Martedì 21 luglio, a Trento, sono stati perquisiti dalla Digos, su mandato dei PM Ognibene e Profiti, l’appartamento di una compagna e lo spazio anarchico “El Tavan”, nell’ambito di un’indagine sul danneggiamento di alcuni sportelli bancomat e postamat avvenuto in città a metà maggio. Gli anonimi autori dei danneggiamenti avevano inviato al sito roundrobin.info il seguente messaggio:
«Sabato 16 maggio a Trento nove sportelli bancomat ed un postamat sono stati messi fuori uso. Contro le banche, che avranno solo da guadagnare dalla crisi che verrà dopo la pandemia, a scapito delle sfruttate e degli sfruttati. In solidarietà ai compagni ed alle compagne colpite dall’operazione “Ritrovo”. E un saluto complice a chi continua a lottare».
Se al Tavan la polizia politica ha fatto la periodica incetta di caschi e bandiere (più un po’ di sassi e di vernice), nell’altra perquisizione ne ha approfittato per sequestrare computer, telefoni cellulari e parecchia corrispondenza, mentre il pretesto era la ricerca di una originalissima… felpa nera. Le perquisizioni ad anarchici e anarchiche sembrano una delle attività sbirresche preferite di questo mese. Per quanto ci riguarda, le azioni diurne o notturne contro le banche sono un modo assai sensato per dire chi dovrà pagare la “crisi”. Se poi sono anche dei gesti di solidarietà con chi viene colpito dalla repressione, i loro autori o le loro autrici si guadagnano tutta la nostra simpatia.
compagne e compagni
Sull'arresto di Carla
Dopo quasi un anno e mezzo di latitanza, più precisamente dal 7 febbraio 2019 quando venne sgomberato l’asilo occupato e prese il via l’operazione Scintilla, Carla è stata arrestata con un mandato d’arresto europeo domenica 23 LUGLIO a St. Etienne, vicino a Lione. L’operazione è stata portata a termine da unadecina di polizziotti armati di fuciile d’assalto e appartenenti alla BRI (Brigade De Recherche et d’Investigation) e alla DGSI (Direction Générale de la sécurité Intérieure) i quali l’hanno gettata al suolo, ammanettata e caricata in macchina. Con lei erano presentialcune persone che sono state allontanate e poi lasciate andare senza essere identificate. A quanto sembra Carla era seguita e sorvegliata già da alcuni giorni.Dopo una prima notte passata al commissariato della città è stata trasferita lunedi a Parigialla SDAT (Sous Direction Anti Terrorisme) in attesa dell’udienza tenutasi questa mattina difronte all’Avocate Generale de la cour d’appel che ha confermato la sua carcerazione preventiva in attesa del trasferimento in Italia, motivandola anche con il suo rifiuto a dornire informazioni riguardo la sua latitanza.Una seconda udienza si terrà domani mattina, presso la Chambre d’Istructione, durante la quale verrà verificato il consenso di Carla al suo trasferimento in Italia, consenso che lei intende dare per non prolungare la sua permanenza nelle carceri francesi. La consegnaalle autorità italiane dovrà essere effettuata entro dieci giorni dalla data dell’udienza e cui si possono sommare alcuni giorni per motivi legati all’emergenza sanitaria. Il suo rientro è previsto dunque per la metà di agosto. Sappiamo che si trova nel carcere di Fresnes nella sezione nuovi giunti in isolamento sanitario. Sta già usufruendo dei colloqui telefonici.
Alcuni amici e compagni sono riusciti a vederla mentre veniva portata in tribunale e hanno potuto scambiare con lei dei brevi e calorosi saluti.
Sta bene e il morale è alto.
