Autore: Kavarna
Kavarna?
A nessuno deleghiamo la nostra autodifesa.
kavernicole e kavernicoli
Frangenti n.29
Nella notte fra il 31 maggio ed il 1 giugno, sulle colline di Marsanne (dipartimento della Drôme, Francia), due pale eoliche vengono date alle fiamme da alcuni refrattari all’ordine presente: questo era solo l’ultimo di una serie di attacchi all’energia avvenuti nell’arco di poche settimane, provocando ingenti danni.
Perché colpire l’eolico e non, ad esempio, il vituperato nucleare? Perché fare un attacco alla cosiddetta sostenibilità, tanto cara a verdi, democratici e ambientalisti?
Questa azione esprime un rigetto radicale del sistema energetico in toto, andando a colpire uno dei nodi fondamentali per il progresso: le cosiddette energie rinnovabili. Al fabbisogno energetico della megamacchina, cioè produzione, leggi e rapporti di potere che la sostengono, si produce una razionalizzazione che è fondamento dell'evolversi di questo esistente. L’insostenibilità delle vecchie forme di produzione di energia non sono solo una minaccia ad ogni forma di vita, ma anche all’aumento di produttività energetica fondamentale al sistema di dominio per sopravvivere. Perché un ambiente inquinato, sottoposto ad un continuo sfruttamento, finirà per risultare sempre meno proficuo e nel tempo richiederà un numero maggiore di mezzi per diversamente configurare ciò che ha lo stesso fine.
Per questo è necessario rivolgersi ad altre fonti, che hanno inoltre la potenzialità di essere sviluppate in modo decentrato e diffuso, così che ogni nodo della rete energetica risulti più indipendente.
Perché possa esistere il nucleare o le miniere di carbone è necessario uno sviluppo di queste nuove forme di energia che andranno ad alimentare le sempre più sofisticate macchine necessarie all’ottimizzazione delle centrali.
Il mito della sostenibilità è un grazioso prato verde che ricopre una discarica di scorie radioattive. Necessario così che la passeggiata serale del bravo cittadino non venga disturbata dalla vista della merda prodotta dal mondo in cui sopravvive. Se si vuole scavare fino in fondo per eliminare tutto ciò che c’è di nocivo in questo mondo, è anche necessario calpestare e deturpare quell’odioso prato verde e regolare che piace molto ai sostenitori di una normalità regolamentata, dei gendarmi della decrescita felice, dalla sostenibilità solo apparente.
Per leggerlo sul web:
Per stamparlo e diffonderlo:
Sentenziare non è dimenticare
È come se l'umanità si fosse divisa fra quelli che credono nell'onnipotenza umana - ritenendo che tutto sia possibile purché si sappia a tale scopo come organizzare le masse - e quelli per cui l'impotenza è diventata la maggior esperienza della loro vita.
Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo
Macchina da guerra
Il 25 settembre, la macchina dello Stato e i suoi putridi meccanismi, in questo caso la Corte di Cassazione, hanno tentato di posare una pietra tombale alla prima tranche giudiziaria riguardante la rivolta di Cremona del 24 gennaio 2015.
In quel gioioso e rabbioso pomeriggio del 24 gennaio, secondo i marci togati, il senso e l’incolumità di tutti i cremonesi sono stati messi in pericolo; tradotto nel codice penale articolo 419, devastazione e saccheggio, 3 anni e 8 mesi di reclusione e risarcimento al Comune di Cremona di 200.000 euro per tre imputati, più la conferma di 2 anni per un altro imputato per resistenza aggravata.
Si sono messe in pericolo l'indifferenza e l'insignificanza generalizzata?
Il dominio si difende da chi lo attacca senza mediazioni e questo non può entrare nella formula del vittimismo da vendere per consenso, ma deve essere una questione ben cosciente per chi si ribella.
