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Raccontare il carcere a partire dagli episodi di conflitto che in esso e attorno ad esso prendono forma è uno dei tanti modi per ribadire l'inaccettabilità di un'architettura fisica di tortura e del paradigma di potere che rappresenta.

In questa rubrica vengono riportati alcuni aneddoti avvenuti dentro e nei dintorni del carcere di Cremona "Cà del ferro".

Nota:
Il Sappe è il sindacato autonomo dei secondini, il cui segretario generale è Donato Capace.

5 MARZO 2021
Alcuni fuochi d’artificio illuminano il carcere e la campagna adiacente con la quale si vorrebbe mimetizzarlo, confuso tra l’ospedale e la nuova edilizia modulare sempre più simile ad esso per angoscia e forma estetica. Ricordiamo come l’8 marzo dell’anno precedente, nel carcere di Cremona, come in tante altre strutture detentive presenti in Italia e nel mondo, scoppiava la rivolta contro le restrizioni imposte in seno alla diffusione epidemica; rivolta a seguito della quale, tra il carcere di Modena, Alessandria, Verona, Ascoli, Parma, Bologna e Rieti l’intervento delle forze armate provoca quattordici morti e diversi feriti.

14 FEBBRAIO 2021
Alcuni solidali si recano a ridosso della recinzione per salutare un amico arrestato il giorno precedente. Era da qualche giorno, infatti, che nel quartiere da lui frequentato era in corso un via vai tutt’altro che disinteressato di pattuglie e spioni senza divisa. Un tempo, nella Bassa, si sarebbe detto che si sono portati via uno della leggera: chi, tenendosi alla larga dal corporativismo del lavoro legale e illegale, sbarca il lunario violando la legge. A lui il nostro abbraccio.

8 GENNAIO 2021
Tre secondini vengono presi a calci e pugni da un detenuto. I sindacati non perdono l’occasione per rilanciare la pretesa di un organico rinforzato. Ricordiamo invece l’aumento delle privazioni per chi si trova in carcere dalla diffusione dell’epidemia e di come, in seguito alle rivolte della primavera scorsa, continui ad essere in corso un atteggiamento punitivo sia su chi si era ribellato, sia su chi ha provato a raccontare la brutalità della repressione che ne era seguita.

8 MARZO 2020
In serata nel carcere di Cremona, come in quasi tutte le carceri in Italia, scoppia la rivolta contro le ulteriori restrizioni imposte dal decreto del governo per l'emergenza del Corona Virus, come, per esempio, i colloqui interrotti fino al 31 maggio. Tre sezioni del carcere vengono messe a ferro e fuoco dai prigionieri. Dalle gabbie le urla di libertà echeggiano nel circostante.

13 GENNAIO 2020
Alcuni muri della città ci parlano della solidarietà a Paska e dell’odio per qualunque gabbia. Durante la sua carcerazione aveva subito un pestaggio dalle guardie carcerarie durante un trasferimento. Tuttora si trova ai domiciliari dopo la sentenza dell’Operazione Panico. Non sono mele marce! Il monopolio della violenza dello Stato sta anche nella struttura carceraria, la quale lo rappresenta in maniera subdola nella devastazione fisica e psicologica della segregazione.

28 NOVEMBRE 2019
Prove di fuga al ospedale di Cremona per un giovane detenuto lì trasportato per un ricovero. Egli, dopo essersi rapidamente liberato di tutore e stampelle, tenta di fuggire correndo. Non è dato sapere fino a dove sia riuscito a spingersi; mentre viene reso noto, con tanto di plausi agli aguzzini e di lamentele per l’organico malconcio, il triste epilogo: il detenuto viene braccato e nuovamente rinchiuso.

23 NOVEMBRE 2019
Un detenuto si conquista la libertà dopo averla assaporata durante il “permesso premio” a lui consesso, il quale gli avrebbe permesso di passare un pomeriggio fuori dalla prigione, lontano da sgherri e spioni.