Per scrivergli l’indirizzo è:
Carla Tubeuf encrou n°1010785 MAF de Fresnes Allée des Thuyas 94261 Fresnes Cedex FRANCE
È quello che hanno fatto gli inquirenti che stanno indagando sull’inaspettata fiammata occorsa alla Parsec 3.26 lo scorso 27 aprile, in pieno lockdown, alla periferia di Lecce. E giacché Finimondo ha pubblicato un testo in cui non condannava e non si indignava per quanto avvenuto, anzi tutt’altro, e poiché gli animatori di Finimondo vivono a non troppa distanza dalla sede di quella ditta la cui ragione sociale ed economica è quella di incarnare il Grande Fratello, vuoi vedere che 1+1+…Così oggi, lunedì 27 luglio, siamo stati tirati giù dal letto di primo mattino. No, non era la sveglia, era la Digos. È venuta ad effettuare una perquisizione e a consegnare ad uno di noi un’Informazione di garanzia. Lo sospettano di essere stato lui a lasciare «una pentola contenente benzina e due bombolette da gas di campeggio» nei pressi della ditta tecno-sbirresca salentina. La perquisizione, attenta soprattutto al materiale informatico (quello che consente «di comprendere le effettive finalità dell’atto») e al vestiario (il nero deve essere passato di moda, essendo stranamente attratti dal multicolore), ha avuto esito positivo. No, macché, positivo è troppo poco, noi oseremmo dire positivissimo. Pare infatti abbiano scoperto che nel computer ad uso dell’indagato ci siano tracce del testo di Finimondo che tanto ha attizzato le fantasie della Procura (ma va?). Per di più gli sono state sequestrate due bombolette di gas da campeggio (oh davvero?). Infine — non ci crederete mai! — hanno persino trovato delle pentole nella sua cucina (sul serio?). Non le hanno sequestrate, solo fotografate, a imperitura riprova probatoria. Come abbiamo anticipato, 1+1+…Chissà se tutto ciò basterà al brain-storming della Procura di Lecce, nelle fattezze dei pm Guglielmo Cataldi e Giovanna Cannarile, per passare alle vie di fatto. Coi tempi che corrono, non ci sarebbe di che stupirsi. Solo il prossimo avvenire potrà dircelo. Certo che, ‘nzomma, anche questa Parsec 3.26… con tutti quei mezzi e quella tecnica… almeno una bella immagine nitida del cranio, o degli zigomi, o dello scroto del volenteroso incendiario… tutti i loro algoritmi, per cosa? per far mandare qualche agente della Digos a fotografare due pentole? Cose da pazzi. Mah, ci penseremo domani. Ora c’abbiamo un sonno…
Cile: Francisco Solar e Mónica Caballero arrestati
I compagni anarchici Francisco Solar e Mónica Caballero sono stati arrestati (Cile)
Nelle prime ore di oggi, venerdì 24 luglio 2020, il procuratore e la polizia hanno effettuato diverse perquisizioni e arrestato due compagni, Francisco Solar e Mónica Caballero, accusati di diverse azioni con ordigni esplosivi.
Il compagno Francisco Solar è accusato di essere la persona che nel luglio del 2019 si è recata in un ufficio postale per inviare due pacchi-bomba: uno che è esploso nella stazione di polizia di Huechuraba, causando un grave ferimento, e un’altro che è stato disinnescato dal GOPE [“Grupo de Operaciones Policiales Especiales”, gruppo di operazioni speciali dei carabineros cileni] nell’ufficio di Rodrigo Hinzpeter, ex ministro dell’Interno e attuale direttore del gruppo Quiñenco.
Mentre alla compagna Mónica Caballero viene attribuita, insieme a Francisco Solar, la collocazione di due ordigni esplosivi nei giardini dell’edificio Tánica, a Vitacura, il 27 febbraio 2020. Uno era stato posto in un bidone della spazzatura e l’altro dietro una panchina; entrambi erano stati disinnescati dal GOPE.
