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Segue un comunicato dalla ZAD di Notre Dame del Landes - tradotto da indymedia nantes:

Un compagno ucciso nel Testet

Durante la notte tra sabato e domenica un manifestante, Remi, è stato ucciso negli scontri che hanno avuto luogo durante la manifestazione contro la diga di Sivens nel Testet. Circa 7.000 persone si sono radunate nella ZAD del Testet dopo mesi di attacchi della polizia, la distruzione delle zone umide e degli habitat che si cerca di difendere. Nel tardo pomeriggio e lnella sera inoltrata, decine di persone hanno attaccato la polizia posta a guardia del cantiere. Hanno voluto mostrare la loro rabbia e ritardare la ripresa dei lavori, originariamente prevista per il lunedì. Sono stati respinti con proiettili di gomma, granate assordanti, granate da disaccerchiamento [1] e lacrimogeni. Secondo la testimonianza dei compagni del Testet, il ragazzo ucciso sarebbe crollato a causa dell'esplosione di una granata, quindi prelevato dalle forze di polizia. La Prefettura ha comunicato che attenderà l'autopsia di lunedì prima di esprimersi. Il governo ha già iniziato a condannare i manifestanti, e tenta di dividere il fronte. Ma sanno che, qualunque cosa facciano, questa morte avrà conseguenze esplosive.

Questa morte scioccante non è tuttavia sorprendente in questo contesto. A Notre dame des Landes, nel Testet e ovunque ci opponiamo ai loro piani, abbiamo dovuto affrontare la crescente diffusione di violenza di stato. Se da parte nostra abbiamo compreso che non possiamo accontentarci di restare disciplinati a guardarli distruggere le nostre vite, loro hanno dimostrato di non volerci fare alcuno sconto. Durante i mesi di sgombero di Notre Dame des Landes, molti compagni sono stati gravemente feriti da colpi di flashballs e lanci di granate. Nella sola manifestazione del 22 febbraio 2014 a Nantes, 3 persone colpite alla testa da proiettili di gomma hanno perso un occhio. Per settimane nel Testet, diverse persone sono rimaste ferite, mentre altri tragici incidenti sono stati evitati per un pelo nello sfollamento e sgombero degli oppositori, comprese le capanne costruite sugli alberi. D'altro canto, è proprio perché migliaia di persone si oppongono ai lavori, agli sgomberi, all'occupazione poliziesca delle loro vite, che il progetto dell'aeroporto di Notre dame des Landes è attualmente moribondo, e che la diga di Testet e ciò che le ruota attorno sono ampiamente messi in discussione. E' questo impegno nell'azione che ha dato un potere contagioso a queste lotte e che minaccia ovunque i mercanti di territorio.

Ancor più quotidianamente, la repressione esercitata contro coloro che lottano nelle carceri, nei quartieri e nei centri di detenzione, produce continuamente il proprio numero di morti troppo spesso dimenticati, diverse decine ogni anno. Di fronte a rivolte e insubordinazioni, la democrazia liberale dimostra che per reggere, non ricorre solo ad un attento addomesticamento degli individui e degli spazi vitali, o al dominio economico e sociale, bensì ad un uso determinato del terrore.

Invitiamo quindi ad occupare le strade ei luoghi di potere nella giornata di domani, per segnare la nostra tristezza, per salutare la memoria del compagno ucciso sabato e per esprimere la nostra rabbia contro la violenza di Stato. Non permetteremo che ci uccidano con le loro armi "non letali". Reagiremo con forza, perché ci sono un “prima” e un “dopo” questa morte. Affermiamo più forte che mai la nostra solidarietà con tutti coloro che lottano a Testet e altrove contro i progetti guidati dalla logica del dominio e del profitto, contro la diga di Sivens, ma anche a fianco di tutti coloro che cadono altrove e più silenziosamente sotto i colpi della repressione. Non lasciamoci dividere o paralizzare dalla paura. Noi continueremo a vivere e combattere negli spazi che sognano di distruggere, e a ostacolarli.

Non lasceremo cadere il silenzio, non dimentichiamo!

