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A proposito di Kavarna

...la passione per la libertà è più forte d'ogni autorità...

-banalità di base-

Se siete lavoratori, disoccupati, nullatenenti, studenti, immigrati, di pelle nera, olivastra o giallognola, sfruttati, oppressi, democratici, comunisti, anarchici, omosessuali, transessuali, pervertiti, erotici, sognatori, contro-sistema, ribelli, rivoltosi, se avete un cane, un gatto, un uccellino, una casa, una panchina dove passate le vostre giornate, se vi vestite alternativi, se avete i dreadlocks, se fumate, se siete pensanti, usate la bicicletta, se passeggiate tranquilli in queste strade, se siete solidali, se vi piace leggere, se vi piace aggregarvi o condividere, se avete un'esistenza effimera che voi ritenete tranquilla, se avete dei problemi come hanno tutti quelli che subiscono questo esistente...
ATTENTI
Nella zona in cui abitate o dove passate le giornate nei parchi, in via Felice Geromini 28, ha aperto una sede Casa Pound, associazione nazi-fascista famosa per le seguenti azioni:
attentati incendiari contro sedi politiche non fasciste bottigliate sulle teste a persone che non pensano in modo fascista
aggressioni a ciò che considerano inferiore aggressioni per odio razziale e sessismo aggressioni a studenti uccisioni di persone di colore (ricordate Firenze?) accoltellamenti a chi non la pensa come loro.
Ribellarsi per non aver paura di questi fascistelli sovvenzionati dal sistema imperante è una necessità!

Amanti della libertà

Di questi tempi politicanti, rappresentanti sindacali della polizia penitenziaria e associazioni caritatevoli fanno a gara per dire la propria sulla situazione delle carceri italiane.
Indulto e amnistia, parole usate anche molto spesso dai detenuti come questioni da affrontare in modo urgente, sono diventate ormai cavalli di battaglia di quegli stessi loschi personaggi che hanno provveduto a riempire negli scorsi anni le medesime galere.
In particolare, nel carcere di Cremona il tanto “atteso” nuovo padiglione è entrato in funzione nel mese scorso.
Il sovraffollamento del carcere non ha subito alcuna modifica, dato che il nuovo padiglione è destinato ai trasferimenti dal carcere milanese di San Vittore, come detto dall'impavida senza vergogna ministra Cancellieri. Non solo. E' notizia di questi giorni che la situazione all'interno di Cà del Ferro è
ancora peggiorata a causa della chiusura della sezione E a causa di “gravi infiltrazioni d'acqua” (parole delle guardie stesse).
Questo è l'ennesimo esempio che il carcere e l'aumento della sua capienza non sono la soluzione, ma parte del problema.
Inoltre, è emerso che nell'ultimo mese cinque immigrati sono stati deportati ed espulsi nell'immediato momento in cui hanno finito di scontare la loro detenzione.
Nel momento in cui il sistema CIE è visibilmente inceppato (principalmente a causa delle rivolte degli immigrati che vi si trovano rinchiusi) è il carcere stesso ad assolvere alla funzione di espellere i cosiddetti clandestini.
La nostra solidarietà e complicità va a tutti i detenuti in ogni tipo di gabbia.
Per esprimerla si terrà un presidio Sabato 4 gennaio dalle ore 9,00 alle ore 12,00 sotto le mura del Carcere di Cremona Ca' Del Ferro, in via Palosca 2.

Compagne e compagni di Crema e Cremona

La repressione non sarebbe altro che la messa in opera,
all'interno di questa pseudo-pace travagliata da una guerra continua, di un rapporto di forza perpetuo.
Lo schema contratto-oppressione, che è quello giuridico,
e lo schema guerra-repressione, o dominazione-repressione,
nel quale l'opposizione pertinente non è quella fra legittimo e illegittimo, come nello schema precedente, ma quella tra lotta e sottomissione.
(Michel Foucault)

