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Ieri sono state fatte le richieste di condanna e le difese degli imputati, per il secondo filone del processo riguardante la rivolta del 24 gennaio 2015, avvenuta a Cremona per il corteo in solidarietà a Emilio.

Sono stati chiesti 5 anni e 4 mesi per Filippo, 4 anni per Sam e Gianmarco, Per tutti e tre il Comune di Cremona ha chiesto un risarcimento di 200 mila euro. Per i tre antifascisti, l'accusa è concorso in devastazione e saccheggio e per Filippo, l'aggravante della premeditazione.

La sentenza verrà emessa nella mattina di giovedì prossimo, 14 luglio intorno alle 10.

Queste il volantino distribuito in alcune strade, a cui è seguita l'assemblea avvenuta in piazza sull'opuscolo "Rompere la piazza":

Questi piccoli gesti di solidarietà li dedichiamo ad Emmanuel, ragazzo ucciso a Fermo per mano fascista.

 

LIBERARSI E' POSSIBILE

L'inferno brucia solo per chi è un dannato!
Lou X

Cosa accadrebbe se il sogno di ribellarsi contro questo mondo si trasformasse in pratica, fra moti collettivi ed azioni individuali?
Il 24 gennaio dello scorso anno a Cremona (come il 15 ottobre del 2011 a Roma e nello scorso Primo Maggio milanese contro Expo) tutto questo è successo.
Da una testa rotta ad un compagno per mano fascista, quando Emilio rischiò la vita, molte e molti hanno rialzato la propria (testa), trasformando il loro NO in qualcosa di materialmente tangibile.
Per una giornata, il tempo della sottomissione è stato sospeso.
Se la rassegnazione ad una vita di merda e l'apatia per quello che succede intorno a noi sono le sconfitte più atroci, la rabbia e l'intelligenza esplose il 24 gennaio hanno lasciato un segno: non tutto è perduto, l'impossibile può essere percorso.
Oggi vengono processati tre antifascisti con la pesantissima accusa di «devastazione e saccheggio» (per la stessa accusa, qualche mese fa, tre rivoltosi più un infame delatore sono stati condannati a 4 anni di carcere e a 200mila euro di risarcimento in favore del Comune di Cremona).
Ci chiediamo: chi realmente devasta e saccheggia le vite?
In un mondo dove la violenza sbirresca è giornaliera, dove in proporzione esiste un ricco per un numero smisurato di poveri, dove sessismo, razzismo e propaganda mediatica tengono in piedi un nazismo dilagante, ci chiediamo: chi realmente devasta e saccheggia le vite?
Quando il denaro e il servilismo all'autorità mercificano gran parte delle relazioni, quando si ritorna a costruire frontiere, quando siamo infestati da gabbie, divieti e telecamere del controllo, quando la guerra torna a casa, ci chiediamo: chi realmente devasta e saccheggia le vite?
Quando tutto è fagocitato dalla devastazione della natura e dal saccheggio delle esistenze, non ci sentiamo come nel romanzo 1984 di George Orwell dove capeggiano ovunque 3 messaggi: la libertà è schiavitù, la guerra è pace e l'ignoranza è forza?
Se frammenti di rivolta si innescano nelle strade e se i fascisti e i loro collaborazionisti subiscono questi tumulti non possiamo che gioire, perché aldilà di qualunque confine si possono trovare infiniti orizzonti di libertà.
Stare dalla parte di chi si ribella ci sembra il miglior modo per scrollarci di dosso questo mondo di morte, contro ogni delazione e per la libertà di tutte e di tutti.

Che i bagliori di rivolta di giornate come il 24 gennaio
echeggino nei cuori di chi vuole liberarsi.

