esaltare, anzi, l’unico suggerimento che può dare è quanto faccia schifo combattere per la patria e quanto la patria, o l’economia ai nostri tempi, consideri meri numeri coloro che manda al fronte e mere variabili le conseguenze che possono derivare: case, ospedali, civili bombardati: i cosiddetti effetti collaterali. Oggi le guerre sono sempre più tecnologiche, ma allo stesso modo producono morti e distruzione. Non esiste alcun valore positivo da attribuire ad una macchina di morte o ad un soldato: sono solo strumenti nelle mani di chi intende accaparrarsi risorse, gestire un’area nel mondo, accrescere la propria egemonia. La patria e il nazionalismo sono, a volte, gli appigli ideologici per far nascere conflitti. Ma è di fatto l’Economia a utilizzare la guerra come mezzo di ristrutturazione o profitto. Se il crescente nazionalismo dei primi del Novecento ha portato ad una guerra mondiale, tragica e sanguinosa, oggi, allo stesso modo, si innalzano muri e barriere e si militarizzano le frontiere. La guerra dichiarata è contro i più poveri, gli erranti, coloro per i quali l’Economia e gli Stati hanno deciso che non esiste più un posto nel mondo.
Le giornate come quelle in programma vogliono insinuare la normalità della presenza militare, nelle città come nelle strade. Una logica militare gerarchica e oppressiva viene presentata come un modello eroico da ammirare. Si diffonde l’idea che il mestiere del soldato non sia fare la guerra, e quindi ammazzare, ma aiutare la gente. Un aiuto che si è potuto vedere all’opera sempre più spesso, dalle torture e gli stupri in Somalia nel ’93, alle sevizie ad Abu Ghraib, all’"annichilimento” di Falluja, dove si massacravano uomini e donne ridendo e divertendosi. E mentre si prepara un’imminente operazione in Libia, cercano di far passare il messaggio che questa sia indispensabile per combattere lo Stato Islamico che commette attentati in Europa. Ma quegli attentati e quei morti sono il frutto di un ennesimo esercito e di un ennesimo Stato – seppure islamici –, oltreché l’effetto nefasto di una guerra che torna indietro; la conseguenza velenosa delle innumerevoli guerre che l’Occidente ha combattuto in tutto il mondo nell’ultimo quarto di secolo, fomentando l’odio nel cuore di molti che le hanno subite.
Disertare questo genere di manifestazioni è il primo passo per disertare una mentalità militarista che sempre più vogliono inculcarci, per tornare a gridare con forza: soldati assassini, guerre infami.

Antimilitaristi

[Diffuso a Lecce il 22/05/2016]

fonte: www.finimondo.org

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Seguono una serie di contributi tradotti dal francese sul conflitto innescato dalla cosiddetta "Loi travail" dalla prospettiva di chi il lavoro salariato vorrebbe distruggerlo:

1 - Una primavera francese
2 - Contro questo mondo di schiavi e di miseria
3 - Ne futuri disoccupati ne futuri lavoratori
4 - Lettera di alcuni proletari ad altri a proposito della “Legge lavoro” e delle sue incongruenze
5 - Non abbiamo niente da difendere
6 - Noi siamo contro il lavoro
7 - Il lavoro è per la vita ciò che il petrolio è per il mare
8 - L'amore in spiaggia
9 - Permesso di demolire
10 - Degli anarchici profanano il corteo libertario

Di seguito gli aggiornamenti delle cronologie raccolte nel documento "Una primavera francese":

In massa, di giorno o di notte:
(Nota : non ho citato qui, perché non li ritengo esempi di un approccio conflittuale, le occupazioni portate avanti dai precari dello spettacolo, come alcuni importanti teatri parigini, etc.)

9 marzo: prima manifestazione, indetta dai sindacati. Contro ogni previsione, l’aria è elettrica: si registrano scontro e danni a Parigi, Lione, Rouen e in altre città.

17 marzo: scontro alla manifestazione degli studenti superiori a Parigi, molti danni. Scontri, danni e occupazione della stazione a Rennes. Duri scontri a Nantes, Lione e Grenoble. Il giorno dopo, blocchi in moltissime scuole superiori.

21 marzo: un’assemblea all’università di Tolbiac (Parigi) si trasforma in manifestazione spontanea. Ingenti danni a banche, mobilio urbano, agenzie di viaggi, una sede del Partito Socialista e alcuni camion della posta.