Gli/Le occupanti della ZAD di Notre Dame des Landes

[1] le granate da disaccerchiamento proiettano biglie di plastica durante la detonazione - quelle definite assordanti dovrebbero teoricamente disperdere per il suono prodotto, che in alcuni casi ha procurato danni permamnenti all'apparato uditivo di manifestati; in realtà, nonostante le regole di ingaggio ne prevedano la detonazione in aria, le granate assordanti sono scagliate sui manifestanti e producono forti esplosioni, fiammate, frammenti di alluminio [ndt].

Manifestazioni in tutta la Francia

Segue un elenco parziale delle inziative indette:

-Presidio questo lunedì davanti alla prefettura d’Albi alle 14h
-Presidio questo lunedì davanti alla prefettura di Nantes alle 18h
-Presidio questo lunedì davanti alla prefettura di Gap alle 10h
-Presidio questo lunedì davanti alla prefettura di Périgueux alle 17h30. -Domenica sera presidio et manifestazione selvaggia a Paris.
-Presidio lunedì alle 16 presidio alla prefettura de Forcalquier
-Presidio lunedì alle 18h a Plaquesto de la Liberté a Brest.
-Marseille: lunedì alle 17h30, a Vieux Port
-Presidio lunedì 2014 alle 18h30 all’hôtel de ville de Poitiers.
-Lunedì alle 18h30 davanti alla prefettura de Redon.
-Presidio lunedì alle 18h davanti alla prefettura alle Rouen.
-Rennes : Presidio alle 18h a La Mairie.
-Lyon 19 h davanti alla prefettura
-St Étienne 18 h alla prefettura
-Presidio davanti alla prefettura, questo lunedì alle 18 heures, a Chambéry
-Manifestazione a Briançon questo mercoledì 29 alle 14h davanti alla prefettura
-A Nîmes: lunedì Presidio alle 18h davanti alla prefettura

Petizione dei detenuti di Spoleto

 

Noi sottoscritti detenuti del carcere di Spoleto con la seguente vogliamo rendere di dominio pubblico tutti gli abusi che siamo costretti a subire, in modo che in internet e in ogni radio dei nostri compagni/e l'opinione pubblica possa venire a conoscenza che qui a Spoleto tutti i detenuti sono trattati peggio degli animali.

 

Vitto detenuti

 

Nel carcere giudiziario non esiste una commissione dei detenuti in violazione dell'art. 90 dell'O.P., così non vengono rispettate le tabelle caloriche senza parlare della scarsa qualità del vitto che ogni volta ci danno solo 20/30 grammi di carne quando invece ci spettano 110 grammi di carne ciascuno. E spesso la carne "puzza" e non sappiamo se è scaduta. Anche di frutta ci spetterebbero 280 grammi ciascuno ma ci danno sempre 3 prugne a testa, così che chi non ha possibilità economiche è costretto ad un digiuno forzato per l'arroganza della direzione.

 

Sopravvitto

 

I prezzi del sopravvitto sono tre volte superiori a quelli in vendita all'esterno violando l'art. 12 dell'O.P. che prevede il controllo della variazione dei prezzi e lo sconto sui prodotti, senza parlare della qualità che è sempre di 3° o 4° categoria e non esistono prodotti dei discount come avviene in altri istituti.

 

Fornitura detenuti

 

In questo istituto non c'è mai stata passata la fornitura per l'igiene della cella e della persona violando l'art. 8 dell'O.P., così vengono penalizzati tutti i detenuti che non hanno possibilità economiche, soprattutto gli extracomunitari e un buon 85% dei detenuti che sono costretti a vivere nell'incuria e nel totale abbandono delle più elementari condizioni igieniche e così viene violato ogni nostro diritto.

 

Aria sanitaria

 

L'aria sanitaria in questo carcere è solo una presa in giro, per ogni male ci danno la solita pasticca che è la tachipirina che è un antipiretico e non c'entra nulla con tutti i mali che un detenuto può avere perché bisognerebbe accertare la causa con una visita medica, e per questo passano giorni e anche settimane e chi reclama la visita medica e dice di voler protestare gli agenti lo istigano ad autolesionarsi violando l'art. 17 O.P. che prevede la costante assistenza medica, così viene violato anche l'art. 32 sulla tutela e diritto alla salute di individuo e collettività come stabilito dalla costituzione italiana.