Ci vediamo stasera alle 20,30 in Piazza Roma per la presentazione di «Rompere la piazza» e per discutere dell'accusa di devastazione e saccheggio.

solidali con i ribelli

 

Come nemici delle galere abbiamo deciso di far uscire "Fibbia", un foglio anticarcerario in cui condividere lettere riflessioni e aggiornamenti su alcune carceri del territorio emiliano e delle zone limitrofe. "Fibbia" nel linguaggio carcerario significa "parola criptata". Questo foglio vuole essere uno strumento di comunicazione con chi si trova al di là di un muro, per favorire la divulgazione di situazioni conflittuali che avvengono dentro le carceri.

Scarica Fibbia n°2 [946,6 Kb - pdf]

Milano

breve aggiornamento sulla sentenza arrestati No Expo: Molestio assolto, Iddu 1 anno e 8 mesi, Nano 2 anni e 2 mesi. L'unico capro espiatorio condannato x devestazione & sacccheggio è Casper con 3 anni e 8 mesi e il processo civile x Unicredit.

da Radiocane

Magro bottino per la procura di Milano. Si è concluso il primo grado del processo per devastazione e saccheggio in relazione ai fatti del primo maggio 2015: un’assoluzione piena, due condanne per resistenza e una per devastazione.

Alcune riflessioni a caldo con un compagno di Scateniamoli.

Torino

Fuori e dentro

vicaria.jpg

Un presidio rumoroso da stamattina alle 9 si è trovato davanti al tribunale torinese in occasione dell’udienza di Riesame per i dodici compagni colpiti da divieto di dimora.

Una sessantina tra compagni e solidali hanno intonato cori contro queste ennesime misure e per accompagnare l’ingresso al Bruno Caccia di alcuni banditi che hanno deciso di presenziare alla prima parte dell’udienza: giusto il tempo per la lettura di un comunicato scritto tutti insieme per poi uscire subito da quel luogo infausto e tornare al presidio tra gli amici.

Vi proponiamo il testo letto in aula:

“Sappiamo che uno dei ruoli di tribunali e procure è quello di stroncare i conflitti sociali.

Ovviamente non ce ne stupiamo né ci aspettiamo che vada diversamente.

In questi anni la stretta collaborazione tra giudici per le indagini preliminari e pubblici

ministeri ha permesso di applicare decine e decine di misure cautelari contro chi lotta.

Questi dodici divieti di dimora si inseriscono in questa strategia.

Dopo anni di attacchi repressivi abbiamo deciso di non rispettare queste misure.

Venerdì siamo tornati a Torino e non abbiamo intenzione di andarcene.

Non accetteremo da questo Collegio decisioni che ci dividano.

Nessuno di noi sarà lasciato indietro.”

Usciti i compagni dal tribunale, il presidio si è sciolto e i partecipanti si sono avviati verso Barriera di Milano per raggiungere un picchetto di resistenza a uno sfratto.

Per quanto riguarda le decisioni tribunalizie sarà necessario aspettare qualche giorno; intanto, oltre a puntare i piedi contro le misure, si continuano le lotte.

Ascolta il contributo sulla mattinata di una compagna bandita durante la mattinata informativa di Radio Blackout

macerie @ Giugno 14, 2016

Segue un comunicato diffuso da 12 compagne e compagni colpiti da diveti di dimora a Torino.
Ricordiamo che domani, martedì 14 giugno, vi sarà un appuntamento importante per la mobilitazione in loro solidarietà e contro queste misure repressive
Alle ore 9 presidio davanti al tribunale in c.so Vittorio Emanuele II in occasione dell'udienza di riesame
.