24 marzo: manifestazioni, scontri e danni un po’ dappertutto. Duri scontri (come sempre) a Nantes e Rennes, manifestazione agitata a Marsiglia, Grenoble, etc. A Parigi, il servizio d’ordine della CGT (la CGIL francese) pesta alcuni manifestanti che volevano passare davanti e ne dà due alla polizia che li arresta (ma la risposta non si fa attendere, vedi l’altra parte della cronologia). La polizia picchia un ragazzo davanti ad un liceo professionale a Parigi. Qualcuno filma e la notizia fa scandalo. Il giorno dopo, un presidio di solidarietà davanti al liceo diventa una manifestazione spontanea che attacca, danneggiandoli, due commissariati di polizia e saccheggia due supermercati.

29 marzo: a Rennes, una manifestazione spontanea partita dall’università passa a fianco della metropolitana. Qualche sedia vola sui binari (a cielo aperto), bloccando la circolazione. Si continua con il blocco della circonvallazione.

31 marzo: manifestazioni (le più grosse), scontri e danneggiamenti. Scontri a Lione, Marsiglia, Parigi, Rennes, Grenoble, Rouen, Toulouse, Lille, Caen e Nantes (dove un giornalista si prende delle botte e un negozio si fa rubare la merce). Nella banlieue di Parigi, scontri fra polizia e studenti che bloccano le loro scuole. Due auto vengono incendiate. A Caen la biblioteca universitaria è devastata.

5 aprile: manifestazioni, grossi scontri ed ingenti danni a Nantes (la sede del PS è attaccata e la saracinesca di ferro che la protegge tagliata con un flessibile!), Rennes (ancora blocco della stazione, tentato saccheggio di un supermercato), Parigi, Tolosa (tentativo di blocco della stazione), Marsiglia (blocco dell’autostrada), Rouen (dove il tram è bloccato con delle barricate in fiamme). A Levalloi-Perret, nella banlieue ricca di Parigi, il blocco di una scuola superiore (un liceo professionale dove vanno i poveri delle città vicine, meno ricche) finisce con l’incendio della facciata. Idem a Clichy (poco lontano). Scontri fra studenti e polizia in tutta la banlieue ovest e nord-ovest di Parigi. La sera, a Parigi, una manifestazione spontanea parte da Place de la République per raggiungere il commissariato dove si trovano gli arrestati della giornata. Il traffico è bloccato con barricate di cassonetti.

7 aprile: numerosi blocchi di scuole superiori nella banlieue ovest e nord-ovest di Parigi (ma i blocchi si estendono anche alla lontana banlieue nord e est): scontri, auto incendiate. Scontri fra ragazzi e polizia nella banlieue di Lione, blocchi anche a Montpellier.

9 aprile: scontri a Parigi (la manifestazione del pomeriggio finisce con una “trappola” poliziesca: i manifestanti vengono chiusi in Place de la Nation, dove la polizia lancia dei gas per delle ore – e si prende pietre e petardoni), Rennes e Nantes (dove dei giornalisti vengono picchiati e presi a sassate - uno ha la testa aperta).

12 aprile: blocchi di scuole superiori, scontri e numerosi arresti di studenti, nella periferia di Parigi e a Montpellier. La notte, a Parigi, una manifestazione spontanea parte da République  per “andare a bere l’aperitivo da Valls” (il primo ministro). Grossi danni : banche e agenzie interinali con le vetrine distrutte, un commissariato attaccato, un’auto elettrica incendiata… Gli organizzatori della Nuit debout si dissociano dalle violenze (e ad un certo punto chiamano pure la polizia).

14 aprile: blocchi di scuole superiori. A Parigi, in due licei, i direttore vengono picchiati dagli studenti. Manifestazioni e scontri a Parigi, Nantes, Rennes, Montpellier, Marsiglia, Tolosa, Rouen (dopo una manifestazione sindacale tranquilla, una manifestazione spontanea parte, la sera, dalla Nuit debout e semina un po’ di disordine in città, alcune banche e la sede del Front National vengono vandalizzate). A Caen alcuni manifestanti cacciano i giornalisti. La notte, a Parigi, una manifestazione spontanea parte da République e si snoda nel nord-est della capitale. Ingenti danni ad un’ufficio di collocamento, alcuni negozi ed uffici, una concessionaria Jaguar viene devastata (si!). Le stime parlano di 300.000 euro di danni. Poche ore prima, un’altra manifestazione spontanea aveva fato delle scritte nel quartiere di Belleville e macchiato di vernice la sede nazionale del sindacato di centro-destra CFDT (che non partecipa al movimento contro la Legge lavoro).