 

Isolamento e sanzioni disciplinari

 

In questo istituto dopo l'insediamento del nuovo direttore Luca Sardella è stato attuato un consiglio disciplinare che noi definiamo un plotone di esecuzione perché il direttore e il comandante mandano in isolamento anche se abbiamo ragione perché hanno messo in atto un sistema repressivo dove i nostri diritti vengono calpestati, e a chi viene portato in isolamento viene vietato di acquistare ogni genere di alimentari, e il vitto in isolamento è ancora più scarso di quello che passa nelle sezioni.

 

Violazione dell'art. 36 O.P. D.P.R. 230

 

In questo istituto al nostro ingresso non ci vengono consegnati gli opuscoli dei nostri diritti e doveri ma ci è stato imposto di firmare un modulo dove le regole le hanno fatte in direzione, così siamo stati tratti in inganno e chi non si attiene alle loro regole viene portato in isolamento (violazione dell'art. 6 O.P., violazione norma del 30/06/2000 n. 230)

 

Violazione art. 5 O.P.

 

I magistrati di sorveglianza non hanno mai svolto il loro compito di vigilanza sul nostro stato di detenzione come previsto dall'art. 5 O.P. senza parlare poi dei benefici di legge che qui non esistono e sono solo una chimera, perché anche a chi ha tenuto una regolare condotta, ha espiato anni di galera e gli manca un solo anno non viene concesso alcun beneficio, e in questi ultimi tre anni 5 detenuti si sono suicidati rendendo corresponsabili proprio questi magistrati.

 

Passeggio detenuti

 

Il passeggio detenuti è come una strada dissestata con sassi, mattoni e buchi che non ci consentono un regolare svolgimento delle attività sportive o di passeggiare, che noi invece facciamo a nostro rischio e pericolo, con la sabbia che ci penetra nelle narici senza parlare di quando piove che diventa un pantano. In più gli agenti ci dicono che sotto quella sabbia si trovano agenti chimici pericolosissimi e noi chiediamo che sia aperta un'inchiesta per accertare eventuali agenti che danneggerebbero la nostra salute.

 

Violazione art. 42 Corte europea

 

In virtù delle nuove leggi europee che riguardano il trasferimento vicino ai nostri luoghi di residenza per poter coltivare i nostri affetti famigliari e non provocare crisi famigliari a causa del nostro allontanamento a centinaia di chilometri, in questo carcere si viola anche la legge 230/2000 art. 61 c. 2 e la direzione e in primis il comandante Piersigilli ci promettono un trasferimento che poi risulta solo una presa in giro che da anni viene attuata con tutti i detenuti in collaborazione con il D.A.P.

 

Intanto rendiamo pubblico tutto ciò che qui è scritto e ci riserviamo per i giorni a venire di intraprendere forme di sciopero finché non vengano presi seri provvedimenti nei confronti delle direzione di questo istituto, perché prima che detenuti noi siamo esseri umani con una dignità e non permettiamo più di farci calpestare. Invitiamo anche l'Alta Sorveglianza a mobilitarsi.

 

Carcere di Spoleto, 20 settembre 2014

 

In fede i sottoscritti

 

Seguono 77 firme

(quasi tutti i detenuti di due sezioni e mezzo, escluse le sezioni A.S.)

Lettera del detenuto in lotta Maurizio Alfieri

 

Carcere di Spoleto, 23 settembre 2014

Carissimi/e compagni/e,

vi scrivo per farvi sapere che questi bastardi per aver raccolto le firme contro i loro abusi mi hanno dato 15 giorni di isolamento. Stamattina mi sono rifiutato di andare al consiglio disciplinare, poi appena mi hanno comunicato i 15 giorni di isolamento gli ho detto che se hanno le palle di venire a prendermi in cella io li aspetto ...

Ieri hanno preso un ragazzo (Marucci Stefano) e lo hanno massacrato e si trova in isolamento con le costole rotte, il naso rotto, la faccia irriconoscibile e piena di sangue ... sono saliti in 20 e lo hanno massacrato 'sti bastardi infami e luridi.