È a Torino che abbiamo visto portare via uomini e donne perché non avevano un documento. A Torino abbiamo visto la polizia caricare un corteo di operai che avevano osato ribellarsi.
A Torino abbiamo visto le pattuglie dei carabinieri aiutare padroni e banche a sbattere in strada i nostri vicini di casa in ritardo con l'affitto o con il mutuo.
A Torino abbiamo visto interi quartieri trasformarsi secondo le esigenze dei ricchi sulla testa dei più poveri che li abitano.
A Torino e nelle sue valli abbiamo visto la celere bastonare le persone accampate a difesa della terra in cui vivono.
Ma a Torino abbiamo anche visto decine di persone sollevarsi per permettere a un clandestino di scappare a un controllo e centinaia di facchini tener testa a chi li voleva cacciare dai cancelli del CAAT. Qui abbiamo visto intere vie chiuse dai cassonetti per respingere un ufficiale giudiziario e decine di abusivi riprendersi la piazza sotto gli occhi impotenti della polizia. È a Venaus che le stesse persone bastonate hanno rialzato la testa e spazzato via plotoni di celere riconquistando il terreno perduto.
Se è vero che ovunque soprusi e ribellioni sono all'ordine del giorno, è a Torino che noi abbiamo deciso di coltivare un sogno comune.
Puntiamo i piedi, qui vogliamo rimanere, qui vogliamo lottare.
Dodici divieti di dimora a chi in una giornata di ottobre era andato presso la sede di Ladisa, ditta fornitrice dei pasti all'interno del Cie di corso Brunelleschi, a restituirgli un po' della merda che quotidianamente somministra ai reclusi. Un'iniziativa all'interno di un percorso di lotta contro il Cie e contro chi lo fa materialmente funzionare.
Sono anni che la Procura ci colpisce incarcerando e allontanando i nostri affetti.
Abbiamo tenuto duro, giorno dopo giorno, affrontando la paura e il dolore che la repressione porta con sé.
Abbiamo portato avanti con fatica le lotte dei compagni allontanati, incarcerati e sorvegliati.
E se in tutti questi anni di lotte a Torino abbiamo affrontato gli attacchi repressivi cercando sempre di spingere un passo più in là i percorsi che si stavano portando avanti, questa volta ci siamo guardati e negli occhi di ognuno abbiamo ritrovato la medesima voglia di non partire.
Questi dodici divieti di dimora sono la goccia che fa traboccare il vaso, non siamo più disposti a razionalizzare la nostra rabbia.
Non accettiamo più di dover salutare compagni e affetti perché costretti ad andarsene
Non accettiamo più che le nostre vite, la nostra quotidianità siano determinate da un pezzo di carta
Non accettiamo più di rinunciare ai progetti che ognuno di noi ha costruito in città e di doverci reinventare altrove
Restiamo qui, esattamente nel punto in cui le nostre coscienze ci costringono a stare.
Per noi questi divieti di dimora sono carta straccia.
Saremo in una radio libera a trasmettere, davanti alla porta di J. per resistere al suo sfratto, sotto le mura del Cie per sostenere le rivolte dei reclusi, nelle strade per opporci alle deportazioni, ovunque ci andrà di stare.
Le conseguenze le conosciamo, con una certezza quasi matematica tra qualche giorno ci porteranno in carcere.
Precisamente nel punto in cui il Tribunale avrà la forza di metterci.
Nel centro esatto del ciclone che sta stravolgendo le nostre vite.
Consapevoli della nostra scelta, forti della solidarietà che non ci lascerà soli, noi da qui non ce ne andiamo.

Banditi a Torino

Aggiornamento:

Il Tribunale del Riesame ha annullato il divieto di dimora per i dodici banditi accusati di essere andati presso la sede della ormai arcinota Ladisa a restituire un po’ del marciume che quotidianamente forniva ai reclusi del Cie di corso Brunelleschi.

E dopo la decisione dei dodici compagni di non accettare l’ennesima misura repressiva e di violarla quindi pubblicamente, dopo le molte iniziative inserite nella settimana di mobilitazione che hanno portato banditi, amici e solidali in strada, sotto le mura del Cie e del Tribunale nel giorno del Riesame, oggi arriva questa notizia.

Le iniziative previste nei prossimi giorni restano comunque in calendario e ci pare  importante partecipare per tutti coloro ancora costretti sotto misure, per i quattro compagni in sorveglianza speciale da gennaio e per gli altri quattro per cui nei giorni scorsi c’è stata l’udienza d’appello richiesta dai pm.

