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Da: https://hurriya.noblogs.org/

La guerra lungo le frontiere: inizia lo sgombero della Jungle a Calais; recinzioni abbattute e gas lacrimogeni a Idomeni

 

La guerra lungo le frontiere: inizia lo sgombero della Jungle a Calais; recinzioni abbattute e gas lacrimogeni a Idomeni

ido-broken-fenceQuesta mattina a Idomeni, al confine greco-macedone, alcune delle migliaia di persone bloccate nella parte greca del confine, chiuso e fortificato, hanno cominciato a tirare giù le recinzioni di filo spinato. Dall’altro lato la polizia macedone ha risposto sparando ripetuti colpi di gas lacrimogeno . Il numero delle persone presenti al confine è andato crescendo per giorni perché la Macedonia e gli altri paesi balcanici stanno cercando di arrestare il flusso di persone provenienti dalla Grecia, limitando il passaggio.

calaisresistenzaNel frattempo, sul bordo occidentale della fortezza Europa, è iniziato lo sgombero della giungla di Calais. La polizia antisommossa si è riunita intorno al campo in gran numero: contati oltre 50 furgoni più cannoni ad acqua. Negli ultimi giorni gli agenti hanno fatto il giro della giungla diffondendo avvertimenti a lasciare il campo, dopo che un giudice ha stabilito giovedi che tutte le abitazioni nella zona sud potrebbero essere smantellate, mentre alcuni spazi sociali, tra cui le scuole, il centro delle donne, la biblioteca, la chiesa e moschee dovrebbero essere per ora lasciate intatte. Nel momento in cui scriviamo (11:00), la polizia antisommossa, armata di pistole flashball, sta nella jungle per scortare i lavoratori che stanno tirando giù le baracche con gli attrezzi. Alcune persone sono sedute sui tetti delle baracche rifiutando di muoversi.

Traduzione da: Calais Migrant Solidarity

La demolizione della giungla è iniziata!

tetti1La polizia sta facendo il suo lavoro di merda distruggendo le case della gente poste a sud della giungla di Calais.Circa 55 furgoni della polizia e 200 agenti si spostano nella giungla con ruspe e operai. Alcune persone sono sui tetti per resistere allo sgombero. La polizia ha spostato una persona dal tetto e distrutto la sua casa.

Una persona che stava filmando la polizia è stata arrestata senza motivazioni e poi rilasciata. La polizia è tuttavia riuscita a cancellare alcuni filmati.

L’appello alla solidarietà è più importante che mai. Questo è il momento di mostrare solidarietà attiva a tutti gli abitanti precari della giungla di Calais, costretti lì dentro a causa del violento regime delle frontiere.

NESSUNO SGOMBERO! NESSUN CONFINE!

AGGIORNAMENTI

idomA Idomeni lo sfondamento del cancello al confine e di parte della recinzione sembra  abbia permesso a qualche centinaio di persone di varcare la frontiera. La recinzione danneggiata è stata poi difesa dagli agenti della polizia macedone (ma sul posto sono presenti anche poliziotti sloveni, austriaci e della repubblica Ceca) ricorrendo a barricate improvvisate e automezzi. Un elicottero militare si è levato in volo sulla zona, ed immaginiamo la reazione di chi proviene da posti dove queste armi portano morte. Nel corso della giornata, per alcune ore, è andata avanti anche la protesta di 400/500 persone che hanno occupato e bloccato i binari della ferrovia.

A Calais dura da ore lo sgombero e la resistenza dei migranti, che si difendono metro dopo metro scagliando pietre e salendo sui tetti delle baracche, per scongiurarne la demolizione. Una di queste strutture è andata a fuoco a causa di un lacrimogeno, in seguito i migranti per rallentare l’avanzata dei plotoni antisommossa hanno incendiato le baracche semidistrutte dai lavoratori che accompagnavano gli sbirri, e si sono serviti delle masserizie e delle parti smantellate per erigere barricate. Per allontanare i migranti dai tetti la polizia continua ad usare, oltre a decine e decine di lacrimogeni sparati a bruciapelo e le granate stordenti, anche un veicolo munito di cannone ad acqua. I solidali accorsi sono stati bloccati da un cordone di poliziotti, davanti ai quali hanno protestato.