 

Il comandante Marco Piersigilli aveva promesso di trasferire un detenuto vicino a casa, ma dopo varie promesse hanno pensato solo a riempirlo di psicofarmaci e sabato 13 si è impiccato, è vivo per miracolo perché avevano il defibrillatore, scrivete tutto su internet perché dobbiamo lottare contro Spoleto. Ora a me cercheranno di farmi applicare un altro 14 bis perché è la loro unica salvezza per bloccare le mie lotte, ci vuole un presidio sotto il DAP ... solo voi fuori potete dare voce al mio trasferimento.

 

Stavolta venderò cara la pelle.

Bacioni,

Maurizio

 

Per scrivergli:

Maurizio Alfieri

Via Maiano 10

06049 Spoleto (Perugia)

Parole bandite

 

Il 4 ottobre ad Udine si è svolto il processo (in videoconferenza) contro Maurizio Alfieri e Valerio Crivello, accusati di aver minacciato un delatore e collaboratore della direzione carceraria di Tolmezzo. Maurizio è stato condannato a 2 mesi e mezzo, Valerio a un risarcimento.

Maurizio ci tiene a far sapere che durante la videoconferenza non è mai stato inquadrato il pubblico e che non gli è stato possibile leggere la sua dichiarazione, che pubblichiamo ora. Maurizio indossava la maglietta su Stefano "Cabana" Frapporti e il foulard no tav... 

 

Sig.re presidente e sig.ri della Corte,

oggi ho deciso di dirvi una volta per tutte quello che penso riguardo a questo processo, perché ormai è solo un teatrino e non voglio permettere a nessuno di poter pensare di prendermi in giro, e spiegherò perché vi sto dicendo questo

Riguardo la precedente udienza io e Crivello abbiamo assistito a cose vergognose, e mi permetto di parlare anche a nome suo perché so che condividerà ciò che dico.

Ebbene il processo doveva essere rinviato, dato che avevate ricevuto comunicazione da parte dei nostri legali che non sarebbero stati presenti, invece lei sig.re presidente ha proseguito il processo. Il Pubblico Ministero addirittura ha chiesto al Crisci Mario se dopo le minacce di morte ha avuto paura per la sua famiglia e soprattutto per i suoi figli! Questo dimostra che siete prevenuti, perché vi ricordo che si tratta di "presunte minacce" dato che voglio esprimermi giuridicamente come dovreste farlo voi, e il Pubblico Ministero si è dimenticato che il Crisci Mario ha fatto arrestare dei camorristi del clan dei Casalesi, e la paura deve averla da quelli che ha fatto arrestare... ma questo il P.M. non lo ha detto.

Lei ha detto, sig.re presidente, che questo processo serve ad accertare la verità. Io non capisco di quale verità lei sta parlando, forse è meglio parlare di accanimento verso me e Crivello per aver scoperchiato tutti i pestaggi e le torture che avvenivano a Tolmezzo, e dopo la delusione del procuratore Bonocore per la montatura fallita e gli arresti di persone innocenti che il tribunale del riesame ha scarcerato, questo processo come quello che mi hanno già fissato per il 17 aprile del 2015 e altri che non tarderanno ad arrivare, sono passati tutti dalle mani del procuratore Bonocore, così come tutte le denunce dei detenuti che hanno subito pestaggi e che venivano archiviate. Adesso si cerca una vendetta nei nostri confronti, perché i giornali hanno pubblicato tutte le manifestazioni organizzate dai nostri fratelli e sorelle che denunciavano pestaggi e torture con testimonianze, e voi non avete mai e dico mai processato un solo aguzzino in 25 anni che esiste quel lager a Tolmezzo.

Se voi pensate di reprimere chi come me si ribella a questi crimini processandomi, e se volete anche condannarmi, fatelo, ma vi voglio ricordare una volta per tutte che non ho paura di voi, non lo dico per spavalderia, ma con la convinzione di un uomo pieno di dignità, di orgoglio, di principi, consapevole che i miei ideali e la mia coscienza non verranno mai seppelliti dalle vostre sentenze e da quattro mura, perché al mio fianco ci sono Stefano Frapporti, Aldo Bianzino, Marcello Lonzi, Stefano Cucchi e tutti i fratelli e sorelle che le vostre sentenze hanno ucciso per la seconda volta, complice uno Stato canaglia e criminale con giudici compiacenti e complici.