Gli arresti sono stati ordinati dall’11° Tribunale di Garanzia di Santiago del Cile, presieduto da Hector Barros, Procuratore della Regione Sud della Metropoli di Santiago. I compagni saranno condotti oggi [24 luglio] davanti al giudice per essere informati di questa nuova offensiva contro gli anarchici. […].
Né colpevoli né innocenti! Libertà immediata per i compagni anarchici imprigionati.
Sul recente arresto degli anarchici Francisco Solar e Mónica Caballero (Cile)
Oggi, venerdì 24 luglio 2020, si è svolta a Santiago del Cile un’operazione di polizia contro i compagni anarchici Mónica Caballero e Francisco Solar, accusati di vari attacchi esplosivi.
L’incursione del GOPE e di altre forze di polizia nei domicili dei compagni, compreso un intervento per dispositivi ritenuti “sospetti” nella casa di Mónica a Santiago Centro, ha avuto luogo durante la mattinata. Nel pomeriggio sono state confermate delle perquisizioni avvenute contro altre persone, ma non ne conosciamo i motivi e/o i legami con gli arresti.
Ricordiamo che questi compagni non sono sconosciuti al potere, né alle diverse realtà della lotta sovversiva autonoma e antiautoritaria. Dieci anni fa, nel 2010, Mónica e Francisco sono stati arrestati, implicati e poi assolti nell’emblematica operazione denominata “Caso Bombas I”, con cui le autorità tentarono a tutti i costi di condannare gli imprigionati, legandoli ai vari attacchi anticapitalisti che si erano verificati (e che continuano a verificarsi) nella capitale e nelle province cilene.
Nel 2012, dopo essere stati assolti, Mónica e Francisco si sono recati in Spagna e l’anno successivo sono stati arrestati, accusati e condannati per un attacco esplosivo avvenuto nella penisola iberica. Dopo quattro anni di prigionia in diverse carceri, nel 2017 sono stati deportati in Cile.
Questa volta le autorità li accusano dell’attacco esplosivo, realizzato tramite la spedizione di un pacco-bomba, contro il 54° commissariato di polizia di Huchuraba, nella zona nord di Santiago, che ha causato il ferimento di otto poliziotti, e dell’attacco agli uffici di Quiñenco, contro l’ex ministro degli interni Rodrigo Hinzpeter, nel comune di Las Condes, realizzato sempre con l’invio di un pacco-bomba che è stato disinnescato. I fatti sono avvenuti il 25 luglio 2019. Queste azioni sono state rivendicate dal gruppo “Cómplices Sediciosos / Fracción por la Venganza” [“Complici Sediziosi / Frazione per la Vendetta”].
L’altro fatto di cui sono accusati è il duplice attacco esplosivo avvenuto all’interno dell’edificio Tánica, ex agenzia immobiliare Transoceánica, nel ricco comune di Vitacura, il 27 febbraio. Questa azione è stata rivendicata dal gruppo “Afinidades Armadas en Revuelta” [“Affinità Armate in Rivolta”].
Ci schieriamo dalla parte opposta rispetto alla società carceraria e ai suoi persecutori, rifiutiamo i pilastri che la sostengono e, coerentemente con le nostre convinzioni, fraternizziamo con coloro che la affrontano; quindi, esprimiamo la nostra totale solidarietà con entrambi i compagni, inviamo loro il nostro sostegno e la nostra forza per l’operazione repressiva che si trovano ad affrontare.
Rimaniamo attenti alle manovre del potere, rafforziamo le nostre reti di solidarietà, sosteniamo i nostri compagni reclusi, affinché non si sentano soli neanche per un istante. È in questi momenti che dobbiamo essere presenti, in un modo o nell’altro.
Fino alla distruzione dell’ultimo baluardo della società carceraria! Libertà per Mónica Caballero e Francisco Solar! Finché esisterà miseria, ci sarà ribellione!