Sul reato di “devastazione e saccheggio”, cui fanno
sempre più ricorso le procure di tutta Italia per azzittire le manifestazioni di piazza, e a come contrastarne gli effetti, si è sviluppata una discussione da molte parti, soprattutto in relazione ai processi per questo reato costruiti sulle manifestazioni di Roma (15 ottobre 2011), Cremona (24 gennaio 2015) e Milano (1° maggio 2015). Riportiamo di seguito alcuni brani di testi e comunicati circolati.
Per l’incontro-assemblea-discussione prevista per il 20 aprile a Milano l'idea è quella di
una sincera, franca, discussione tra compagni, che parta dagli elementi critici per imma-
ginare insieme delle vie d'uscita. In questo senso non crediamo che ci sia bisogno di
interventi, come dire, "da relatori", parliamo di situazioni che, bene o male, tutti abbia-
mo conosciuto o già ascoltato. Ci sembra più interessante discutere insieme, ognuno a
partire dalle proprie esperienze, le difficoltà incontrate e i punti di forza individuati.
[...] Di assemblee e prese di posizione intorno al reato di devastazione e saccheggio,
applicato a momenti ed eventi che riguardano l'agire dei compagni, ce n'è state tante.
Così come tante sono state le campagne messe in campo contro il reato di devastazio-
ne e saccheggio. Apparentemente, dunque, dovremmo essere molto ferrati e al tempo
stesso averne tratto degli insegnamenti o degli strumenti. Invece, ogni volta che scen-
de in campo il reato di devastazione e saccheggio sembra sempre di ripartire daccapo.
Ci siamo chiesti il perché e ci piacerebbe darci insieme una risposta.
Al tempo stesso salta all'occhio che spesso i processi dove viene imputato questo reato
sono tristemente noti per condotte processuali scomposte e contraddittorie, incentrate
spesso sul "si salvi chi può" a discapito della coerenza che ci dovrebbe contraddistin-
guere. Come mai? Possiamo liquidare la questione pensando che sia solamente dovuto
ad una debolezza della solidarietà esterna, oppure giudicandola esclusivamente come
una responsabilità individuale dell'imputato?
Ci siamo soffermati poi sui momenti di lotta, colpiti poi dalla repressione con il famige-
rato 419. Ci è parso che, reagendo all'arrivo della repressione, si dimentichi la gioia pro-
vata durante quei momenti, la forza che se ne era sentita, per passare ad un non trop-
po ragionato ridimensionamento: l'argomentazione della sproporzione della pena non
deve essere direttamente collegata al ridimensionamento dell'evento. Dire che è esage-
rato applicare il 419 per i fatti del primo maggio non vuol dire, allo stesso tempo, che il
primo maggio è successo "poco o niente".
Il 419 nasce per colpire episodi di massa e di piazza, una resistenza ed un danneggia-
mento di massa che mette in pericolo l'ordine pubblico. E' così folle dire che l'agire di
ogni compagno vive la tensione di arrivare ad episodi di resistenza e di massa che
vogliano mettere in discussione l'ordine delle cose? Se questo è vero, il reato di deva-
stazione e saccheggio, si pone ad ostacolo dei sogni e delle tensioni di ciascuno di noi.
Allora perché quando qualcosa di simile accade, anche se in una dimensione assoluta-
mente minore, di fronte all'intervento repressivo diventa difficile riportare la gioia della
rivolta, la sua forza e si riscontrino tutte le difficoltà individuate?
Di questo, ci piacerebbe parlare con altri compagni e compagne. Da questi nodi, inizia-
li e semplici, ci piacerebbe partire, andando a scovare se, a partire da queste criticità e
difficoltà si possano scovare nuovi e più affilati strumenti per portare avanti la solidarie-
tà, le nostre lotte e il nostro agire quotidiano, senza mai fare un passo indietro, senza
lasciare nessuno indietro.
***
PER UNA GIORNATA DI MUSICA E LOTTA ATTORNO AL CARCERE DI S. VITTORE
La campagna SCATENIAMOLI nasce in seguito agli arresti del 12 novembre per i fatti
della manifestazione NoExpo del primo maggio; il progetto include la creazione di una
cassa di solidarietà, l'organizzazione e il coordinamento di vari benefit in giro per l'Italia
e l'apertura di un blog (all'indirizzo scateniamoli.info). Si vuole inoltre mantenere viva
l'attenzione su tutti i procedimenti ancora in corso in cui il reato di devastazione e sac-
cheggio è stato utilizzato come strumento repressivo di piazza.
La prima udienza del processo è in data ancora da destinarsi, ma urge un incontro fac-
cia a faccia per parlare di proposte concrete su come agire insieme prima e durante il
processo. Sicuramente c'è la necessità di tornare in piazza, soprattutto a Milano dove,
per la seconda volta in 10 anni, le procure tornano a combattere il nostro dissenso uti-
lizzando l'accusa di devastazione e saccheggio.
La proposta di Scateniamoli è un presidio itinerante il 2 aprile attorno alle mura del car-
cere in cui, anche attraverso la musica e l'arte, lotteremo per la liberazione dei nostri
compagni. La data è stata scelta, oltre che in avvicinamento al processo, come tappa
intermedia per iniziare a lavorare su un percorso comune in vista del I maggio 2016 in
cui intendiamo portare in piazza forte e chiara la tematica degli arresti del 2015 e di
devastazione e saccheggio. Sulle modalità di organizzazione dell’evento ne discuteremo
assieme a partire dal primo incontro che si terrà il 25 febbraio in torchiera alle 21.
da autistici.org/mailman/listinfo/scateniamoli
***
DALL’ESPERIENZA DI UN COMPAGNO, COLPITO DAL PROCESSO CONTRO LA MANIFE-
STAZIONE DEL 15 OTTOBRE 2011 A ROMA
Carissimx compagnx, mi chiedete un contributo, anzi un consiglio su come comportarsi
in caso si venga accusati del reato fascista di devastazione e saccheggio ed eccomi subito a rispondervi. Inizio questa lettera dicendovi che sono contento che tra diversi collettivi e compagnx vi siate attivati per affrontare il suddetto reato; spero vivamente che