Volete condannarmi? Fatelo pure, io non ho paura, la mia coscienza mi fa dormire sonni tranquilli, ricordatevelo.

Questo è quanto dovevo dirvi e non dimenticate che sono orgoglioso di essere anarchico e no tav e che i vostri processi sono già stati fatti e il vostro teatrino con me non passa.

 

Carcere di Spoleto, 4 ottobre 2014

Maurizio Alfieri

 

Oggi, 16 ottobre 2014, a Rovereto, si è svolto il processo di primo grado ad un compagno, autore di un articolo apparso nel maggio del 2012 sul n.15 del giornale anarchico “Invece”. L'articolo riguarda un libro scritto da Pierpaolo Sinconi, capitano dei carabinieri. Egli ha partecipato alle missioni di guerra in Bosnia Erzegovina, Kosovo ed Iraq. Ha insegnato presso centri di formazione per il peacekeeping in Africa, America, Asia ed Europa. Fa parte del gruppo di esperti in peacekeeping e peacebuilding dei paesi del “G8”. E dal 2006 insegna Diritto Internazionale e Diritto Internazionale Umanitario presso il Centro di Eccellenza per le Stability Police Units di Vicenza.
Il reato contestato è “istigazione alla violenza”.
Nonostante l'articolo fosse firmato, i Ros di Roma e Trento hanno svolto indagini per individuare chi fosse l'autore, da lì le perquisizioni nel settembre 2013.
Al processo l'accusa ha portato come testimoni il capo dell'Anticrimine dei Ros di Trento, un ufficiale dei Ros di Roma e il capitano Sinconi.
Le loro argomentazioni riguardo l'istigazione erano fondate sulla ideologia del compagno autore dello scritto, sul ruolo del giornale “Invece” a livello nazionale ed internazionale, sulla storia degli anarchici in Trentino, le loro pratiche e i vari lavori di documentazione fatti per portare avanti le lotte.
In particolare l'accusa ha insistito molto sul lavoro su Finmeccanica fatto dai compagni, “Una piovra artificiale. Finmeccanica a Rovereto”. Questo opuscolo è stato messo in relazione al ferimento dell'AD Roberto Adinolfi avvenuto a Genova nel 2012, insistendo sulla consequenzialità tra il pensiero e l'azione degli anarchici.
Il PM De Angelis ha chiesto 2 anni e 8 mesi. Il giudice ha condannato il compagno a 1 anno 3 mesi.
Ci saranno aggiornamenti quando verrà fissata la data del processo d'appello

Anarchiche ed anarchici di Rovereto e Trento

Segue la dichiarazione in aula del compagno sotto processo:

NESSUNA PACE PER CHI VIVE DI GUERRA

La guerra! Ti rendi conto di ciò che significa? Conosci parole più terribili di questa? Non ti porta alla mente immagini di massacri e carneficine, di assassinio, di saccheggio e di distruzione? Non ti sembra di udire le scoppio del cannone, le grida lamentose dei morenti e dei feriti? Non ti par di vedere il campo di battaglia punteggiato di cadaveri?
1929
Alexander Berkman

