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A proposito di Kavarna

...la passione per la libertà è più forte d'ogni autorità...

È sempre lì, è sempre acceso, non importa dove siamo o cosa facciamo. Ci informa su tutto e su tutti: cosa fanno i nostri amici, quando parte la prossima metropolitana o come sarà il tempo domani. Si preoccupa di noi, ci sveglia al mattino, ci ricorda appuntamenti importanti e ci ascolta  s e m p r e. Sa tutto di noi, quando andiamo a dormire, dove siamo e quando ci fermiamo, con chi comunichiamo, chi sono i nostri migliori amici, che musica ascoltiamo e quali sono i nostri hobby. E tutto ciò di cui ha bisogno, è solo un po' di elettricità di tanto in tanto. Quando gironzolo per il quartiere o prendo la metropolitana, osservo quasi tutti e nessuno riesce a trattenersi per più di qualche secondo senza mettere la mano in tasca con uno scatto improvviso: velocemente il telefono esce fuori, si invia un messaggio, si controlla una email, si seleziona e si riordina una foto, una breve pausa, e si ricomincia, passando velocemente delle notizie del giorno a quel che faranno oggi gli amici...? È il nostro compagno quando siamo in bagno, al lavoro o a scuola, e apparentemente ci aiuta a superare la noia mentre aspettiamo o lavoriamo, e così via. Sarà questa una delle ragioni del successo di tutti gli apparecchi tecnologici che ci circondano, che la vita reale è talmente noiosa e monotona che uno schermo di pochi centimetri quadrati è quasi sempre più emozionante del mondo e delle persone che ci circondano? È come una dipendenza (perlomeno ci sono persone che presentano chiari sintomi d'astinenza...) o addirittura fa talmente parte del nostro corpo da non riuscire più ad orientarci, perennemente con la sensazione che ci manchi qualcosa; è perfino diventato, più che un aiuto o un giochino, addirittura una parte di noi che esercita un certo controllo su di noi, a cui ci adattiamo, visto e considerato che non usciamo di casa se non dopo aver caricato completamente la batteria? Lo smartphone come prima tappa verso l’offuscamento del confine tra l'essere umano e il robot? Vedendo quel che i vari tecnocrati profetizzano (Occhiali Google, chip impiantati, ecc.), sembra che siamo quasi a un passo dal diventare dei cyborg, persone con gli smartphone impiantati che controlliamo attraverso i nostri pensieri (finché i nostri pensieri a un certo punto non si auto-controlleranno). Non è sorprendente che i portavoce del dominio, i media, ci mostrino solo gli aspetti positivi di questa involuzione, ma è scioccante che praticamente nessuno metta in discussione questa visione delle cose, nemmeno per principio. È probabilmente il sogno più eccitante di qualsiasi potente: essere in grado di monitorare costantemente i pensieri e le azioni di tutti e di intervenire immediatamente al minimo intoppo. Autorizzare i bravi lavoratori a svagarsi un po’ (virtualmente) come ricompensa, mentre pochi si riempiono le tasche. Allo stesso modo il controllo e il monitoraggio hanno raggiunto un livello inaspettato, con l'enorme quantità di dati così facilmente accessibili da tutti in qualsiasi momento della giornata. Questo va ormai ben oltre la semplice intercettazione dei telefoni cellulari o l’analisi dei messaggi (come durante le sommosse di Londra del 2011). Col loro accesso ad una quantità incredibile di informazioni, i servizi segreti sono in grado di definire cosa sia «normale». Possono dirci quali luoghi siano «normali», quali contatti siano «normali», eccetera. In breve, possono rilevare quasi in tempo reale se e quando le persone deviano dal loro «normale» modo di agire e intervenire immediatamente. Questo dà ad alcuni un potere enorme, che sarà utilizzato ogni qualvolta ci sia l'opportunità di sfruttare tale potere (di monitorare le persone). La tecnologia è parte del potere, ne deriva e ne ha bisogno. Necessita di un mondo in cui alcuni abbiano il potere estremo di produrre e attivare cose come lo smartphone. Qualsiasi tecnologia che scaturisca dall'odierno