vengano messe in campo azioni efficaci, oltre che strategie comuni, affinché si arrivi
finalmente ad un fronte unitario che si opponga seriamente a questa deriva repressiva.
Ho letto degli ultimi arresti dei compagni che hanno partecipato alla grande giornata del
1° Maggio di Milano e ho rivissuto un po’ quello che accadde a noi: tanta solidarietà ma
poca lucidità politica.
Penso che come prima cosa dovremmo pianificare tutte le mosse da mettere in campo,
evitando quindi di arrivare come nel nostro caso a condanne pesantissime distribuite nel
silenzio più totale. A Roma all’ultimo grado di giudizio in Cassazione c’erano 4 solidali...
Ma non voglio ora concentrarmi o puntare l’indice contro il movimento, a pensarci bene
le maggiori responsabilità di come è andato a finire tutto, le abbiamo avute proprio noi,
che ci siamo fidati ciecamente dei legali.
L’inesperienza, il provenire da un contesto periferico e appunto la nostra ingenuità hanno
creato le condizioni perfette per i nostri accusatori di farci il culo. Cosa che al contrario
non è avvenuta contro i compas “No Tav” i quali, grazie alla grande mobilitazione e scel-
te professionali azzeccate, sono riusciti a limitare i danni. In culo alla procura di Torino!
Ho fatto questa introduzione per rispondere alle vostre domande: come comportarsi se
si viene accusati di devastazione e saccheggio?
Il mio primo consiglio è di non scegliere mai il rito abbreviato – così come abbiamo fatto
noi. Vi dico ciò perché in pratica ci si quasi autoaccusa. Sì, il processo si baserà sulle
prove che hanno in mano i giudici senza la possibilità di poterne acquisire altre, però,
essendo i processi mediatici, la certezza è che distribuiranno ugualmente pene altissi-
me, anche se le suddette prove sono misere.
Inoltre, tale rito fa in modo che la sentenza arrivi nel giro di poco tempo ed è certo che
l’opinione pubblica condizioni i giudici.
Scegliere il rito ordinario, al contrario, dà la possibilità di far sbollentare il clima e quin-
di giocarsela meglio.
Altra cosa fondamentale è che se scegli l’abbreviato, essendo la custodia cautelare pre-
vista dal reato pari ad un anno, è quasi sicuro arrivare a condanna definitiva senza mai
aver messo piede fuori. E’ successo al filone dei teramani, in 3 anni 3 gradi, e sono stati
sempre reclusi. Se fai il rito ordinario passano anni solo per primo grado, dopo un po’ ti
scarcerano. Quindi non fatevi prendere dall’allettante condizione di avere uno sconto
pari ad 1/3 della pena che il rito abbreviato dà, perché è certo che per dare l’esempio
chiederanno condanne superiori ai 10-12 anni (da scontare poi di 1/3), mentre con l’or-
dinario le richieste saranno massimo di 8-9 anni che poi, magari, il giudice dimezza ren-
dendosi conto dell’assurdità. Il rito abbreviato è un’arma a doppio taglio insomma.
Spero di essermi fatto capire.
Inoltre, e questa cosa la dico a chi ha a cuore i compas di Cremona e Milano, è impor-
tante dare a tutti gli indagati lo stesso pool di avvocati altrimenti accade ciò che ho letto
di recente: fraintendimenti controproducenti. La linea di difesa e di attacco legale deve
essere comune! Noi abbiamo fatto tutto il contrario di ciò che vi ho scritto e l’abbiamo
pagata cara...
Oltre a ciò credo che dobbiamo tutti noi presidiare sempre i processi e fare tanta con-
troinformazione. Questo è il mio pensiero sulla scelta del rito.
A livello di lotte propongo di avviare una campagna nazionale contro tale reato in modo
da sbattere in faccia, a chi si ricorda di essere antifascista solo il 25 aprile, che a distan-
za di 70 anni i metodi repressivi attuali sono gli stessi del ventennio.
Pensate ad una cabina di regia coordinata che blocchi tutte le celebrazioni della libera-
zione con uno striscione uguale per tutti e azioni determinate.
Per i compagni “No Tav” si è riusciti a spostare il peso della bilancia dalla nostra parte.
Ho letto molto attentamente l’opuscolo “Sui processi”, è un ottimo scritto che mi ha
aperto la testa su diversi aspetti e che mi ha anche fatto capire come il nostro proces-
so sia stato affrontato nel peggior dei modi possibili.
Vedo che fuori si iniziano a capire determinate cose, cose su cui io mi sono sgolato, e
spero che finalmente ci si inizi a muovere in modo ordinato e strategico.
Sul processo di rottura non ho mai fatto alcuna mia riflessione. Anzi è la prima volta che
tale pratica “difensiva” ha per me una terminologia.
Senza ombra di dubbio è la più coerente fra le scelte processuali per chi ha un ideale
politico, ma sappiamo che spesso tra i compagni arrestati ci sono tanti “civili”. E come
convincere un “civile” a sposare tale linea? La prima cosa che salta in mente a chi viene
arrestato è di uscire e limitare i danni. Pertanto il ragionamento che state avviando va
diffuso il più possibile. Non può restare tra i detenuti o tra chi è del giro. Dopo anni vedo
qualcosa di serio e sono felice che finalmente le realtà metropolitane tornino a prende-
re in mano la situazione.
Il mio consiglio è di lanciare una campagna nazionale in modo che in tutti i territori si
discuta dei contenuti dell’opuscolo, e quindi creare un “apparato legale” che intervenga
immediatamente dove vengono mosse le accuse di devastazione e saccheggio – associazione sovversiva – concorso morale, ma anche – fogli di via- “sorveglianza speciale” ecc.
Un “soccorso legale” per chi viene accusato dà molta fiducia e ci si sente un po’ più al
sicuro. Ecco perché vi dico di non fermarvi e di non limitarvi a parlarne tra quelli del
“nostro giro”. Alzate il livello e puntate in alto. Sulla solidarietà si può ricostruire il movi-
mento e, ricordatevi che siamo noi a considerare il nostro nemico così forte.
Vi mando un saluto a pugno chiuso. 15 ottobre 2011: in ogni caso nessun rimorso!