Fin da quando ero bambino ho vissuto con la guerra negli occhi, i carri armati sul confine vicino a casa mia a causa della guerra in Jugoslavia nel 1991, gli aerei che partivano da Aviano per andare in Afghanistan passando sopra la mia testa, la mia famiglia che negli anni '50 dovette andarsene dall'Istria per una guerra voluta dai fascisti e da chi voleva nuovi confini e nuovo Potere.
Crescere vedendo ogni sera in televisione gli orrori perpetrati da uomini e donne che si prestano ad uccidere per conto di altri uomini e donne che non hanno scrupoli a commettere i peggiori delitti per i loro interessi.
Leggere a quattordici anni i testi di Giulio Bedeschi, Mario Rigoni Stern, Primo Levi, parole che avevano cominciato a incrinare la mia visione del mondo. Quando scoppiò la guerra in Afghanistan nel 2001 mi sentii impotente, capii che era necessario fare una svolta per fermare tutta quella violenza.
Alla fine è stata l'idea anarchica a farmi capire che si può fare sempre qualcosa contro la guerra e contro tutte le ingiustizie di questo mondo, e che per fermarle non bastano le buone intenzioni ma servono anche azioni concrete, perché chi vuole la guerra difenderà sempre i suoi interessi con la violenza, la propaganda, l'offuscamento del pensiero libero e “della parola”.
Il 28 ottobre del 2010 fui arrestato a Trento durante un'azione che voleva segnalare la responsabilità di quei carabinieri che erano stati invitati dal prof. Toniatti, insegnante di Giurisprudenza di Trento, e dall'ELSA, a parlare delle cosiddette “Missioni di Pace”. È da tempo che lo Stato italiano definisce le sue missioni di guerra con la parola pace. Ci dicono che ci stanno proteggendo per il nostro bene, quando io vedo milioni di persone in fuga dalle loro bombe e da quegli uomini mercenari finanziati e armati per gli interessi dell'industria bellica e per i loro interessi geopolitici.
Il Capitano dei carabinieri Pierpaolo Sinconi quel giorno mi arrestò incredulo che qualcuno avesse toccato il suo vestito e che io, anche dopo essere stato ammanettato e malmenato, davanti a tutti gli urlassi “assassini”. Così ho deciso di scoprire che mestiere facesse veramente. Lui non è un semplice carabiniere perché non lavora in una caserma qualunque, lavora alla caserma Chinotto di Vicenza nel centro del COESPU. In questo centro vengono insegnate tecniche contro-insurrezionali alle polizie dei paesi in cui la guerra viene perpetrata dagli Stati occidentali. Questo centro, come altri, è stato creato perché lo Stato, qualunque Stato, ha paura che la gente stanca della guerra, delle menzogne e dello sfruttamento si ribelli, e peggio ancora che prenda coscienza del fatto che senza Stato si può vivere liberi.
Il signor Sinconi è responsabile del perpetuarsi della guerra nel mondo; nell'articolo uscito sul giornale anarchico “Invece” nel maggio 2012 ho ribadito questa sua responsabilità, che avrà per sempre, che è lui che bombarda e massacra anche se indirettamente, è lui che tramite i tribunali internazionali dell'ONU trova la giustificazione giuridica alla violenza degli Stati.
Io penso che la lotta fatta da chi vuole liberarsi da tutti i mali del mondo è unicamente una legittima difesa anche se d'attacco, perché di fronte alla guerra, massimo grado di violenza dello Stato dell'industria bellica e di tutti quelli che ci collaborano, non si può restare più indifferenti.
Anche la Provincia di Trento e la sua università, hanno delle gravi responsabilità sulla continuazione della guerra oggi, soprattutto grazie alla collaborazione con lo stato d'Israele massacratore del popolo palestinese.
Queste sono le stesse istituzioni che volevano la base militare a Mattarello contro cui noi anarchici abbiamo lottato, perché siamo contro la guerra e tutto ciò che la fomenta, idee queste che ci sono valse l'accusa di “terrorismo” dalla Procura di Trento tramite l'operazione “Ixodidae”.
Sempre queste istituzioni vogliono il TAV anche in Trentino, che distruggerebbe così la terra, nonostante sappiano che in Val di Susa c'è una ampia parte della popolazione che sta già lottando contro di esso, in uno stato di militarizzazione dei luoghi in cui vivono.
Ribadisco che i terroristi sono gli industriali bellici, quelli che utilizzano le proprie mani ed ingegno nella costruzione degli armamenti e delle nuove tecnologie, coloro che quelle armi le utilizzeranno contro altri uomini e donne per gli interessi di Stato e delle multinazionali, quelli che la guerra la giustificano tramite la filosofia, la religione, la giurisprudenza.
Voglio portare qui la mia vicinanza a quei ragazzi e ragazze israeliani che quest'estate hanno rifiutato di combattere contro il popolo Palestinese, a quelle donne che in Ucraina hanno bloccato le strade per il fronte e hanno bruciato gli uffici dove c'erano le liste di arruolamento dei loro figli, padri e compagni con lo slogan “Né con la Russia né con l'Ucraina, per la Rivoluzione Sociale”, ad Ilya Romanov, anarchico rinchiuso in prigione in Russia per aver cercato di distruggere un ufficio di reclutamento nella città russa di Nižnij Novgorod rimanendone ferito.

Abbasso la guerra!
Viva la lotta per la libertà!

