Stiamo vivendo una difficile situazione data dalla diffusione di un virus nominato Covid-19. Rispetto alla sua genesi non crediamo a nessuna “ipotesi di complotto”: semplicistica soluzione, per non leggere la situazione per quel che è. A conferma, il fatto che nessuno ne sta giovando, anzi. A causare l’epidemia è una tipica condizione di ultra-sviluppo industriale e mercantile. Milioni di contadini deportati in Cina per affollare le nuove metropoli, con stili di vita ancora agresti (animali selvatici, animali da allevamento e avicoli smembrati vivi in mercati malsani affollati di persone) e condizioni di sovraffollamento urbano sono state il detonatore di questa pandemia. La globalizzazione degli spostamenti umani (basta un passeggero su un aereo a portare un virus in 6 ore dall’altra parte del mondo) ha fatto il resto, contaminando l’intero pianeta. Gli imprenditori e i loro viaggi d’affari sono stati appunto i primi untori in giro per il mondo. L’ipotesi complottista è per certi aspetti un’ipotesi consolatoria. In fin dei conti è più facile credere che ci siano delle persone massimamente cattive, in grado di fare una simile perfidia. Più difficile è accettare che sia l’intera società a essere massimamente cattiva. Il vero lato oscuro, che il complottismo cerca di oscurare ancora di più.
Ci preme dire che governi, politici, capitalisti, le annesse mafie, imprenditori e tirapiedi, sfruttano tutte le situazioni ed eventi per il loro tornaconto. Poco o niente interessa loro di sfruttati e poveri, se non il fatto che rimangano tali: sfruttabili e “forza lavoro”.
Tanti esempi si possono citare, come le “ricostruzioni” dopo i terremoti e altri eventi naturali, quando i costruttori si sfregano le mani per gli appalti mentre sta finendo di tremare la terra; o durante e dopo le Guerre ecc.
Purtroppo abbiamo la memoria corta. Lo stato d’emergenza concentra ancora di più il pensare agli affari propri, a fregarsene di tutto e di tutti, a rimbecillirsi davanti alla TV e ai “social”, e a mandare giù tutto quello che ci imboccano. La peggiore abitudine a cui ci ha costretti il sistema è l’ignoranza, l’abbandono all’informazione di massa e alla disinformazione “social”. Così un virus più che annidarsi nei nostri corpi è sicuramente entrato nelle nostre teste. Certo una pandemia, tra le tante nella storia umana, si è sviluppata, ha fatto e continua a fare morti tragiche, lasciando conseguenze per chi si ammala e non solo. Si accompagna a questo un bombardamento mediatico di regime, più che chiarificatore, confusionario e di convenienza.
Memoria corta dicevamo. Sui politici soprattutto, quegli stessi che si sono sempre arricchiti sulle spalle altrui, che speculano attraverso le banche, nel riproporsi di scandali finanziari, potere e privilegi. Ora si fanno passare per “salvatori della patria”, tra corali appelli all’unità conditi da una retorica di “guerra”. Non è però la vera guerra militare e le tante altre guerre che finanziano o fanno direttamente questi sinceri democratici al potere. Quelle migliaia di morti civili sono numeri?
Ci viene detto che “siamo tutti sulla stessa barca”, ma sappiamo bene chi è impegnato a mantenere i propri profitti e i propri interessi, quindi sarebbe il momento di buttare a mare parecchia gente: politici, banchieri, capitalisti, e i loro sbirri, padroni, prelati e tanti altri.
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, organo indiscusso di quel potere politico della Scienza, sembra essere l’unica salvezza. La stessa che tra i suoi vertici ha dirigenti legati agli interessi delle lobby per la produzione di vaccini o forniture mediche diventano i buoni samaritani della situazione. Come quelli che in piena emergenza (febbraio 2020) hanno trovato il tempo per dare il via libera al 5G in Italia e in Europa, e all’aumento dell’utilizzo delle tecnologie di intelligenza artificiale e delle reti di controllo sociale, facendo passare come “innocui” per la salute gli incrementi esponenziali di campi elettromagnetici su vasta scala. Ma come, non era nocivo un singolo telefonino?