da macerie

Ieri sono stati revocati gli arresti domiciliari anche a Lucio, Francesco e Graziano, come già nei giorni passati era accaduto a Mattia, Claudio e Niccolò. Se questi ultimi però non hanno altre misure cautelari che ne limitano la libertà, ai primi tre i giudici della Corte d’Appello hanno deciso di comminare degli obblighi di dimora nei Comuni in cui si trovavano ai domiciliari. I tre compagni possono quindi finalmente uscire di casa, dopo più di diciannove mesi passati tra carcere e domiciliari, ma non dai Comuni in cui vivono.

da Radiocane

Giunge da Padova l’ultima novità in materia
di repressione: una bella associazione a delinquere appioppata a chi si
organizza per combattere contro gli sfratti e il sequestro degli
strumenti di trasmissione di RadiAzione, radio web di movimento da
alcuni anni impegnata a dare voce alle lotte. Il tutto con l’ordinario
corredo di misure preventive e di sequestro di locali. Da un lato, un
copione che si ripete, nell’intento d’infiacchire le lotte e togliere di
mezzo per un po’ qualche testa calda; dall’altro lato, la reiterata
ricerca di un precedente giuridico, non solo per colpire più duramente
chi si organizza per contrastare i piani criminali del capitale, ma
anche per mettere a tacere chi intende dare voce alle lotte,
macchiandosi così di lesa maestà nei confronti dei principi fondamentali
dell’assoggettamento.

Da un compagno di RadiAzione, i contorni dell’operazione repressiva e della lotta contro gli sfratti a Padova.