Red Solidaria Antikarcelaria con Juan y Marcelo Venerdì 24 luglio 2020, Santiago del Cile
Perquisizioni 24 e 25 luglio a Roma, Torino e Latina
Venerdì 24, ma poi anche Sabato 25, reparti antiterrorismo della Polizia di Stato, la digos di Roma, Latina e Torino, si preparano all’azione alle prime luci del mattino. Per questa importante operazione sono pronti a tutto: passamontagna e pistole spianate, entrano nelle case di pericolosi sovversivi. Obiettivo? Trovare prove che facciano luce sugli autori di un gravissimo, terrorizzante reato: un lancio di vernice rossa all’ambasciata cilena, datato 30 ottobre 2019. Ma cosa succedeva in Cile in quei giorni?
Il 7 ottobre 2019 era un lunedì: quel giorno alcune centinaia di studenti delle secondarie di Santiago del Chile, scavalcando al grido di ¡Evade! i tornelli delle stazioni della metropolitana contro il rincaro delle tariffe, diedero avvio a una delle più vaste e significative tra le rivolte sociali che in tutto il pianeta stanno segnando questo tempo. In un paese reso sotto la sanguinosa dittatura di Pinochet un laboratorio delle ricette liberiste, che attualmente vede l’1 per cento più ricco della popolazione concentrare oltre un quarto del reddito nazionale mentre ad oltre metà della popolazione resta il 2 per cento della ricchezza, con sanità e istruzione privatizzate, affitti e prezzi liberalizzati e metà dei salari appena sopra il reddito minimo, quella protesta divenne una ribellione. Il lunedì successivo, 14 ottobre 2019, le stazioni della metro di Santiago cominciarono a chiudere per l’intensità degli scontri, nei giorni successivi iniziarono a essere distrutte dai manifestanti e venerdì 18 ottobre l’intero centro di Santiago divenne teatro di barricate e battaglie di strada con la polizia militarizzata dei Carabineros. La sera del 18 il presidente fascioliberista Sebastián Piñera, dopo essere stato sorpreso sorridente e rilassato a una cena in un ristorante di lusso, proclamava lo stato di emergenza per 15 giorni e il dispiegamento dell’esercito nelle strade. Il 19 veniva imposto il coprifuoco nella capitale, esteso rapidamente a tutti maggiori centri urbani del Cile in misura della costante estensione delle proteste e degli scontri. Il 25 ottobre 2019, malgrado la chiusura delle scuole decretata dal 22 e una scia di morti sotto il fuoco dei militari a partire dal 20, oltre un milione di persone scendevano in piazza a Santiago. Il 26 ottobre il bilancio della repressione dall’inizio della rivolta contava 19 morti, circa 2500 feriti dei quali molti resi orbi dalle pallottole di gomma sparate dai reparti antisommossa e 2840 persone arrestate. Il 27 Piñera era costretto a richiedere le dimissioni del governo, cambiato il 28 con la rimozione di 8 ministri, in primo luogo quello dell’Interno, Chadwick. Il tentativo a novembre di sedare la ribellione sociale con l’indizione di un referendum costituzionale per aprile, poi con il COVID rinviato al prossimo autunno, è fallito: al 28 dicembre 2019 le vittime della repressione erano cresciute a 29 e a febbraio di quest’anno, dopo un picco delle proteste a gennaio, erano 36. Mentre le persone che hanno perso un occhio per i colpi sparati dalle forze repressive sono centinaia. Fin dall’ultima settimana di ottobre 2019 si è manifestata una forte solidarietà internazionale con la lotta della popolazione cilena e contro la sua feroce repressione, con cortei, presidi e azioni in tutto il mondo.
Si potrebbe ironizzare sul grottesco agire delle forze dell’ordine e della magistratura italiana che a fronte di quello che succedeva in Cile apre un inchiesta scomodando l’antiterrorismo per l imbrattamento della sede diplomatica del paese sud americano. Ma comprendiamo l’obiettivo di queste perquisizioni: intimidire e allo stesso tempo accumulare materiali per futuri castelli di carta. Come da sempre usano fare.