mondo oppressivo ne fa parte e consoliderà l’oppressione. Niente è neutro nel mondo attuale, tutto ciò che è o è stato sviluppato finora serve sia per estendere il controllo che per fare soldi. Inoltre, molte innovazioni degli ultimi decenni (come il GPS, l'energia nucleare o Internet) provengono direttamente dall'esercito. Per lo più, questi due aspetti vanno di pari passo, ma il «benessere dell'umanità» non è certamente un motivo per sviluppare qualsiasi cosa, e soprattutto non quando viene prodotto dall'esercito. È possibile che, su esempio dell'architettura, si possa illustrare meglio qualcosa di tanto complesso come la tecnologia: se consideriamo una prigione vuota e dismessa, cosa bisognerebbe farne, se non abbatterla? Già solo la sua architettura, i suoi muri, le sue torri di guardia e le sue celle contengono lo scopo di quell’edificio: imprigionare le persone e distruggerle psicologicamente. Viverci per me sarebbe impossibile, semplicemente perché l'edificio stesso porta già in sé l'oppressione. Lo stesso vale per tutte le tecnologie, che ci vengono presentate come un progresso e come qualcosa che ci facilita la vita. Esse sono state sviluppate con l'intento di arricchirsi e di controllarci e porteranno sempre questo con sé. Al di là dei presunti vantaggi che possono derivare dal tuo smartphone, chi si arricchisce raccogliendo i tuoi dati e sorvegliandoti ne trarrà sempre più vantaggi di te. Se in passato si affermava «Sapere è potere», oggi si dovrebbe dire piuttosto: «Le informazioni sono potere». Più i governanti conoscono le loro pecore, meglio possono dominarle — In questo senso, la tecnologia nel suo complesso è un potente strumento di controllo per prevedere e di fatto impedire che le persone si ritrovino e attacchino ciò che le opprime. Dopo tutto, questi smartphone sembrano esigere qualcosa di più di un po’ di corrente… Nella nostra generazione, fra coloro che almeno hanno conosciuto il mondo senza smartphone, può darsi ci sia ancora qualcuno che comprende di cosa sto parlando, che sa ancora cosa significhi avere una conversazione senza guardare il proprio cellulare ogni trenta secondi, perdersi mentre cammina e quindi scoprire nuovi luoghi o parlare di qualcosa senza ricevere immediatamente una risposta da Google. Non si tratta per me di tornare al passato, anche se ciò non sarebbe comunque possibile, ma più la tecnologia penetrerà nella nostra vita, più difficile sarà distruggerla. E se fossimo una delle ultime generazioni ancora in grado di fermare questa progressiva trasformazione dell'essere umano in robot totalmente controllati? E se a un certo punto non potessimo più invertire la tendenza? L’umanità ha raggiunto uno stadio storicamente nuovo con la tecnologia. Uno stadio in cui è in grado di annientare per sempre la vita umana (con l’energia atomica) o di modificarla (con la manipolazione genetica). Questo fatto sottolinea ancora una volta la necessità di agire oggi per distruggere questa società. Per fare questo, dobbiamo incontrarci con altri complici e comunicare le nostre idee. Tuttavia, dovrebbe essere chiaro che a lungo termine avrà un effetto se comunichiamo attraverso messaggi di cinque frasi al massimo invece di parlare tra di noi. Una cosa che in apparenza non conta. Prima di tutto, il nostro modo di pensare influenza il nostro modo di parlare, ma è altrettanto vero il contrario: il nostro modo di parlare e di comunicare influenza il nostro modo di pensare. Se siamo solo capaci di scambiarci messaggi più che mai brevi e concisi, come potremo parlare di un mondo completamente diverso? E se non possiamo nemmeno parlare di un mondo altro, come potremo arrivarci? La comunicazione diretta tra individui autonomi è la base di qualsiasi ribellione comune, è il punto di partenza di sogni e lotte comuni. Senza una comunicazione inalterata, è impossibile lottare contro questo mondo e per la libertà! Quindi, sbarazziamoci degli smartphone e incontriamoci direttamente nell'insurrezione contro questo mondo! Diventiamo incontrollabili!  