15 aprile: nella notte, scontri su République a margine della Nuit debout e manifestazione spontanea. Una persona accusata di aver incendiato un’auto elettrica finisce in prigione. A quella data, il Ministero dell’interno contava 151 sbirri feriti (su tutta la Francia) e 412 persone fermate, di cui 193 arrestate (a Parigi e cintura).

17 aprile: a Marsiglia una manifestazione spontanea notturna parte dalla Nuit debout locale e va devastare la sede del Front National. Quella del Partito Socialista rischia di fare la stessa fine, ma gli sbirri arrivano troppo presto. A Brest, una manifestazione spontanea percorre la città la sera, danneggiando con vernice e colpi di mazza vetrine di banche e bancomat.

20 aprile: manifestazioni e scontri a Lille e Nantes. A Lille, una parte dei manifestanti, attaccati dalla polizia, si rifugia nel locale della CNT (anarco-sindacalista). Gli sbirri entrano, sfasciano tutto, pestano i presenti e arrestano due persone a caso (ma la notte ci sarà una risposta, vedi l’altra parte della cronologia). A Rouen una manifestazione spontanea ricopre diverse banche di vernice e scritte.

23 aprile: scontri a margine della Nuit debout a Parigi. Una macchina della polizia in borghese viene incendiata. Ad Avignone, scritte sulla sede del PS.

28 aprile: manifestazioni, scontri e danneggiamenti. A Parigi un poliziotto si prende un sanpietrino in testa e finisce grave all’ospedale (altri 23 sono feriti). A Rennes: molotov, bombe incendiarie e altre simpatiche diavolerie piovono sulle guardie. Scontri ovunque. La sera, il tentativo di occupazione permanente di République finisce con scontri, incendi di auto elettriche e altri danni; gli sbirri sono particolarmente violenti. Dei manifestanti che sono riusciti a scappare alla rete poliziesca partono in manifestazione spontanea, con danneggiamenti nei quartieri vicini.

1 maggio: la tradizionale manifestazione sindacale di Parigi è più grande del solito, ma tutto sommato tranquilla. In testa, un grosso blocco dall’aria “conflittuale” viene a un certo punto  separato dal resto del corteo, restando “ingabbiato” fra due cordoni di polizia per circa un’ora (con cariche, gas e granate “a frammentazione”), poi viene lasciato ripartire verso Place de la Nation, punto di arrivo della manifestazione. Là ci sono ancora saltuari scontri fra manifestanti e polizia. Le manifestazioni nel resto della Francia sono tranquille. Insomma, una giornata sottotono rispetto a quanto ci si poteva attendere.

3 maggio: le manifestazioni sono poche e poco incisive, nel giorno in cui il progetto di Legge lavoro viene presentato all’Assemblée Nationale. Ci sono però scontri a Nantes. Uno sbirro che si ritrova solo fra i manifestanti si prende un sacco di botte.

10 maggio: all’Assemblée Nationale [equivalente della Camera dei deputati, NdT] il governo chiede la fiducia [nel codice francese, è l’art. 49.3] per il voto della Legge lavoro, che passa. Manifestazioni spontanee in diverse città: Parigi, Nantes, Rennes, Tolosa, Lione, Grenoble, Montpellier, Digione. Numerose sedi del Partito Socialista sono vandalizzate, come a Caen, Lione, Denain, Rouen, Digione, Lorient.

12 maggio: Manifestazioni con scontri a Parigi, Nantes, Rennes, Le Havre, Tolosa, Caen. Scontri anche fra manifestanti “radicali” e i servizio d’ordine di alcuni sindacati. A Marsiglia, alcuni manifestanti attaccano dei giornalisti. Bella manifestazioni, determinate, a Lille e Besançon, che lasciano dietro di sé parecchi danni.

13 maggio: la polizia sgombera un edificio occupato qualche settimana prima, nel quadro della lotta contro la Legge lavoro. La sera, 300 persone partono in manifestazione spontanea. Danni enormi in tutto il centro, una Porsche incendiata (è la seconda a Rennes), la polizia sconfortata parla di “demolizione di Rennes”. Qualche giorno dopo un giornale locale dirà che a causa dei troppi bancomat distrutti durante le manifestazioni, c’è carenza di denaro liquido a Rennes… La manifestazione prevista per il giorno dopo, però, non avrà luogo : troppi sbirri.