22 GIUGNO 2019
Durante la “Due giorni kavernicola” a Tommy dedicata, un gruppo di amiche, compagne e solidali, si avvicina al carcere, in cui Tommy si trova imprigionato da circa tre mesi, salutandolo con cori e fuochi d’artificio. I detenuti rispondono fischiando e scambiando qualche battuta amara sulle condizioni di oppressione che vivono all’interno. L’iniziativa è stata anche l’occasione per ricordare lo sciopero della fame di Anna e Silvia, rinchiuse insieme a Natasha nella sezione AS2 del carcere dell’Aquila, ormai da venticinque giorni senza cibo per chiedere il loro trasferimento e l’immediata chiusura della suddetta sezione.

2 GIUGNO 2019
Alcuni solidali salutano i prigionieri e con il cuore Tommy, ancora rinchiuso a Ca’ del Ferro. Al megafono si è data notizia dello sciopero della fame delle compagne Anna e Silvia (a cui si sono aggiunti i compagni Alfredo, Stecco, Marco, Giova e Ghespe), in protesta alle condizioni di tortura che subiscono nel carcere de L’Aquila.

14 MAGGIO 2019
Per il compleanno di Tommy, ancora prigioniero nello schifo di una gabbia, alcuni solidali, con fuochi d’artificio contro le mura del carcere cremonese, fanno risplendere qualche luce diversa nella notte rinchiusa dei prigionieri.

27 APRILE 2019
Durante le due ore d’aria del sabato, un piccolo gruppo di solidali saluta Tommy e i prigionieri con un po’ di musica e dando notizia di quello che succede al di fuori delle mura. L’intervento degli sbirri non ferma la solidarietà.

19 APRILE 2019
Da una cena in solidarietà partecipatissima al saluto sotto il carcere per salutare Tommy e i prigionieri, il passo è stato breve. Urla e un po’ di casino sotto le mura di Ca’ del Ferro hanno tentato, ancora una volta, di spezzare le notti da incubo incarcerate…

12 APRILE 2019
Un gruppetto di compagne e compagni ritorna sotto le mura del carcere per salutare tutti i prigionieri e il nostro amico e compagno Tommy. La luce dei fuochi di artificio ha spezzato la grigia quotidianità.

8 APRILE 2019
Alcuni nemici delle galere ritornano sotto le mura del carcere di Cremona. Sotto un bellissimo sole si è comunicato con alcuni prigionieri per chiedere informazioni su Tommy. Si va via con qualche urlo di libertà. Nelle zone intorno al carcere compaiono scritte in solidarietà al compagno arrestato.

6 APRILE 2019
Nella serata un nutrito gruppo di solidali torna a salutare i prigionieri sotto il carcere. Le urla per Tommy, compagno arrestato venerdì, si susseguono insieme a botti e fuochi d’artificio contro le mura di Ca’ del Ferro. Come dire, toccare uno di noi è come reprimere tutti noi. Il fango del prato davanti al carcere non impedisce di esprimere la solidarietà verso Tommy. Scarpe (fangose) rotte, eppur bisogna andar…

5 APRILE 2019
Amici e compagni di Tommy, trasferito la sera stessa dentro il carcere per aver resistito ad un fermo di polizia, accorrono a ridosso delle recinzioni per salutarlo con calore. Nonostante l’ora tarda, la risposta dei detenuti è vivace e rabbiosa, aizzata anche dalla presenza degli sbirri che in modo repentino si avventano ad illuminare col blu delle sirene il buio della campagna circostante.

6 GENNAIO 2019
Un signore di 52 anni, detenuto nel carcere di Cremona, si toglie la vita impiccandosi in cella. Morire in carcere, al di là dei come e dei perché, significa morire stritolato dalle braccia dello Stato.