P.S.: Dovrebbe essere ovvio che i nostri telefoni cellulari e gli smartphone sono già utilizzati per sorvegliarci. Quindi, se deciderete di passare all’azione, lasciateli a casa e non parlate quando li avete con voi!  

Traduzione di Finimondo da Fernweh n. 24, febbraio 2017

Cosa potranno avere in comune l’intelligenza e la sensibilità di Albert Camus con la mostruosità dell’abominevole esortatore di masse Joseph Goebbels? Uno ha paragonato il rivoluzionario a Sisifo e l’altro ha creato un sistema di propaganda all’epoca del nazismo che ancora oggi miete carneficine nella colonizzazione democratica delle menti. L’esistenzialista anarchico e il gelido mostro ministro della propaganda nazista non possono essere accomunati, ma sono due pensatori che vale la pena approfondire: il primo per darsi gioiosamente all’assurdo, il secondo per capire e colpire il sistema totalitario che ha prodotto.

Questo continuo parlare di leggi come quella sulla riforma del voto, il Rosatellum, o quella che riguarda la cittadinanza chiamata Ius Soli, per non parlare della legge sulla legalizzazione delle sostanze cosiddette leggere, hanno due obiettivi: attivare i cittadini alla contagiosa efficacia dell’oppressione democratica e tentare di spegnere la possibile rabbia degli individui. I media si dimenano con ferocia per far partecipare i sudditi alla politica. Inondano il quotidiano con il continuo bombardamento di notizie sulle leggi che cambieranno solo in pochissima parte quella questione di vita che non si può trasformare a colpi di decreto: il mondo. E qui che tornano in mente trame di pensieri riferiti a Camus. Davvero vogliamo tutti morire di peste democratica? Davvero vogliamo contagiarci con la malattia della partecipazione da bravi servi alle decisioni del potere? Davvero vogliamo trovare dei vaccini a portata di siringa, con laccio emostatico alla vena creativa che anestetizza la selva oscura del proprio io?

Quando Goebbels eccitava Hitler e il popolo tedesco dicendo: «Noi non parliamo per dire qualcosa, ma per ottenere un certo effetto», non sentite una sinistra similitudine con la formazione dell’opinione pubblica da parte dei media ai giorni nostri? La psico-polizia di orwelliana memoria è sempre all’inseguimento di nuovi adepti. La democrazia è il dominio dove alcuni hanno il monopolio della violenza, grazie alle divise in giro per le strade e ai cittadini che fanno gli sbirri senza divisa, governando sul resto dei sudditi e imponendo qualsiasi decisioni, condite dal megafono incessante prodotto dai mass-media. Qualcuno diceva di essere informato ma di non sapere un granché...

La farsa della partecipazione serve solo a consolidare lo sfruttamento, dove ormai l’idiozia è al potere. Essa, però, non esisterebbe se la servitù più becera non continuasse a reggere incessantemente i tentacoli dell’obbedienza. E allora dovremmo chiederci: a quando il sasso di Sisifo verrà lanciato contro chi ci opprime per distruggere il mito democratico ed inoltrarsi nell’assurdo dell’utopia?

Parlateci di desideri, non di diritti.

Pest Ifera

(Tratto da Frangenti n. 11, 27 ottobre 2017)

Pochi minuti fa nel Tribunale di Torino si è svolta la prima udienza per l’occupazione di c.so Giulio 45. Dietro a uno schermo era presente anche SILVIA, in videoconferenza, che ha comunicato l’inizio per lei e ANNA, detenute a l’Aquila, di uno SCIOPERO DELLA FAME. Questa lotta ha l’obiettivo di contrastare le condizioni a cui sono sottoposte equiparabili al 41 bis e la chiusura della sezione in cui sono detenute. Hanno bisogno di TUTTA LA NOSTRA FORZA. Il presidio davanti al Tribunale intanto continua.

