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Una lettera di Paska dal carcere, sulla violenza quotidiana del sistema carcerario

"Confermo quanto detto, ma voglio un medico adeguato per quello che mi è successo. Quando sono uscito dalla cella, è vero ho spinto l'agente che era presente sul piano. Poi sceso all'ingresso ho spinto l'altro agente che mi aspettava e che faceva parte della scorta. Dichiaro però, che subito dopo, sono stato aggredito da più di dieci agenti, con schiaffi e pugni; mi hanno buttato a terra e ho ricevuto pugni e schiaffi, calci in testa, sulla schiena, sull'addome, su gamba sinistra e destra e sulla mano sinistra. E quando mi sono alzato ho ricevuto degli schiaffi fino a quando mi hanno ammanettato. Durante il tempo del pestaggio sono stato offeso e minacciato pesantemente". Visto quanto emerge dagli atti, e soprattutto viste le certificazioni sanitarie DA CUI NON RISULTA QUANTO DICHIARATO DAL DETENUTO, tenuto conto della gravità dell'episodio, il collegio applica la sanzione di giorni 15 di esclusione dalle attività in comune.

Questo è quanto ho dichiarato al consiglio disciplinare, avvenuto venerdì 9 novembre in seguito ai fatti accaduti in carcere prima del processo dell'8/11.
Ma sarebbe bene ed opportuno raccontare tutto ciò che è accaduto in questo ultimo mese e mezzo. Il 2 ottobre la mattina parto dal carcere di Teramo per Lecce, arrivo verso le 16 in carcere; tempo delle lungaggini burocratiche, riesco a fare una doccia volante ed è già orario di chiusura. Il giorno dopo, nell'attesa di andare a processo chiedo di andare all'aria, ma la risposta è no perché "qui sei isolato". Il motivo si spiegherà da solo due ore dopo. Poco dopo vado a processo e al ritorno non mi fanno salire in sezione a prendere le mie cose perché lo han già fatto le guardie; rimango in matricola e devo prepararmi gli zaini per l'aereo se voglio andare a processo a Firenze. Così facendo, quando le compagne e i compagni saranno lì il pomeriggio per fare un presidio sotto il carcere di Lecce io già sarò in volo per Genova.
A malincuore devo lasciare un po' di cose giù, tipo pentole-padelle-libri-cd-opuscoli, perché non posso portare più di due zaini, quindi prediligo vestiti-lenzuola-coperte-documenti e qualche libro (più moka e fornello, fondamentali per la carcerazione) 🙂

Quindi il 3 ottobre alle 13 mi muovo da Lecce direzione Brindisi, dove prenderò ben due aerei (Brindisi-Roma e Roma-Genova), e poi mi muoverò da Genova per La Spezia in blindato. Alle 21 arrivo a La Spezia e vado a dormire vestito, non mi porto neanche i vestiti dentro e decido di prendere il tutto il giorno dopo, perché troppo stanco.
4 ottobre, 8 di mattina: perquisizione in stanza; tra l'altro il 2 sera a Lecce sotto il materasso trovai una lama artigianale che feci sparire e meno male, dato che il giorno dopo sono state le guardie a farmi i sacchi...coincidenze?Comunque, meglio prevenire che curare.
Il 6 ottobre mi fanno salire in sezione, mettendomi in stanza con un ragazzo con cui all'apparenza potevano esserci problemi sin da subito, ma in realtà non abbiamo dato soddisfazione alle guardie e ci siamo adeguati alle esigenze carcerarie.
Il 9 vado a processo, e primi screzi insulti reciproci con la scorta che ha modi di fare un po' tamarri e coatti alla guida. Lascio passare. Dal giorno 10 o 11, non ricordo bene il giorno esatto, problemi per andare all'aria: le guardie devono avvisare il primo piano prima di lasciarmi passare perché direttrice e comandante, su suggerimento di "ordini dall'alto",ci hanno messo un divieto di incontro a me e un altro compagno detenuto a La Spezia.
Inizio quasi a non sopportare più la situazione, ma la goccia che fa traboccare il vaso arriva il giorno 18: vado nuovamente a processo, ed oltre a dovermi sorbire tra andata e ritorno 300km, ammanettato, la scorta inizia ad "imitare" i personaggi di Fast & Furious. Appena entrati a La Spezia, al ritorno dal processo, iniziano ad accendere sirene, cacciare palette, bruciare semafori, tirare freni a mano, insultare e minacciare gli automobilisti per passare rischiando incidenti, fare sgommate...e percorrono un sottopasso a 80 all'ora, e all'atterraggio, perché di un volo si è trattato, sbatto la testa, mi cadono gli occhiali e sbatto fortissimo con le manette sul costato, che ancora mi fa male.
Salgo in sezione molto arrabbiato, il giorno dopo mi faccio visitare ma non riscontrano nulla logicamente, dico che devo parlare con direttrice e comandante, e che accelerino le pratiche per l'invio della richiesta di trasferimento (ufficialmente partita il giorno 23); loro già sanno benissimo che se dovrò partire da La Spezia per la prossima udienza del processo non gli renderò vita facile, ma non danno importanza alle mie parole.