Società imperante e servi ridenti
In una società e in un periodo nel quale aggressioni fasciste e razziste dilagano indisturbate e usate come forza d'urto dal potere per alleggerire l'oppressione latente sugli individui, lo Stato e lo sceriffo cremonese alias sindaco Gianluca Galimberti esultano per la sentenza. Essi si vendicano contro alcuni che non rimasero impotenti alla vista della testa rotta di Emilio.
Reprimere alcuni, come monito per le possibili rivolte a venire.
Fascisti, Stato e democratici tutti contenti. Ieri come oggi, chi ha aspirazioni di potere viaggia in linea sui suoni da rutti della repressione.
Pensieri solidali
La giornata di Cremona, come quelle splendide di Genova del 2001 (dove fu ucciso Carlo e il suo ricordo rimane vive in tutti i cuori sediziosi), entra, purtroppo, nella storia come atto punito dal reato di devastazione e saccheggio. Il nostro pensiero, quindi, va a chi dovrà affrontare il secondo grado del processo per il 15 ottobre del 2011 a Roma, agli imputati della seconda tranche per i fatti del 24 gennaio e ai 147 accusati, di cui alcuni accusati per devastazione e saccheggio, per i fatti del Brennero del maggio di due anni fa.
Altri pensieri ribelli e stretta vicinanza anche con gli imputati dell'Operazione Panico e dell'Operazione Scripta Manent, e con chi affronta a testa alta la repressione dello Stato.
Infine, vicini, anche a chi, pur commettendo degli errori iniziali dettati soprattutto dalla tortura della repressione ma non solo, ha avuto la forza di riconoscerli e portare avanti un discorso di solidarietà per dare e ridare dignità a chi si ribella all'esistente.
Distanze
Il 24 gennaio è stato un attacco a questo mondo marcio. All'impotenza della sopravvivenza, stando zitti o sfogandosi su facebook, alcuni hanno deciso di rendere palese il detto antifascismo è anticapitalismo.
Lontani da chi si è dissociato da quella giornata e da chi ha infamato chi si è ribellato, vendendo una persona alla polizia come l'ormai noto Aioub Babassi, pensiamo che la miglior difesa sia l'attacco a ciò che ci devasta lentamente e ci saccheggia ogni giorno.
Una musica altra
Che le schegge di rabbia e di rivolta intraviste in quel 24 gennaio si reinventino, germoglino e sboccino abitualmente contro chi, ogni giorno, devasta e saccheggia le vite e il presente.
Lontani da dissociati, infami e spie! Lunga vita ai ribelli, ovunque voi siate!
Una musica altra, per far la festa al potere e rincominciare a vivere...
anarchiche e anarchici
La Diciotti e il popolo degli arancini
Qualche settimana fa rimbalzavano su giornali, blog e siti di movimento immagini e notizie che parlavano di grandi manifestazioni con disordini e tafferugli al porto di Catania, quasi che la città si fosse risvegliata in un moto di ribellione contro questo governo fasciopopulista e xenofobo in solidarietà ai migranti sequestrati sulla nave Diciotti. Come ha scritto anche qualche anarchico locale “questa é la Catania che voglio” ma, si sa, non é tutto oro quello che luccica e la merda ben confezionata puo sembrare cioccolata di prima qualità…Dunque, Catania, che si sbandierava in quei giorni (arancino alla mano e megafono in pugno) come città simbolo di accoglienza per storia e tradizione, ha votato un sindaco fascista, tale Salvo Pogliese, e il clima che si respira nei quartieri non parla proprio di solidarietà con i migranti ma piuttosto sembra riecheggiare i tristi e noti slogan salviniani. Gli stessi lavoratori portuali e i pescatori erano contrari se non ostili alle iniziative dei manifestanti.
> La vera Catania, quella Catania che quotidianamente nell’illegalità trova il modo per arrivare a fine giornata, la vera Catania non riesce proprio ad identificarsi nei giovani figli della sinistra bene, che senza problemi si tuffano nella merda dell’acqua del porto, per “salvare” i migranti. Perchè i giovani Catanesi nella merda ci vivono e probabilmente vorrebbero uscirne.
> Catania in quelle notti doveva bruciare!