31 DICEMBRE 2018
Un gruppetto di solidali anticipa la mezzanotte per condividere con i detenuti qualche momento di solidarietà anche la sera dell’ultimo dell’anno. Cori di libertà e fuochi d’artificio vengono indirizzati verso la prigione, la quale rimane illumina a lungo da un torcia finita ai suoi piedi, mentre tutto intorno il fumo satura il buio.
Sono diverse le città, in Italia come nel mondo, nelle quali si sono organizzati gesti simili in solidarietà ai detenuti e contro il sistema carcerario; da anni, infatti, la notte di San Silvestro è scelta come occasione per manifestare la propria inimicizia verso una società che sorride e festeggia mentre schiaccia, abbruttisce e respinge i corpi di chi non condivide i suoi costumi.

17 NOVEMBRE 2018
La sera prima del presidio in solidarietà a Paska, rinchiuso nel carcere di La Spezia in sciopero della fame e malmenato dalle merde delle guardie, alcuni solidali sbucano nel buio per salutare i prigionieri di Ca’ del Ferro.
Fuochi d’artificio e il calore delle urla dei reclusi spezzano per un attimo la monotonia repressiva del carcere.

24 GIUGNO 2018
Tre secondini finiscono in ospedale per intossicazione dopo aver spento l’incendio che un detenuto aveva appiccato nella propria cella esigendone l’apertura in modo da poter passeggiare nei corridoi della sezione. Il Sappe non ha perso l’occasione per encomiare i suoi eroi affumicati, ma questa volta le circostanze dell’accaduto non hanno permesso di portare avanti il  solito attacco contro il regime quotidiano a celle aperte – già, il conflitto non è relativo al modo in cui si gestisce il carcere, è sostanziane alla detenzione stessa.

23 GIUGNO 2018
Un secondino viene ferito mentre cerca di  sedare “la folle intemperanza di un detenuto straniero”. Queste le uniche indicazione trapelate della cartastraccia locale attraverso il piagnucolio del Sappe, come se il ferimento di uno sbirro non possa essere mosso da ragione; come se le cause che portano a scagliarsi contro degli aguzzini, per il solo fatto di essere rivolte contro dei funzionari armati dello Stato, non possano che essere cause prive di senso. Ma ciò che dei torturatori definiscono come folle non può che suggerirci un comportamento messo in atto a partire da una certa dose di saggezza.

22 GIUGNO 2018
Un gruppo di detenuti abbozza una sommossa in solidarietà ad un ragazzo che non accetta di buon umore l’ordine di dover cambiare cella. Il prigioniero si è dapprima opposto con le sue sole forze, scaraventandosi contro due agenti e distruggendo l’arredo circostante; poi, una volta trasferito, la sua protesta ha trovato il supporto dei nuovi compagni di sezione, coi quali ha ripreso l’attacco agli agenti convertendo i suppellettili in oggetti contundenti. Il Sappe sfoggia il peggio della retorica cercando di invertire i rapporti di potere tra chi detiene la violenza e chi quotidianamente la subisce cucendo l’abito di vittima addosso ai suoi mercenari.

21 GIUGNO 2018
Alcuni solidali salutano i prigionieri con grida di libertà e spettacoli pirotecnici. Dall’interno della prigione il frastuono di voci e versi esplode in sincronia coi primi botti che illuminano quel pezzo di cielo ai margini della città, dimenticato dai più, osservato dai “non tanto meno” tramite lo spazio angusto di una grata. Che i muri crollino e la libertà evada!

3 APRILE 2018
Due detenuti vengono trovati prossimi all’impiccagione nella loro cella. Il segretario del sindacato dei secondini, Donato Capace, prende parola sulla carta straccia dei giornali locali pavoneggiandosi un po’ psicologo e un po’ sociologo nella pretesa di interpretare il gesto dei due uomini come messa in scena tesa ad ottenere una pena alternativa. Il significato dell’accaduto non può che essere custodito da chi lo ha messo in pratica, non certo dalle parole del loro aguzzino.

9 FEBBRAIO 2018
Un gruppetto di solidali, sbucato dai campi adiacenti la prigione al calar della sera, saluta i detenuti con urla e fuochi d’artificio. Con un megafono viene ricordato il ragazzo morto in quelle mura pochi giorno or sono, e ribadito come di carcere non si debba morire, ma nemmeno vivere: una società che per sussistere ha bisogno di una struttura del genere, non è una società che valga la pena di essere vissuta. Il baccano sviluppatosi dalle celle è stato particolarmente caloroso, uno strepito composta da battiture, grida di “libertà” ed invettive contro la polizia.