Per ora però ci concediamo il pensiero che la lotta paga!

Erezioni comunali 2016 – Milano 3 – 4 – 5 giugno
Non delegare – autogestisci!
L’art.4 del Testo Unico delle Leggi sulle elezioni della Camera dei Deputati dichiara: «L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un preciso dovere verso il paese». Ma quale dovere? Quale paese? Il voto nella democrazia parlamentare è sempre stato sinonimo di delega. Una delega che scioglie da ogni responsabilità e lascia come unico attore del dibattito pubblico un lamentoso brusio di sottofondo. Tutti a rivendicare l'importanza del voto e al sua insostituibilità di fronte alla minaccia dell'assolutismo. Solo per denunciare senza sosta, fra una tornata elettorale e l'altra, l'arroganza e la corruzione dei politici e della politica istituzionale. Ipocrisia di massa che porta alla schizofrenia sociale. Così come la partecipazione elettorale è solo un sottile e intricato inganno, anche l'astensionismo oggi è spesso sinonimo di disinteresse, qualunquismo, apatia e marginalità. Sempre meno viene rivendicato come atto politico di liberazione e di riappropriazione del proprio orizzonte di azione. Noi ci poniamo quindi senza mezze misure e inutili compromessi in un clima di lotta al sistema e alle sue mafiose elezioni: il nostro obiettivo è la formazione di un fronte rivoluzionario di tutte le tendenze sperimentali che siano in grado di incidere sugli scenari materiali della vita e di modificare la sensibilità ed i comportamenti attraverso la costruzione di «situazioni», ovvero di momenti di vita collettiva, legati al gioco, alla creatività, agli eventi. Per un’arte libera, autonoma, autodeterminata, strumento nella ricerca d’identità comunitaria e unicità del singolo. Una comunità di performer dove la musica diventa linguaggio, la danza e il teatro moti liberatori e la festa un vivere collettivo. Vogliamo così farci carico dell’orientamento trasgressivo della cultura ed il suo abbraccio come nostra vocazione, facendo della critica e della sperimentazione il nostro modo di essere. Una cultura che ponga dei dubbi e che crei innovazione sociale. Non quella delle vetrine con la cultura del disimpegno, della discontinuità, dell’oblio.. dell’EXPO! Vogliamo così invitarvi alla costruzione e alla partecipazione di una tre giorni di autogestione e pratiche libertarie il 3-4-5 giugno a Milano.
«Essere governato significa essere guardato a vista, ispezionato, spiato, diretto, legiferato, regolamentato, incasellato, indottrinato, catechizzato, controllato, stimato, valutato, censurato, comandato, da parte di esseri che non hanno né il titolo, né la scienza, né la virtù. Essere governato vuol dire essere, a ogni azione, a ogni transazione, a ogni movimento, quotato, riformato, raddrizzato, corretto. Vuol dire essere tassato, addestrato, taglieggiato, sfruttato, monopolizzato, concusso, spremuto, mistificato, derubato, e alla minima resistenza, alla prima parola di lamento, represso, emendato, vilipeso, vessato, cacciato, deriso, accoppato, disarmato, ammanettato, imprigionato, fucilato, mitragliato, giudicato, condannato, deportato, sacrificato, venduto, tradito, e per giunta, schernito, dileggiato, ingiuriato, disonorato, tutto con il pretesto della pubblica utilità e in nome dell’interesse generale. Ecco il governo, ecco la giustizia, ecco la sua morale»
Pierre-Joseph Proudhon

LE INFO VERRANNO DATE DA QUESTO INDIRIZZO A TEMPO DEBITO... taz.tracciabi.li

...per far si che le cose riescano è necessario l’ aiuto di tutti/e.
Partendo da un discorso di autogestione, ci si aspetta che ognun@ aiuti più che può per assicurare che la taz sia un divertimento ed un esperienza illuminante per tutte quanti.