16/10/2014
Rovereto
Luca Dolce detto Stecco

Nei compagni anarchici c’è un rapporto ambivalente con il problema dell’organizzazione.
Ai due estremi si collocano l’accettazione della struttura permanente, dotata di un programma ben delineato, con mezzi a disposizione (anche se pochi) e suddivisa in commissioni; e, dall’altro lato, il rifiuto di ogni rapporto stabile e strutturato anche nel breve periodo.
Le federazioni anarchiche classiche (vecchia e nuova maniera) e gli individualisti, costituiscono i due estremi di qualcosa che cerca comunque di sfuggire alla realtà dello scontro. Il compagno aderente alle strutture organizzate spera che dalla crescita quantitativa venga fuori una modificazione rivoluzionaria della realtà, per cui si concede l’illusione a buon mercato di controllare ogni involuzione autoritaria della struttura e ogni concessione alla logica del partito. Il compagno individualista è geloso del proprio io e teme ogni forma di contaminazione, ogni concessione agli altri, ogni collaborazione attiva, pensando queste cose come cedimenti e compromessi.
Anche i compagni che si pongono criticamente di fronte al problema dell’organizzazione anarchica, e che rifiutano l’eventuale isolamento individualista, spesso approfondiscono il problema solo in termini di organizzazione classica, riuscendo difficilmente a pensare forme alternative di rapporti stabili.

Il gruppo di base è visto come elemento imprescindibile dell’organizzazione specifica e la federazione tra gruppi, sulla base di una chiarificazione ideologica, diventa la sua naturale conseguenza.
L’organizzazione nasce così prima delle lotte e finisce per adeguarsi alla prospettiva di un certo tipo di lotta che – almeno si presuppone – fa crescere l’organizzazione stessa. In questo modo la struttura risulta una forma vicaria nei riguardi delle decisioni repressive prese dal potere, il quale per svariati motivi domina la scena dello scontro di classe. La resistenza e l’autorganizzazione degli sfruttati sono viste come elementi molecolari, che si possono cogliere qua e là, ma che diventano significative solo quando entrano a far parte della struttura specifica o si lasciano condizionare in organismi di massa sotto la guida (più o meno dichiarata) della struttura specifica.
In questo modo, si resta sempre in posizione di attesa. Tutti noi siamo come in libertà provvisoria. Scrutiamo gli atteggiamenti del potere e ci teniamo pronti a reagire (sempre nei limiti dei possibile) davanti alla repressione che ci colpisce. Quasi mai prendiamo l’iniziativa, impostiamo interventi in prima persona, ribaltiamo la logica dei perdenti. Chi si riconosce in organizzazioni strutturate aspetta una improbabile crescita quantitativa. Chi lavora all’interno di strutture di massa (per esempio, nell’ottica anarcosindacalista) aspetta che dai piccoli risultati difensivi di oggi si travalichi nel grande risultato rivoluzionario di domani. Chi nega tutto ciò aspetta lo stesso, non sa bene che cosa, spesso chiuso in un astio contro tutti e contro tutto, sicuro delle proprie idee senza rendersi conto che queste non sono altro che il vuoto risvolto negativo delle altrui affermazioni organizzative e programmatiche.
Ci sembra invece che altre cose si possono fare.

Partiamo dalla considerazione che occorre stabilire dei contatti tra compagni per passare all’azione. Da soli non si è in condizione di agire, salvo a ridursi ad una protesta platonica, cruenta e terribile quanto si vuole, ma sempre platonica. Volendo agire in modo incisivo sulla realtà occorre essere in molti.
Su che base trovare gli altri compagni? Scartando l’ipotesi dei programmi e delle piattaforme a priori, stese una volta per tutte, cosa resta?
Resta l’affinità.
Tra compagni anarchici esistono affinità e divergenze. Non sto parlando qui delle affinità di carattere o personali, cioè di quegli aspetti del sentimento che spesso legano i compagni tra loro (l’amore in primo luogo, l’amicizia, la simpatia, ecc.). Sto parlando di un approfondimento della conoscenza reciproca. Più questo approfondimento cresce, più l’affinità può diventare maggiore, in caso contrario le divergenze possono risultare talmente evidenti da rendere impossibile ogni azione comune. La soluzione resta affidata alla profonda conoscenza comune, da svilupparsi attraverso un dettaglio progettuale dei diversi problemi che la realtà delle lotte di classe pone davanti.
Esiste tutto un ventaglio di problemi che, di regola, non viene spiegato nella sua interezza. Ci limitiamo spesso ai problemi più vicini perché sono quelli che ci toccano di più (repressione, carceri, ecc.).
Ma è proprio nella nostra capacità di approfondire il problema che vogliamo affrontare, che si cela il mezzo più idoneo per fissare le condizioni dell’affinità comune, che non potrà certo essere assoluta o totale (tranne casi rarissimi), ma potrà essere sufficiente per fissare rapporti idonei all’azione.