17 maggio: manifestazioni sottotono. La fatica e la repressione si fanno sentire. Dal mattino, sciopero in alcuni settori (trasporti, pubblico impiego) e qualche blocco di strade, raffinerie e porti. A Parigi i servizi d’ordine di alcuni sindacati, armati di bastoni, mantengono l’ordine. Scontri a Nantes e Rennes (dove i manifestanti cercano di bloccare la circonvallazione).

18 maggio: presidi di… sbirri! Che protestano contro l’”odio anti-sbirro”. A Parigi, una manifestazione spontanea che voleva opporsi ai sindacati delle guardie si snoda per i quartieri del Nord-est. Un’auto della polizia (in servizio) viene incendiata, uno sbirro si prende delle sprangate.

19 maggio: manifestazioni grosse, ma calme. Qualche lieve scontro a Parigi, Caen e Nantes. Piccoli scontri anche a Rennes, con blocco della circonvallazione.

In piccoli gruppi, di notte o di giorno:
24 febbraio: A Parigi e cintura, 5 locali del Partito Socialista hanno avuto i vetri spaccati, contro lo Stato d’emergenza. “Opporsi allo stato d’emergenza significa opporsi allo Stato tout court ed al partito al potere: il PS. Ciò non si fa con delle manifestazioni-passeggiate a fianco di partiti politici, sindacati e bigotti oscurantisti, né per mezzo di banchetti con dei religiosi o semplicemente lamentandosi della violenza della polizia [riferimento a quanto fa una parte dell’estrema sinistra e del milieu antagonista ed antifascista, troppo vicino ai difensori dell’islam politico; NdT]. Viva l’azione diretta! »
15 marzo: a Besançon, scritte e vernice sul locale del PS e sull’ufficio di un senatore di destra. La serratura è stata riempita di colla. Un’altra scritta, su un muro, dice : “Per vivere in piedi, blocchiamo tutto, sciopero generale”.
18 marzo: un comunicato su Indymedia rivendica il sabotaggio (con martelli, schiuma o estintore) di 8 bancomat, a Parigi. “Invece di lamentarci a fianco delle parti sociali (secondini della rivolta), distruggiamo quello che ci distrugge. Ce ne freghiamo della “Legge lavoro”, vogliamo sfasciare tutto”.

22 marzo: importanti danneggiamenti degli uffici dell’università di Tolbiac, dove una sala è stata concessa per un’assemblea. Dalla rivendicazione: “Si tratta di una volontà precisa di non limitarsi a delle prese di parola, a delle assemblee, delle manifestazioni (che siano “agitate” o “sindacali”), ma di opporsi ad ogni forma di connivenza con il potere, ogni potere”. I sindacati studenteschi si dissociano.

24 marzo: vengono spaccati i vetri del locale della CGT del XX arrondissement di Parigi. L’azione è una risposta al fatto che quel pomeriggio il servizio d’ordine della CGT ha pestato e dato alla polizia dei manifestanti. Azione rivendicata da “alcuni lavoratori della notte (non sindacati)”.

31 marzo: un comunicato rivendica la distruzione di mobilio urbano e l’esproprio di alcuni bottegai che si fanno i soldi a margine delal Nuit Debout. Azione rivendicata in solidarietà con i compagni greci della CCF e Pola Rupa.