Il 26 ottobre arriva un foglio dal DAP che mi notificano giorno 30 dove in sostanza mi rifiutano il trasferimento: logicamente risposta già preconfezionata, senza neanche aver letto l'istanza, dato che un rifiuto in così pochi giorni è un record! Situazione di nervosismo, insulti reciproci con le guardie, ed anche se so che forse non servirà a nulla, dichiaro l'incompatibilità con il corpo di polizia penitenziaria di La Spezia.
Volevo già iniziare lo sciopero il 31/10 ma aspetto il lunedì 5 novembre, dato che durante le feste non serve a molto, chiedo di parlare con la direttrice, mi dicono domani mattina ti chiamerà. Mattina dopo nulla, quindi mi rifiuto di rientrare in cella dalle 12 alle 13 e poi scendo all'aria, ed anche lì mi fermo rifiutando di risalire. Dopo mezz'ora (14.30 circa) mi chiamano direttrice e comandante, gli rifaccio presente tutte le problematiche di andare a processo con la scorta di La Spezia, dell'incompatibilità con le guardie, che sono a più di 500km dai familiari e a 150km dal processo, e che sanno benissimo che se non parto giorno 8 qualcosa accadrà. Loro rispondono che ricevono ed eseguono gli ordini del DAP, e di assumermi tutte le responsabilità di ciò che farò; rispondo che sicuramente mi accollerò tutto, ma basta che mi vengano addosso uno ad uno e non 10 contro 1.
Bene: giorno 8/11 succede quello che ho scritto all'inizio del testo; dopo avermi ammanettato e continuato a malmenare, chiamano il medico chiedendogli se ero in grado di andare a processo, e pure lui, impaurito solo a guardare la situazione, vede i bozzi e i lividi (ma non li scriverà) e mi chiede "Vuoi andare?". Ed io dico di sì, anche perché avevo preparato una dichiarazione da leggere in aula, che avrei a quel punto modificato aggiungendo che mi avevano pestato in carcere prima del processo; dichiarazione abbastanza blanda dove volevo rimarcare perché chiedevo il trasferimento.
In aula, il giudice non mi fa leggere tale scritto affermando che la sede è inadatta, riesco però a far sapere alle altre e agli altri in aula che mi hanno pestato i secondini e sono in sciopero della fame da 4 giorni. Mi cacciano così dall'aula ed un secondino zelante, che mi ha schiaffeggiato fino all'ultimo, mi mette le manette strettissime tanto che i polsi diventano viola e per poco svengo. Mi portano alle cellette, e dopo un po' mi fanno risalire, anche se siamo rimasti solo noi 3 imputati, oltre ad avvocati, giudici e sbirri, e dico agli altri 2 che vorrei rimanere per far vedere i segni sul corpo all'avvocato e tornare il più tardi possibile a La Spezia, prevedendo un altro pestaggio al ritorno. Così non è stato, anche se c'erano 5-6 guardie belle grosse che mi hanno portato a fare la visita per sciopero della fame. Provo anche a farmi refertare gli evidenti segni, ma non c'è nulla. Per i due giorni successivi proverò ancora a farmi refertare ma "non posso scrivere cose che non si vedono". Finita la visita mi rimettono alla cella 1 del piano terra, la stessa dove dormii la prima sera qui a Spezia. Regime chiuso, le mie cose le avevano già preparate e messe in cella le guardie. Il giorno dopo, almeno, mi fanno recuperare il resto delle mie cose e mi fanno il consiglio disciplinare dandomi 15 giorni di isolamento.

Questo è quello che mi ha portato a dare due spinte alle guardie e il mio vissuto a La Spezia: niente di anormale, le guardie che ti provocano con fare mestierante e poi ti sfondano di mazzate quando sei a terra con calci e pugni su testa e schiena, direttrice che copre il pestaggio grazie alla complicità di medici (su 4 visite con 3 medici diversi, uno forse la seconda volta che mi ha visto ha scritto le parti che ho doloranti), e le guardie che ti minacciano pure di denunciarti per calunnia, con il giudice che non ti fa rilasciare una dichiarazione a riguardo e ti caccia dall'aula.
Tutto nella norma.E' per questo che non mi ritrovo nella normalità della società, che giustifica l'autorità, gli abusi, i soprusi, e li copre. E' per questo che continuerò lo sciopero della fame finché potrò, continuando a esigere il trasferimento in altro carcere, visto che se per De Andrè la stessa aria di un secondino non si può respirare nell'ora di libertà, io voglio proprio evitare di condividerla sempre con le guardie che qui mi hanno pestato, con i medici ciechi e complici, la comandante che giustifica i suoi uomini dicendo che mi invento tutto e la direttrice che nasconde il marcio sotto un tappeto di falsità.

SEMPRE A TESTA ALTA, PASKA

ps. sciopero della fame: peso iniziale 5/11: 108,4 kg; peso giorno 11/11: 101,8 kg.

nb. scritto giorno 11/11 ed inviato almeno due volte. riscritto il 30/12. DA PUBBLICARE SU INTERNET