Non a caso il PM è lo stesso Dall’Olio che ha firmato l’arresto di 7 tra compagne e compagni nell’operazione Białystock, in cui le accuse di associazione con finalità di terrorismo ruotano con insistenza attorno ad iniziative comunicative, relazioni, scritte, pubblicazioni, giornali etc…Tutte cose la cui gravità è chiaramente quella di esprimere idee, considerate pericolose e perseguibili dalla magistratura. In un paese sull’orlo di una crisi che potrebbe mettere seriamente in discussione l’egemonia capitalista sul vivente, non c’è da stupirsi che gli apparati dello stato tentino di emarginare e rimuovere preventivamente tutte quelle realtà che potrebbero essere un catalizzatore di rabbia e desiderio di trasformazione. Per questo motivo non riteniamo sia da sottovalutare o da ridicolizzare questo episodio, proprio perché si inserisce in un tempo in cui operai, braccianti, persone detenute in lotta e realtà militanti vengono attaccati sempre più ferocemente dai guardiani dell’ordine costituito.
Chiunque abbia imbrattato quei muri ha la nostra solidarietà e complicità.
Come tutto il nostro amore va ai ribelli e alle ribelli cilene.
Oggi Piacenza, 22 luglio 2020. Una caserma intera posta sotto sequestro, dodici carabinieri indagati la maggior parte dei quali in stato d’arresto con l’accusa di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali, peculato, abuso d’ufficio. Il capo della Procura cittadina, Grazia Pradella, si dice sconvolta: «Mentre la città di Piacenza contava i tanti morti del coronavirus, questi carabinieri approvvigionavano di droga gli spacciatori rimasti senza stupefacente a causa delle norme anti Covid. Siamo di fronte a reati impressionanti, se si pensa che sono stati commessi da militari dell'Arma dei carabinieri. Si tratta di aspetti molto gravi e incomprensibili agli stessi inquirenti che hanno indagato». Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini rincara lo sfoggio d’indignazione, parlando di «accuse gravissime rispetto a degli episodi inauditi e inqualificabili. Fatti inaccettabili, che rischiano di infangare l'immagine dell'Arma».
Ieri Aulla (Massa Carrara), 22 gennaio 2019. Ventisette carabinieri in servizio in alcune caserme della Lunigiana rinviati a giudizio, oltre centosettanta i capi d’imputazione formulati dopo una lunga indagine durata anni. Minacce, perquisizioni corporali violente, pestaggi, violenze sessuali, il tutto compiuto ai danni di immigrati da parte di carabinieri «fieri di essere fascisti» e che consideravano «un orgoglio menare un marocchino». L’allora capo della Procura di Massa, Aldo Giubilaro, disse che l’ordine di arresto nei loro confronti era stato eseguito «con sincero dispiacere» e ammise che in quella zona l'abuso era «quasi una normalità».
L’altroieri Roma, 6 giugno 1997. Viene arrestato il colonnello dei carabinieri Michele Riccio, già comandante dei Ros e della Dia genovese, assieme a cinque marescialli suoi collaboratori. L’accusa è di «utilizzo di confidenti riconvertiti all’impiego di istigatori/determinatori di reati, o “coperti” nelle loro illecite attività; attività di raffinazione di stupefacenti per scopi di arricchimento personale, o di calunnia dei sospettati, o di malinteso senso del prestigio del reparto; manipolazione sistematica dei corpi di reato per coprire irregolarità amministrative nelle consegne controllate di stupefacente». In pratica, Riccio e la sua squadra avevano trasformato una caserma dei carabinieri di Genova in una raffineria di cocaina con cui pagare confidenti ed «incastrare» sospettati. Riccio era uno degli uomini del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ed il 28 marzo 1980 aveva guidato l’assalto ad un appartamento di via Fracchia a Genova, conclusosi con il massacro di quattro brigatisti. Anche un altro comandante dei Ros ed ex collaboratore di Carlo Alberto dalla Chiesa, il generale Giampaolo Ganzer, verrà condannato il 12 luglio 2010 assieme ad altri tredici carabinieri «per aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati».