Ascolta il contributo

Trento: foibe, fra bronzo e plexiglass

Nella notte tra il 7 e l'8 febbraio, a Trento, alcuni ignoti fanno sparire la targa dedicata alle "vittime delle foibe" posta nella piazzetta di fronte al tribunale.

Nella notte successiva sparirà anche il cartello segnaletico di via "vittime delle foibe" a Trento nord.

Per il 9 febbraio, a Trento, Casapound e Fratelli d'Italia annunciano la loro commemorazione dei "martiri delle foibe". Come nei due anni successivi, i compagni lanciano un presidio in piazza Venezia, a un centinaio di metri dalla targa (quest'anno di plexiglass...) alle "vittime delle foibe". La mattina del 9 febbraio, con l'articolo 41 del TULPS, la Digos perquisisce la casa e il gararge di alcuni compagni, garage dove era stato spostato il materiale dello spazio anarchico El Tavan chiuso alcuni giorni prima. La polizia politica sequestra caschi, bandiere e scudi di plexiglass allo scopo di impedire la contromanifestazione della sera, che l'anno prima si era conclusa con un lancio di alcune bombe carta contro i fascisti.

La sera, alle 20,00 in punto, una cinquantina di compagni si ritrova lo stesso in piazza Venezia, con scudi di plexiglass, caschi e bandiere. La commemorazione fascista è completamente blindata dalla Celere di Padova e dal battaglione di Laives dei carabinieri.

Il presidio dei compagni, tra interventi contro la mistificazione storica sulle foibe e cori di dileggio sulla targa che non c'è più, ha soprattutto lo scopo di ribadire che, dopo le cariche di qualche settimana prima e nonostante la perquisizioni del mattino, c'è gente disposta a scendere in piazza in maniera autodifesa. Ed è anche un'occasione per esprimere la nostra solidarietà a Pippo, Andre e Tommy.

Trentino - Chiudono le frontiere? Blocchiamo tutto!

Martedì 16 febbraio, a Trento, un gruppo di compagni ha bloccato l'OBB Monaco-Verona delle 18,04. Lo striscione esposto sui binari diceva: "Chiudono le frontiere? Blocchiamo tutto!". La scritta "OBB complice delle deportazioni" è stata tracciata sulla locomotrice del treno. Interventi al megafono, fumogeni e volantinaggio hanno bloccato il treno per circa un quarto d'ora.Di seguito il testo distribuito:

"Mai più reticolati nel mondo" si può leggere su diversi monumenti eretti per ricordare l'immane carneficina della Seconda Guerra mondiale.

Eppure, non solo i reticolati non sono scomparsi dal mondo, ma sono sempre più vicini a noi. Quello che sta succedendo al Brennero è un'immagine emblematica dell'epoca in cui viviamo: filo spinato sui sentieri, controlli a tappeto sull'autostrada e sui treni, pattuglie di soldati e di milizie. La cosiddetta "Europa unita" per le merci si chiude e si militarizza contro una merce in eccesso: gli esseri umani che fuggono dalle guerre e dalla miseria. Ancora una volta, il totalitarismo si giustifica come "soluzione tecnica" per contenere e rinchiudere i poveri.

Accettare tutto ciò significa diventare disumani.

Oggi blocchiamo un treno OBB perché è su questi treni che avvengono i controlli incrociati della polizia italiana, austriaca e tedesca; è su questi treni che chi ha la pelle scura non può più salire; è con questi treni che tanti profughi vengono ricacciati in Italia.

Chiudono le frontiere? Blocchiamo tutto!

Niccolò e Claudio liberi!

Dopo Mattia, libero da alcuni giorni, anche a Claudio e Niccolò sono stati revocati da alcune ore gli arresti domiciliari e sono liberi senza altre restrizioni.

Resta ancora ai domiciliari Chiara che si trova in una situazione un po’ diversa dai suoi tre compagni. Alcuni mesi fa è infatti stata colpita dalla misura della Sorveglianza Speciale con obbligo di dimora, che è ancora in stand-by e diventerebbe attiva solo qualora Chiara uscisse dagli arresti domiciliari. Contro questa misura di prevenzione è stato fatto ricorso e si è da poco svolta l’udienza d’appello che nei prossimi giorni stabilirà se revocare, modificare o confermare la “sua” Sorveglianza Speciale.

Si attendono poi novità anche per Lucio, Francesco e Graziano che hanno da pochi giorni chiesto di essere scarcerati.

macerie @ Febbraio 18, 2016