Che dire poi degli industriali, dei ricchi padroni, che si mostrano filantropi quando conviene, pur di continuare a produrre profitto. Un esempio sono alcuni colossi automobilistici, anche di lusso, che hanno “convertito” temporaneamente la produzione per assemblare parti di apparecchiature sanitarie e mascherine. Questo sia chiaro più come propaganda che come effettiva produzione sistemica. I numeri sono comunque irrisori. Un “gesto simbolico” di stampo nazional-imprenditoriale, comodo a gettare altro fumo negli occhi. A proposito di fumo, queste industrie, appena torna la “normalità”, torneranno a sfornare automobili che inquinano sia per le emissioni di idrocarburi che per la produzione dell’energia necessaria alle auto elettriche (già, l’energia non piove dal cielo ma viene prodotta nelle centrali), e continueranno a mantenere il livello di insalubrità della terra nella quale potenzialmente prolificherà qualche altra epidemia. Allora ci vorranno le mascherine per l’aria inquinata.
La filantropia dei ricchi non ci imbroglia. Torneranno loro, come i padroni, la Chiesa e i politici, a imporre quella “normalità” dell’economia globale capitalista, fatta di tasse, produzione-consumo, guerre, sfruttamento e speculazioni.
Il sistema capitalista e lo Stato non hanno mai reso “tutti uguali”. Mai lo faranno. Padroni e sfruttati si combattono da sempre, e il servilismo volontario di qualcuno non significa che sia giusto o normale piegarsi a chi comanda. E’ importante non delegare alle istituzioni la propria esistenza, già schiacciata in una vita di regole, leggi, paure indotte, “emergenze” e doveri. L’unità e la solidarietà deve esserci tra sfruttati e oppressi di tutto il mondo, per la realizzazione dell’ autogestione delle proprie vite in una prospettiva di autonomia e liberazione.
Alla pandemia lo Stato ha risposto con la polizia. Imprenditori e gli industriali si sono fatti minacciosi con gli organi predisposti a proteggerli: polizia, militari e Ministero dell’Interno. Alla ribellione dei tanti lavoratori che minacciano lo sciopero (e lo fanno) per le condizioni di lavoro, gettati al macello nelle fabbriche, nei campi e nelle imprese in piena pandemia, lo Stato democratico è ricorso alla possibile precettazione, alle denunce/multe per chi sciopera. La repressione la sentiamo anche per le strade, è viva nelle carceri che hanno ammazzato 12 detenuti. La sentono i migranti che nelle campagne del centro-sud Italia lavorano come schiavi nei campi per la raccolta agricola, e vivono in baraccopoli in condizioni disumane anche in tempi di pandemia, per garantire il nostro pasto. Certo, i migranti “fanno comodo” finché si fanno sfruttare e finché si trovano i prodotti sul bancone del supermercato. Altrimenti si invoca l’esclusione e il razzismo, e voti per chi grida all’”invasione”…
Sindaci, politici e pennivendoli della stampa, a turno reclamano in coro la polizia e l’esercito; repressione e controllo tecnologico individuale e di massa, arresti e denunce. E poi appelli alla delazione per chi avvista assembramenti e chissà cos’altro, inviti a diventare cittadini-poliziotti, cioè spie. A chi si adegua ubbidiente a queste infami pratiche delatorie va tutto il nostro sincero disprezzo e i più sinceri auguri di ripercussioni vendicative.
Intorno a quest’odierna microsituazione c’è la macro economia, o meglio la grande Finanza, che si avvia verso una crisi globale. La pandemia del Covid-19 è un evento casuale che ha accelerato una tendenza già avviata da tempo: la crisi della globalizzazione.
“Un nuovo modello industriale e sociale basato sul futuro delle nuove tecnologie è già in atto e lo stiamo vivendo…”, citano gli esperti. Gli stati-nazione tendono a tornare protagonisti, e sarà peggio. Alcuni governi ricorrono a primi ministri onnipotenti più di prima, e si riaffacciano dittature e nazionalismi qua e là. La recessione è dietro l’angolo, la crisi della moneta ancor di più. Sapranno, come sempre, dove e chi spremere: gli sfruttati. Il velo del “migliore dei mondi possibile” comincia a perdere i pezzi.