2 aprile: a Parigi, scritte sui muri in solidarietà con Gaël, imprigionato qualche giorno prima a Nantes per aver partecipato agli scontri. Vicino alla Basilica del Sacre Coeur, che ricorda la vittoria della reazione sui comunardi, viene vergato “Vive la Commune de 1871”.
8 aprile: vengono spaccati i vetri del locale della CGT del XIV arrondissement di Parigi. “Perché non vogliamo la loro gestione dello sfruttamento. Non vogliamo alcuna gestione della nostra schiavitù, il lavoro. Perché non ci opponiamo alla “Legge lavoro”, ma alla legge e al lavoro.”
12 aprile: a Tolosa la facciata del locale della CGT è macchiata con delle lampadine riempite di vernice. Un scritta dice “Non tutti gli sbirri sono in uniforme blu”. Un bidone della spazzatura è spinto contro la porta e incendiato.
A Saint Denis (banlieue nord di Parigi), scritte sull’università. La rivendicazione critica il fatto che, durante l’”occupazione” dell’università, venga promossa la segregazione razziale, con l’organizzazione di una settimana di corsi e conferenze che si tengono in “non-mixità di razza” (cioè le persone dall’apparenza “bianca” non vengono accettate). Le scritte dicono “Abbasso la razza, viva la lotta di classe”, “Se dio esistesse bisognerebbe distruggerlo”, etc.
15 aprile: a Lille, il locale del PS e l’ufficio di un deputato socialista sono stati ricoperti di vernice. “Con questo atto, noi attacchiamo il Partito Socialista nella sua totalità, che sia la sua maggioranza [che sostiene la Legge lavoro; NdT] o la sua parte di sinistra [che la critica; NdT], rappresentata in parte da Martine Aubry [sindaca socialista di Lille; NdT]”.
18 aprile: a Besançon, scritte su un centro di arruolamento dell’esercito (“Assassini”) e su una chiesa vicina (“Che siano di dio o dello stato… abbasso tutti i soldati”).
20 aprile : a Lille, in risposta all’attacco poliziesco alla CNT, la facciata di un posto di polizia è ricoperto di scritte e di vernice lanciata con un estintore. A Marsiglia, 4 molotov contro il consolato della Turchia, in occasione dell’anniversario dell’inizio del genocidio degli Armeni, il 23 aprile 1915.
21 aprile: scritte e vetri rotti sulla sede della Polizia di frontiera a Lione. Gli organizzatori della Nuit debout locale si dissociano. Qualche giorno prima il locale dell’organizzazione padronale MEDEF era stato coperto di scritte.
A Besançon, scritte sulla Camera di commercio (“Sulle ceneri del vecchio mondo nascerà la libertà. (A)”).

24 aprile: ad Avignone, scritte sul locale del PS
25 aprile: a Malakoff, nella banlieue sud di Parigi, la sede del PS è ricoperta di scritte.
26 aprile: a Tolosa, un commissariato attaccato a colpi di molotov. Un bel comunicato dice, fra l’altro “Eravamo stufi/e […] Stufi/e di aspettare il movimento sociale. […] Stufi/e del fatto che lanciare due lattine e mettere una pattumiera di traverso sulla strada e farsi gasare passi per una vittoria. […] Siamo impazienti. Non capiamo perché dovremmo dare l’appuntamento al potere per contestarlo circondati da sempre più divise e pacifisti/sbirri […]”. I danni sono limitati, ma… l’intenzione buona.

28 aprile: la sede di Tulle (“feudo” storico dell’attuale presidente, F. Hollande) del PS viene imbrattata con una grande quantità di vernice e prodotti tossici.
29 aprile: Tolosa, il movimento contro la “Legge lavoro” non fa dimenticare che l’economia è solo una delle catene che ci imprigionano. Alcune “donne incazzate” spaccano i vetri della sede di un giornale su internet che aveva pubblicato un articolo in cui si diceva che se molte donne vengono stuprate è perché fanno uso di alcol o droghe.
1 maggio: a Parigi, “alcuni individui hanno deciso di rompere la routine” del primo maggio libertario [vedi comunicato; NdT]. A Besançon, nella notte precedente la festa dell’alienazione, alcune vetrine vengono spaccate : quella di un gestore immobiliare, di un negozio di vestiti di tipo militarista e nazionalista, di Bouygues, gigante delle costruzioni (e costruttore notorio di prigioni). A Tolosa, nella notte viene incendiata la porta di una chiesa. Una scritta sul muro dice: “La sola chiesa che…”

3 maggio: A Valence, per la terza volta in un mese, scritte sulla vetrina della sede locale del Partito Socialista.

5 maggio: a Montreuil (periferia di Parigi) vengono spaccati i vetri di un ufficio di collocamento. Una scritta lì vicino dice “Schiavisti moderni. Né legge né lavoro”.  A Tolosa, un ufficio di collocamento è ridipinto con un estintore riempito di vernice.

9 maggio: a Parigi, un piccolo gruppo di persone blocca un deposito di tram, la mattina presto. Una barricata di pneumatici infiammati, del cemento a presa rapida sui binari impediscono ai tram di circolare. A Bordeaux, durante il weekend il locale di un sindacato studentesco di destra viene vandalizzato, dentro l’università. A Clermont-Ferrand nella notte ignoti lanciano contro l’auto del sindaco due sampietrini su cui ci sono una falce e martello e “libertà per Antoine”, un antifascista locale imprigionato in seguito ad una manifestazione. Scritte murali per chiedere la sua liberazione anche nella città vicina di Riom

11 maggio: a Tolosa un negozio di Vinci immobiliare viene imbrattato, in solidarietà con la ZAD di Notre-Dame-des-Landes.