Consigli pratici di sopravvivenza:
- trovarai un cartello dove poterti segnare volontari@ per cucinare, stare al bar o turni notte.
- in generale se vedi che c è qualcosa da fare in giro o c è bisogno d aiuto o di pulire, renditi parte attiva della TAZ e dai una mano.
- porta piatto, bicchiere, posate; dopo pranzo e cena ricordati sempre di lavarti il piatto, non delegare altre persone a pulire per te.
- cerchiamo di essere anche attenti/e allo spreco
- rispettiamo il posto evitando di gettare in terra rifiuti di ogni tipo, compresi mozziconi, tappi, lattine, cartacce...
- ci sono in giro tanti bidoni e sacchi della spazza… cercali!

RESPECT & ENJOY THE TAZ

“L’esercito combatte”, è il titolo delle giornate in ricordo della prima guerra mondiale che partono da Lecce il 21 maggio per spostarsi poi in altre città italiane.
Questo ennesimo tentativo di presentare guerra, soldati e armi da guerra come innocui e tutto sommato divertenti, impressiona e disturba profondamente.
La prima guerra mondiale che si intende ricordare è stata un massacro terrificante di generazioni intere di cui non c’è davvero nulla da esaltare, anzi, l’unico suggerimento che può dare è quanto faccia schifo combattere per la patria e quanto la patria, o l’economia ai nostri tempi, consideri meri numeri coloro che manda al fronte e mere variabili le conseguenze che possono derivare: case, ospedali, civili bombardati: i cosiddetti effetti collaterali. Oggi le guerre sono sempre più tecnologiche, ma allo stesso modo producono morti e distruzione. Non esiste alcun valore positivo da attribuire ad una macchina di morte o ad un soldato: sono solo strumenti nelle mani di chi intende accaparrarsi risorse, gestire un’area nel mondo, accrescere la propria egemonia. La patria e il nazionalismo sono, a volte, gli appigli ideologici per far nascere conflitti. Ma è di fatto l’Economia a utilizzare la guerra come mezzo di ristrutturazione o profitto. Se il crescente nazionalismo dei primi del Novecento ha portato ad una guerra mondiale, tragica e sanguinosa, oggi, allo stesso modo, si innalzano muri e barriere e si militarizzano le frontiere. La guerra dichiarata è contro i più poveri, gli erranti, coloro per i quali l’Economia e gli Stati hanno deciso che non esiste più un posto nel mondo.
Le giornate come quelle in programma vogliono insinuare la normalità della presenza militare, nelle città come nelle strade. Una logica militare gerarchica e oppressiva viene presentata come un modello eroico da ammirare. Si diffonde l’idea che il mestiere del soldato non sia fare la guerra, e quindi ammazzare, ma aiutare la gente. Un aiuto che si è potuto vedere all’opera sempre più spesso, dalle torture e gli stupri in Somalia nel ’93, alle sevizie ad Abu Ghraib, all’"annichilimento” di Falluja, dove si massacravano uomini e donne ridendo e divertendosi. E mentre si prepara un’imminente operazione in Libia, cercano di far passare il messaggio che questa sia indispensabile per combattere lo Stato Islamico che commette attentati in Europa. Ma quegli attentati e quei morti sono il frutto di un ennesimo esercito e di un ennesimo Stato – seppure islamici –, oltreché l’effetto nefasto di una guerra che torna indietro; la conseguenza velenosa delle innumerevoli guerre che l’Occidente ha combattuto in tutto il mondo nell’ultimo quarto di secolo, fomentando l’odio nel cuore di molti che le hanno subite.
Disertare questo genere di manifestazioni è il primo passo per disertare una mentalità militarista che sempre più vogliono inculcarci, per tornare a gridare con forza: soldati assassini, guerre infami.

Antimilitaristi

[Diffuso a Lecce il 22/05/2016]

fonte: www.finimondo.org