Or dunque, non c'è proprio nulla di inaudito nei fatti avvenuti a Piacenza — c'è tutto di fin troppo conosciuto, prontamente rimosso e secondo convenienza dimenticato. È quanto avviene, è avvenuto e può avvenire in tutte le caserme, in Italia come nel resto del mondo (a Minneapolis, a Il Cairo, a Rio de Janeiro, a Hong Kong...). Qui di incomprensibile c'è solo lo stupore di fronte alla più banale delle ovvietà. Prendete dei giovani pieni di testosterone e privi di un solo neurone, addestrateli all'uso della violenza, fate loro indossare un'uniforme garanzia di impunità, insegnate loro il rispetto per il potere e la ricchezza, abituateli ad essere forti con i deboli e deboli con i forti, fateli convivere in modo che si fomentino a vicenda, imbottiteli con la droga del comando... cosa diamine pensate che ne venga fuori? Avrete un esercito di energumeni per cui l'arroganza e il sopruso sono pane quotidiano. Che a fingere di meravigliarsene sia chi dà loro gli ordini, passi. Ma che persino le loro vittime si ostinino a pensare che in mezzo al letamaio istituzionale ci possano essere soltanto «poche mele marce»… È proprio vero che il segreto di una beota felicità è possedere una memoria corta.
Da quanto tempo ci dicono, ci ripetono, ci ammoniscono che niente sarà più come prima? Che stiamo attraversando un periodo storico inedito, affrontando eventi che muteranno totalmente la nostra vita, nei suoi aspetti maggiori come in quelli minori? Il lavoro, non sarà più come prima. Il divertimento, non sarà più come prima. Andare a far la spesa, non sarà più come prima. Viaggiare, non sarà più come prima. La socialità, non sarà più come prima. Manifestare e protestare, non sarà più come prima… anzi, non sarà proprio più possibile. E così in tutti gli ambiti. Perché tutto deve essere riprogrammato, sanificato, sterilizzato. Ci dobbiamo abituare non solo a venire controllati e sorvegliati, ma pure ad essere isolati, vaccinati, curati… Tutto ciò ce lo hanno spiegato fino allo stordimento, mobilitando un piccolo esercito di esperti (virologi, psicologi, sociologi…). Ma loro, loro avranno capito? A quanto pare, no. Altrimenti non si spiegherebbe il loro stupore davanti al magnifico incendio che ha illuminato il cielo dell’alba sopra Nantes. La celebre cattedrale gotica è stata invasa dalle fiamme. Se non è stata la volontà di Dio, non è stata nemmeno quella del caso — niente fulmini, niente cortocircuiti. È stata una volontà umana, rabbiosa e determinata, ad aver piazzato tre inneschi in tre punti diversi all’interno dell’edificio. Il suo imponente organo non accompagnerà più le lodi al Signore. E la Santa Chiesa si indigna? E il governo si indigna? E l’opinione pubblica si indigna? E i fedeli si indignano? Ma perché? Eppure, lo sanno tutti che niente sarà più come prima. Nemmeno le chiese, nemmeno i luoghi di culto dove si entra a testa bassa a pregare sottovoce l’autorità, come quella di Nantes. Ci sono voluti più di 450 anni per costruirla, sono bastate poche ore per demolirla. Nemmeno i commissariati di polizia delle metropoli, nemmeno gli edifici dove si entra con le manette ai polsi in ostaggio delle autorità, come quello di Minneapolis. Che questi apparentemente inestirpabili focolai di obbedienza vengano infine sterilizzati, non è forse il minimo che possa e debba accadere?