La retorica unitaria di salvezza nazionale è una strategia che tenta di mantenere la pace sociale al fine di frenare il conflitto sociale. Se c’è conflitto sociale non c’è crescita economica dicono gli “esperti” nella speranza che la disuguaglianza sociale venga sempre fatta digerire con fasulli ideali identitari aggreganti. A tal proposito urliamo: “Io non canto l’Inno!!!”
Tanta gente è morta e muore, questo purtroppo è vero. Ma non piangeremo per il manager della Porsche o il Principe d’Inghilterra, il ricco industriale o un Primo Ministro, lo sbirro che ci reprime, ci multa, ci manganella durante gli scioperi o spara alle manifestazioni e nelle proteste, che pratica pestaggi nelle caserme e nelle carceri.
I nove anni di guerra in Siria hanno fatto 390.000 morti; 11 milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie case; 4 milioni di profughi in fuga. Gli stessi migranti e profughi vengono usati come ricatto economico-sociale dalla Turchia e duramente repressi alle frontiere con la Grecia. Ce li siamo dimenticati? E le migliaia di morti nella guerra in Yemen, sostenuta dalle forniture di armi dell’Italia e della Francia?
Non ci salveranno le preghiere del Papa e di quei ladri e truffatori morali dei preti. Non cantiamo l’inno, nessun tricolore, ombra dei nazionalismi più beceri che hanno sempre mandato alla rovina guerrafondaia la popolazione e arricchito la borghesia.
Necessario più che mai è una presa di coscienza degli sfruttati. La Storia è sempre raccontata dai vincitori dominanti, dal potere governativo, per tutelarsi e dividere gli sfruttati, usata come strumento per scatenare la guerra tra poveri. Sarà invece la lotta degli sfruttati agli sfruttatori che potrà garantirci l’emancipazione, in totale libertà, e a suggerirci e mostrarci la strada da intraprendere, i momenti da cogliere per rovesciare e distruggere un sistema corrotto e marcio, ribellandoci.
“Le macerie non ci fanno paura. Sappiamo che non erediteremo che rovine, perché la borghesia cercherà di buttare giù il mondo nell’ultima fase della sua storia. Ma, le ripeto, a noi non fanno paura le macerie, perché portiamo un mondo nuovo nei nostri cuori…Questo mondo sta crescendo in questo istante”
Buenaventura Durruti, rivoluzionario anarchico.
L’Ideale anarchico porta in seno il rispetto fraterno fra chi non vuole più servi ne padroni, sfruttati e sfruttatori. La pace fra gli oppressi, la guerra sociale agli oppressori che vogliono mantenere privilegi politici, economici e sociali.
Anarchia come cambiamento rivoluzionario della qualità della vita. Liberi dalla divisione in classi, dai pregiudizi sessuali, dal razzismo, dalla religione, tutti strumenti per dividere e dominare il più debole. Liberi dal ricatto del lavoro salariale, dalle istituzioni repressive (carceri, tribunali, militari) non necessarie dove non ci sono ne potere ne proprietà privata. E’ necessario emanciparsi per liberarsi dallo Stato, autorganizzandosi. Questo attraverso la lotta, senza mediazioni politiche e pacificatrici di sindacati istituzionalizzati e asserviti, senza politicanti di turno.
“Noi invochiamo l’anarchia, questa manifestazione della vita e delle aspirazioni, l’eguaglianza vera di tutte e tutti.
Come noi abbiamo piena fiducia negli istinti delle masse popolari, il nostro mezzo di rivoluzione è nello scatenamento organizzato di ciò che chiamasi cattive passioni, e nella distruzione di ciò che, nel medesimo linguaggio borghese, chiamasi ordine pubblico”.
Michail Bakunin
Alcuni “Anormali”
Testo diffuso in diversi modi a Genova