Di questi tempi la repressione bussa alla porta e sulla testa di chi vuole ribaltare questo iniquo sistema. Diciamocelo chiaramente, la repressione è sempre stata dietro un angolo non troppo oscuro, ma negli ultimi tempi è un qualcosa che ha prevaricato l'immaginazione di tutti.
Affermiamo ancora più in modo netto: tutto questo si nota perché le risposte a questi molteplici attacchi del potere non sono state propriamente delle risposte, diciamo così, “decise”. Se si è andati a colpire un movimento di lotta reale, il potere per alcuni momenti ha tremato in determinate zone, come in Val Susa.
Qualche incrinatura di sovversione, per usare un termine abusato, nonché giusta perché nel profondo dei nostri cuori, ossia liberata dal freno politico, si è vista in altri ambiti, sempre per i fatti No Tav portando la valle in città. In altri contesti si è lanciato un messaggio chiaro e rischioso al nemico da abbattere: abbiamo un fianco e mezzo scoperto.
Tutto questo ha provocato alcune conseguenze visibili: la diminuzione delle possibilità di liberare degli spazi di autogestione, il controllo tecno-umano predisposto su varie realtà, la difficoltà di linguaggio, di porre un linguaggio altro, che non porti solamente al tema “repressione contro gli anarchici”, ma che punti dritto a moltiplicare ed espandere la problematica “repressione contro gli oppressi, contro tutti gli indesiderabili”.
Tante domande, poche risposte. Siamo arrivati, effettivamente, a questo?
Per non essere frainteso, non sto cercando improbabili ricerche di un qualsiasi quantitativo, ma di capire, aldilà del problema realmente vissuto di portare attacchi per una possibile insurrezione, come un “certo qualitativo” abbia perso, o stia perdendo, perché scoperto, quella vena creativa, passionale e desiderante che ha sempre contraddistinto una pratica, non spettacolare ma esagerata, di libertà.
La repressione verso chi si mette sempre in prima linea per abbattere l'esistente non può diventare un argomento razionale. Se questo durasse all'infinito, il nostro ribellismo si annebbierebbe quasi come contro-potere, ripercorrendo un piattaformismo formale non visto ma vissuto nello specifico.
La divisione fine a se stessa ribelle/potere, riproduce sempre un altro mostro razionale, dove il divenire si guasta nel gradualismo di rappresentanza, senza avere risposte reali, perché questo meccanismo perverso è ciò che non vogliamo e ciò che non siamo. Se il nostro fine è l'estinzione dello sfruttamento e dell'oppressione, attraverso anche l'estinzione della politica dalle nostre esistenze, qual'è il mezzo per ottenere l'unicità di una vita veramente liberata? Stessi fini, stessi mezzi. Semplice? Non proprio...
Questo momento è troppo importante per portate la nostra tensione di liberazione, continuando a sentire, dentro ognuno, questo maledetto male di vivere.
La decadenza la vediamo ma dobbiamo essere capaci di renderla visibile all'altro.
La negazione sta dentro in ogni insorto, ma non possiamo sottovalutare che insieme possiamo trovare questa visione indispensabile anche con altri.
L'ammutinamento fa parte di noi ma mai fermarci all'essere perché il divenire è quello che infuoca gli spiriti, aldilà della ragione per battersi per un qualcosa di totalmente sconosciuto ed ignoto in cui perdersi.

Dovunque ti trovi, scava in profondità.
La sorgente è là sotto.
Non ti preoccupare, se la gente
cupa griderà: “C’è l’inferno, là sotto!”
(Friedrich Nietzsche)

Questo non è un mondo senza senso, perché il senso della merce è il cuore del nemico che combattiamo. La diversità sta nell'essere refrattari a qualsiasi parola d'ordine. Rifiutiamo qualsiasi idioma istituzionale ed è necessario farlo perché abbiamo altri sentieri da percorrere, altre situazioni da vivere.
Allo scarto prometeico fra uomo e macchina, dove tutto è virtuale, opponiamo la possibilità dei desideri che nascono dai battiti del nostro cuore.
Non sappiamo che farcene delle imposizioni, delle guerre, dei rapporti mercificati, del controllo, del divertimento per distogliere lo sguardo, perché percorriamo le possibilità di realizzare le passioni, togliendo di mezzo gli ostacoli che ostruiscono il cammino unico della libertà.
L'enigma del capitalismo e della durata millenaria dello Stato non riesce ad appassionarci quanto la necessità della loro morte; per questo siamo pronti a sopprimere qualunque strumento di sfruttamento che sia una banca, un centro commerciale o l'urbanistica del controllo, individualmente o collettivamente.
Non vogliamo diventare bravi cittadini che rispettano le leggi o sudditi devoti allo strumento del nominare, attraverso il voto, un altro oppressore. Un altro mondo, come un altro momento, è la stessa ripetizione noiosa di quello precedente.
Lottare per un mondo altro, invece, è la continua ricerca di un qualcosa di ignoto tutto da desiderare, da creare, da scoprire.
Dato che conosciamo solo questo sistema, non è possibile immaginare un mondo altro se non in termini negativi, con tanti sonori NO; un mondo senza denaro, senza legge, senza galere, senza autorità, senza tutti gli inutili prodotti mortiferi della civiltà statale-capitalistica.
E' la distruzione ad aprire le inesplorate porte della creazione.
Oltre al dissenso vogliamo condividere l'odio per questa società della Merce e dell'Autorità, comprendiamo l'indignazione per lo sfruttamento e l'oppressione in ogni luogo, ma senza rabbia essa rimane solo fastidio e non comprende l'agire, perché tutto fa intuire che quando questo schifo cadrà, seppellirà tutti.
Se il sistema è moribondo, che senso ha aspettare? Non è meglio sbarazzarsene subito del nemico per uccidere l'esistenza sottomessa e creare la pienezza di una vita realmente vissuta?
Contro la malattia castrante dell'economia e della politica, vogliamo affermare che la rottura con questo esistente è la passione che racchiude tutte le altre.
Il possibile nasce attraverso la pensosità leggera, contro la superficialità deprimente, che porta all'inimmaginabile, adesso.
Ora come non mai, impossibile star fermi.

Anarchiche e anarchici di Cremona