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Sguardi altri sulla repressione a Cremona

“Sono di fronte al mio avversario resto immobile poiché egli cerca di confondermi
e nelle finte è convinto di uccidermi avverto l' odore del sangue,
la consistenza dell'odio che lo spinge, l'energia che lo costringe a confrontarsi”
Melma&Merda – Trilogia Del Tatami

Negli ultimi giorni a Cremona stanno succedendo dei fatti. L'agguato fascista del 18 gennaio dove Emilio ha rischiato la vita e tutto quello che è successo dopo con il corteo rivoltoso del 24 gennaio hanno posto un significato alla questione delle lotte in questa città: da li tutto è cambiato e, volente o nolente, un ritorno alla normalità non potrà più esserci.
Questo “non ritorno” è sicuramente un buon auspicio per compagni, sfruttati e ribelli che in questi ultimi anni hanno portato in questa piccola cittadina un radicalità e un'alterità che ha inciso anche sui fatti sopracitati.
Naturalmente a quegli attimi di serenità che vengono assunti da momenti dove le lotte sembrano incrinare (di poco, purtroppo...) il corso degli eventi di potere e l'eterna ripetizione dello spazio dell'oppressione, la repressione non resta a guardare.
In questi giorni con gli arresti prima di Tide e Sbob, due ragazzi legati al Kavarna per simpatia e come luogo altro, con l'accusa pesantissima di “devastazione e saccheggio” per i fatti del corteo del 24 gennaio, e poi, gli arresti di Are e Alberto (con altri 5 compagni ai domiciliari, tra cui lo stesso Emilio...), per l'aggressione fascista del 18 gennaio avvenuta davanti al Dordoni, il potere inquisitorio, cioè la sinergia fra Questura e Comune di Cremona, ha evidenziato un fatto: quello di voler eseguire una punizione esemplare a gruppi e individui che vorrebbero far crollare questo sistema di dominio per creare qualcosa di totalmente altro, nelle sue smisurate possibilità che da la lotta esistenziale.

Oltre a Questura e Comune di Cremona, un ruolo fondamentale lo rivestono i media locali. Essi fanno il lavoro più difficile ma allo stesso tempo quello che serve fondamentalmente per creare un becero consenso negli atti repressivi.
Essi narrano delle storie che fanno a cazzotti con la realtà, abboccano consensualmente in modo totalizzante ai racconti del potere e tracciano un immaginario difficilmente incerto e dato per vero, come se i più attenti non sapessero veramente il ruolo primo dei media: essere, con dialettica e linguaggio, lo strumento del potere per formare l'opinione pubblica, fatta non da individui pensanti ma da una massa che viene informata ma che non sa niente.
Informati di fandonie, per non disturbare le reale decadenza di questo mondo.
I racconti allucinanti sugli interrogatori dei due ragazzi arrestati per “devastazione e saccheggio”, il continuare a ribadire la pericolosità sociale anche degli ultimi arresti, creare ad arte paura e incertezza per avvenimenti di bassa conflittualità come il 25 aprile e rimandare ad un opposizione molto più grande come quella di Expo a Milano, sono tutti atti per creare una narrazione delinquenziale di lotte e individui.

Infine, l'opera mediatica della Questura di Cremona di colpire in due settimane tutti, dagli anarchici (anche con le denunce, chiamate condanne, per la manifestazione antifascista del febbraio dell'anno scorso contro la commemorazione fascista delle foibe a tre compagni), agli autonomi con gli arresti di giovedì. Anche i fascisti di Casa Pound, per ribadire che la legge è uguale per tutti, quando si sa benissimo che il legame fra fascisti e polizia è sempre stato evidentissimo, qua a Cremona come altrove. Come dimenticare la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969?
Oltre al legame fra fascisti e polizia, è un dato che la legge è funzionale a difendere i ricchi dai poveri, che la legge è a difesa dell'unica comunità possibile oggi: quella del denaro, dell'oppressione e della miseria generalizzata.
Chi dimostra di volere un altro modo di vivere insieme, incontra la repressione a difesa dell'esistente: sarà un caso?
Molte lotte ci hanno insegnato che la becera dicotomia fra legale e illegale è comoda per chi sta in difesa degli interessi dei soliti noti e di chi usa manovalanza fascista in difesa dei propri profitti a discapito delle vite di molti.
Sappiamo bene che chi devasta e saccheggia le nostre vite è chi sta in alto nella gerarchia sociale, oltre ai loro servi e ai falsi critici di quello che abbiamo intorno a noi.
Adesso per chi lotta in questa città avviene la difficoltà maggiore: rispondere alla repressione e cercare di rivedere Are, Alberto, Roma, Tide, Sbob, Gian, Emilio, Jonny e Pippo nelle strade, nei sentieri e nei luoghi dove la pesantezza di questo mondo è più leggera.
I saluti al carcere dopo gli arresti sono stati partecipati, per portare solidarietà diretta agli arrestati e, perché no, anche a tutti i detenuti che non si piegano alle proprie condizioni di oppressione carceraria.
Allargare la solidarietà con intelligenza, cercare di portare un linguaggio in città che possa arrivare a chi ci vuole ascoltare e assumersi di essere “socialmente pericolosi” perché la libertà è la tensione che sta tra pensiero e azione.
Tutto questo mi sembra urgente e assolutamente indispensabile da affrontare.

Cremona, 13 aprile 2015
un compagno