> Catanesi tutti, bianchi, neri, gialli, migranti, clandestini, puttane, spacciatori, parcheggiatori, compagne e compagni, ribelli, tutti noi insieme avremmo dovuto illuminare quelle notti con 10, 100, 1000 fuochi di rivolta.
> Hanno detto che sono stati gli scontri a far scendere i migranti dalla nave…NO!
> Non sono state le strattonate a liberare i migranti, ma un mero calcolo politico in parte appoggiato dalla chiesa di Roma.
> Quella stessa chiesa che tra i continui scandali di pedofilia e la palese omofobia di Papa Francesco, ha usato la vicenda della Diciotti come un’operazione mediatica per far dimenticare le proprie miserie.
> Qualcuno addirittura ha scritto che dal porto di Catania “parte l’opposizione” a questo governo, la rinascita della sinistra!
> La stessa sinistra che per decenni ha dato il via libera allo sfruttamento selvaggio dei lavoratori, incentivato la repressione, creato prigioni per rinchiudere i migranti, rei solo di aver attraversato una linea immaginaria chiamata confine e stipulato gli accordi con i Libici per la costruzione di lager utilizzati per bloccare gli sbarchi di disperati nelle nostre coste.
> Ma vediamo le anime belle che hanno dato vita alle proteste di quei giorni, le solite facce che si riciclano da qualche decennio in giro per la Sicilia, attivisti di facciata, politicanti, pompieri sempre pronti ad additare alla repressione i compagni che lottano concretamente contro la piovra dello Stato e i suoi tentacoli…
> Tra pacifisti, suore, ambientalisti, sindacati, radical chic, petalosi,autonomi e collettivi vari… si vede perfino spuntare uno striscione con su una A cerchiata proprio a fianco di un gruppetto sventolante il vessillo di “potere al pollo”.
> E ci rode il culo perchè non si trattava dei loschi figuri della fas (federazione anarchica siciliana) che come al solito razzolavano a braccetto con la sinistra riformista e istituzionale.
> Come anarchici questa vicenda che parla di razzismo, frontiere, esclusione e privazione della libertà ci riguarda in prima persona. Ma le carnevalate di piazza, i coretti “siamo tutti antifascisti” e le incursioni pacifiste col salvagente francamente fanno rivoltare lo stomaco, per non parlare dei finti scontri urla-spintoni-articolo sul giornale. Non più il tempo di discutere con chi ci ha sempre traditi e continua ad emarginare la vera ed unica alternativa, la lotta.
> Solo nella lotta, negli scontri veri, nella solidarietà concreta e nell’azione diretta compagn* ribelli, migranti e tutt* gli sfruttat* che oggi manipolati e confusi si fanno guerra tra loro, potranno diventare complici e scagliare la propria rabbia contro il potere.
> Non ci ha insegnato niente la Val di Susa? O, restando nell’isola, il no Muos?
> E’ la solita storia trita e ritrita ma questi minestroni di movimento non fanno altro che abbassare il livello dello scontro ad una rappresentazione, e ridurre le prospettive della lotta a un qualcosa di annacquato che sia accettabile ad un maggior numero di persone possibile.
> E non bisogna per forza essere in migliaia per portare avanti azioni incisive, anche pochi individui con determinazione e ingegno possono fare la differenza, non certo i soldatini pronti sull’attenti alla chiamata dell’emergenza di turno. Non possiamo piu aspettare, non possiamo piu tergiversare sull’orlo del baratro. Il nemico non è solo quel fantoccio di Salvini. Il nemico è ovunque, è sempre presente, infesta in molte forme la nostra esistenza, veramente non c’è che l’imbarazzo della scelta! Come tra l’altro recitava il titolo di un opuscolo pubblicato qualche anno fa…i tempi non sono cambiati, anzi nubi sempre piu nere si addensano all’orizzonte, non è ora di giocare al ribasso ma di alzare il tiro!!!
> Facciamo in modo che i cieli tornino a bruciare…
Manifesto comparso su alcuni muri di Catania e dintorni...