Qui di seguito il testo del comunicato letto in aula:

“Ci troviamo da quasi due mesi rinchiuse nella sezione AS2 femminile de L’Aquila, ormai sono note, qui e fuori, le condizioni detentive frutto di un regolamento in odore di 41bis ammorbidito. Siamo convinte che nessun miglioramento possa e voglia essere richiesto, non solo per questioni oggettive e strutturali della sezione gialla (ex-41bis): l’intero carcere è destinato quasi esclusivamente al regime 41bis, per cui allargare di un poco le maglie del regolamento di sezione ci pare di cattivo gusto e impraticabile, date le ancor più pesanti condizioni subite a pochi passi da qui, non possiamo non pensare a quante e quanti si battono da anni accumulando rapporti e processi penali. A questo si aggiunge il maldestro tentativo del DAP di far quadrare i conti istituendo una sezione mista anarco-islamica, che si è concretizzato in un ulteriore divieto di incontro nella sezione stessa, con un isolamento che perdura. Esistono condizioni di carcerazione, comune o speciale, ancora peggiori di quelle aquilane. Questo non è un buon motivo per non opporci a ciò che impongono qui. Noi di questo pane non ne mangeremo più: il 29 maggio iniziamo uno sciopero della fame chiedendo il trasferimento da questo carcere e la chiusura di questa sezione infame.”

Silvia e Anna

Seguiranno aggiornamenti…

Fonte: Rete Evasioni

Apprendiamo dell’arresto di tre compagni: Beppe, Natasha e Robert. I media di regime dicono che sono stati arrestati per “attentato per finalità terroristiche o di eversione” per l’invio, nel 2017, di tre pacchi esplosivi ai pm Sparagna e Rinaudo e a Santi Consolo, all’epoca direttore del DAP di Roma.

Nell’attesa di maggiori informazioni, pubblichiamo l’unico indirizzo di cui siamo a conoscenza. Sia Robert che Beppe sono a Opera (Milano):

Robert Firozpoor
Via Camporgnago, 40 20090 Milano

Ieri 22 maggio è stato arrestato il compagno Juan, “uccel di bosco” da un pò di tempo.
Perquisite due abitazioni in provincia di Brescia e due abitazioni di genitori di un compagno e una compagna nell’hinterland bresciano.
Si attende la convalida dell’arresto per una delle persone fermate, accusato di favoreggiamento personale (cp art 378).
La modalità nelle prime due abitazioni è la solita degli ultimi tempi: passamontagna ecc.. Seguiranno aggiornamenti.

Per scrivere a Juan:
Juan Antonio Sorroche Fernandez, c.c. Canton Mombello via Spalto S. Marco 20, 25100 (BS)

Presidio di solidarietà sabato 25 maggio ore 16:30 Carcere di Canton Mombello

Solidarietà e sostegno a tutti i compagni ancora in carcere
Liber* tutt*

Tratto da Round Robin

Nella notte di ieri sera, mercoledì 22 maggio, dopo le ore 23:00 la polizia ha bussato alla porta di Boba, Mitzi e Victor con il pretesto di notificare un avviso orale alla compagna. Una volta dentro però, oltre alle carte per lei hanno sfilato dalle borse anche un mandato di arresto per Boba. 

L’episodio sotto inchiesta risale alle prime iniziative messe in campo dopo l’operazione Scintilla, in particolare al saluto nel pratone delle Vallette avvenuto al termine della manifestazione antifascista contro la commemorazione annuale delle foibe. In quell’occasione aveva preso fuoco la pasticceria del carcere. L’accusa è di incendio (art.423), la cui pena prevista va da tre a sette anni, con l’aggravante (art.425) di aver commesso il fatto su “edifici pubblici […], destinati a uso di abitazione […], su ammassi di materiale combustibile o esplodente”. Inoltre gli viene contestato il reato di accensioni pericolose (art.703) per aver usato, secondo l’accusa, un razzo nautico, che tuttavia prevede un pena pecuniaria o l’arresto fino a massimo un anno.

Durante l’operazione la polizia ha effettuato una perquisizione sequestrando tutti i computer presenti in casa. Per assicurarsi di non avere ficcanaso tra i piedi ha richiesto l’intervento di tre volanti che hanno tenuto lontani i primi amici accorsi sul posto.

In attesa di aggiornamenti per chi volesse scrivergli indirizzate lettere e telegrammi a :

Marco Bolognino – C/o C.c. Lo Russo e Cutugno – via M.A.Aglietta 35 – 10151 Torino 

fonte: autistici.org/macerie