15 maggio: a Gap viene imbrattata la sede del PS. Idem a Villejuif e Gennevilliers (nella periferia di Parigi)

19 maggio: sfiga! A Rennes 19 persone vengono arrestate in flagrante mentre cercano di bloccare, in diversi punti, la metropolitana. Secondo i giornali, erano presi di mira da qualche giorno dalla polizia.

Per saperne di più e seguire gli avvenimenti (links in francese):

Una cronologia delle manifestazioni, azioni e altre forme di azione diretta:
https://attaque.noblogs.org/?s=loi+travail

Testi, volantini e manifesti anarchici o rivoluzionari:
http://www.non-fides.fr/?+-La-loi-Travail-on-s-en-fout-on-veut-plus-travailler-du-tout-+

UN SALUTO RIBELLE E UN RINGRAZIAMENTO AL COMPAGNO ANARCHICO DI LINGUA ITALIANA CHE HA REALIZZATO LE TRADUZIONI

 

Abbattere le frontiere, al Brennero e ovunque.

Nella mobilitazione contro la chiusura della frontiera fra Austria e l'Italia abbiamo definito le barriere “l'emblema del nostro presente”.
Non c'è dubbio che le dichiarazioni dello Stato austriaco di costruire una barriera al Brennero hanno fatto sì che le intenzioni dei nemici di ogni frontiera si concentrassero lì. C'è un aspetto simbolico-emotivo della realtà (e della lotta) che non va trascurato, perché le sue ricadute sono estremamente pratiche.
In tal senso, la giornata del 7 maggio è stata importante, per la sua natura internazionale e la volontà di battersi che ha espresso.
I balletti politico-mediatici degli ultimi giorni meritano un paio di ragionamenti. Gli stessi fini (ignobili) si possono ottenere con mezzi diversi: il contenzioso fra autorità austriache e autorità italiane è tutto lì. Si possono controllare e respingere gli immigrati senza intralciare il transito delle merci.
Il muro è un emblema, ma un emblema ha un mondo dietro, senza il quale non funzionerebbe.
Cerchiamo di spiegare alcuni passaggi per capire come continuare a lottare contro le frontiere e il loro mondo.
Fino a metà marzo, le autorità italiane stavano adeguando le misure da prendere rispetto alla decisione austriaca di “chiudere la frontiera”. Altro che coro di protesta, come scrivono oggi i giornalisti. Le mozioni votate dal consiglio provinciale trentino, ad esempio, prevedevano di intensificare i controlli dei Tir a sud, per evitare colli di bottiglia al Brennero.
Determinare quanto i blocchi di treni e autostrada e la stessa giornata del 7 Maggio abbiano pesato sul preteso dietrofront austriaco non è facile e nemmeno particolarmente interessante. Ma non ci piace neanche passare per fessi.
Innanzitutto, i lavori per la barriera al Brennero sono solo sospesi. Un significativo aumento del flusso di immigrati e il rischio di perdere consenso a favore dell'estrema destra potrebbero cambiare la situazione. Intanto, oltre confine, il decreto legge sullo stato di emergenza e sullo schieramento dell'esercito ai confini è passato.
Ma c'è dell'altro, ed è ciò che di più conta.
Lo Stato italiano sta rafforzando la detenzione amministrativa e costruendo nuovi hotspot (centri di smistamento fra profughi da “accogliere” e irregolari da internare ed espellere).
Intanto, i controlli sull'eurocity Milano/Venezia-Verona–Monaco (OBB) sono aumentati. Siamo di nuovo di fronte ai treni dell'apartheid. A Verona sono ripresi i controlli al viso, per cui chi ha la pelle scura fa sempre più fatica a salire sugli OBB.
Il ministro dell'Interno italiano si è vantato, nella conferenza della settimana scorsa con il suo omologo austriaco, che nessun “irregolare” arriva in Austria con quei treni. Anche senza muro, dunque, la polizia del Tirolo ha ottenuto ciò che voleva. 50 poliziotti della questura di Bolzano e 60 militari sono impegnati stabilmente in funzione anti-immigrati.
È questa la frontiera in movimento che va contrastata, a partire dai suoi collaborazionisti.
Il 7 maggio è stato solo un passaggio.
Cosi come la macchina della deportazione si articola sul territorio, che anche i nemici e le nemiche delle frontiere si organizzino.
fonte: http://abbatterelefrontiere.blogspot.it/