Restringendo i nostri interventi agli aspetti più evidenti e superficiali di ciò che riteniamo problemi immediati ed essenziali, non avremo mai modo di scoprire le affinità che ci interessano, e vagheremo sempre in balia di improvvise e insospettate contraddizioni capaci di sconvolgere ogni progetto d’intervento nella realtà. Insisto nel sottolineare che non bisogna confondere affinità e sentimento. Ci possono essere compagni, con i quali ci riconosciamo affini, che non ci sono molto simpatici e, viceversa, compagni, con i quali non abbiamo affinità, che riscuotono la nostra simpatia per diversi altri motivi.
Occorre, tra l’altro, non farsi intralciare nella propria azione da falsi problemi, come ad esempio quello della presunta differenziazione tra sentimenti e motivazioni politiche. Da quanto detto prima potrebbe sembrare che i sentimenti siano una cosa da tenere separata dalle analisi politiche, per cui potremo, ad esempio, amare una persona che non condivide affatto le nostre idee e viceversa. Ciò in linea di massima è possibile, per quanto lacerante sia. Però nel concetto di approfondimento del ventaglio dei problemi, concetto espresso sopra, deve essere incluso anche l’aspetto personale (o, se si preferisce, dei sentimenti), in quanto il soggiacere in modo istintivo alle nostre pulsioni è spesso una mancanza di riflessione e di analisi, non potendo ammettere di essere semplicemente posseduti dal dio dell’eccesso e della distruzione.

Da quanto detto emerge, sia pure nebulosamente, una prima approssimazione del nostro modo di considerare il gruppo anarchico: un insieme di compagni legati da comune affinità.
Tanto più approfondito sarà il progetto che questi compagni costruiranno insieme, tanto maggiore sarà la loro affinità. Ne consegue che l’organizzazione reale, la capacità effettiva (e non fittizia) di agire insieme, cioè di trovarsi, studiare un approfondimento analitico e passare all’azione, è in relazione all’affinità raggiunta e non ha nulla a che vedere con le sigle, i programmi, le piattaforme, le bandiere e i partiti camuffati.
Il gruppo di affinità è quindi un’organizzazione specifica che si raccoglie attorno ad affinità comuni. Queste non possono essere identiche per tutti, ma i diversi compagni avranno infinite sfumature di affinità, tanto più varie quanto più ampio sarà lo sforzo di approfondimento analitico che si è raggiunto.
Ne consegue che l’insieme di questi compagni avrà anch’esso una tendenza alla crescita quantitativa, ma limitata e non costituente il solo scopo dell’attività. Lo sviluppo numerico è indispensabile all’azione ed è anche una riprova dell’ampiezza dell’analisi che si sta svolgendo e della sua capacità di scoprire via via affinità con un maggior numero di compagni.
Ne consegue che l’organismo così nato finirà per darsi mezzi comuni d’intervento. Per prima cosa uno strumento di dibattito necessario all’approfondimento analitico, capace, per quanto possibile, di fornire indicazioni su un vastissimo ventaglio di problemi, e, nello stesso tempo, di costituire un punto di riferimento per la verifica – a livello personale o collettivo – delle affinità o delle divergenze che sorgeranno man mano.

Da ultimo c’è da dire che l’elemento che tiene insieme un gruppo di questo tipo è senz’altro l’affinità, ma il suo aspetto propulsivo è l’azione. Limitandosi al primo elemento e lasciando sottodimensionato il secondo aspetto, ogni rapporto si inaridisce nel perfezionismo bizantino.

Alfredo Maria Bonanno