5 FEBBRAIO 2018
Un ragazzo di 28 anni perde la vita all’interno della propria cella. Gli aguzzini ipotizzano un suicido; ma, al di là dell’autopsia, al di là della – rispettabile – volontà o meno di questo ragazzo senza nome, morire dentro una patria galera significa andarsene da questa vita strozzati anche e soprattutto dalla mano dello Stato, della Legge, della sua Morale.

31 DICEMBRE 2017
Alcuni solidali tornano dietro le recinzioni del carcere per salutare i detenuti la sera di capodanno. Anche in altre città italiane, come in diverse città del mondo, si sono susseguiti concerti e manifestazione fuori dalle prigioni. Passano gli anni ma le strutture di imprigionamento e imbruttimento sociale rimangono le sesse.

25 DICEMBRE 2017
Un gruppo di ragazzi saluta i detenuti con alcuni fuochi d’artificio. Il gesto è ricambiato con fischi e grida provenienti dalle celle.

27 NOVEMBRE 2017
Quattro secondini finiscono in ospedale dopo essere stati malmenati da un detenuto che altro non pretendeva se non la sua libertà: stufo di dover aspettare fino alla fine del 2019 ha preteso con risolutezza una scarcerazione immediata. I giornali sbrodolano lusinghe e lodi agli agenti impegnati nel trattenere il ragazzo; mentre il sindacato di quest’ultimi, il Sappe, continua la sua pressione affinché si ritorni ad un’amministrazione carceraria che non preveda celle aperte e ore libere nei corridoi – richiesta avanzata con sempre più insistenza ad ogni occasione che li vede in difficoltà. Se ci fosse ancora bisogno di ribadirlo, non vi è altra soluzione alla detenzione se non la fine della struttura detentiva stessa.

9 NOVEMBRE 2017
Un detenuto dà fuoco alla propria cella come reazione alla mancata attenzione da lui richiesta. La coltre di fumo sprigionata costringe l’amministrazione ad evacuare l’intera sezione; mentre dodici detenuti vengono portati al pronto soccorso.

16 SETTEMBRE 2017
Una cinquantina di solidali sbuca dal buio della campagna per salutare calorosamente gli uomini imprigionati nel carcere. L’intervento repentino dei secondini non placa l’entusiasmo degli astanti che riversano sugli agenti il loro disprezzo nei confronti di galere e carcerieri. Il baccano creatosi all’esterno è ricambiato con grida e fischi dall’interno delle celle.

12 AGOSTO 2017
Un secondino si ferisce gamba e mano nel tentativo di domare un detenuto insieme al fuoco che egli aveva appiccato nella propria cella come megafono alle sue richieste. Il “Sappe” ne approfitta per chiedere un rafforzamento del proprio apparato operativo e per lamentarsi dell’attuale “moda gestionale” che riconosce al detenuto un aumento del tempo da trascorrere fuori dalla cella, auspicando così ad una forma di disciplinamento il più possibile partecipativa.

4 AGOSTO 2017
Un detenuto in regime di semilibertà si è dato alla macchia scappando dalla finestra della comunità in cui era costretto. Nei giorni precedenti anche in altre città si sono verificate alcune evasioni (Volterra, Fossano, Terni, Mamone, Civitavecchia, Milano). Mentre nel 2016 si contano 6 evasioni da istituti penitenziari, 34 da permessi premio, 23 da lavoro al esterno, 14 da semilibertà e 37 mancati rientri di internati. Rincuora costatare come nelle maglie dell’istituzione penitenziaria qualcuno riesca sempre a trovare dei buchi da cui fuggire.

21 LUGLIO 2017
Un saluto caloroso ravviva la nottata dei prigionieri di Ca’ Del Ferro. Un fumo denso sale dalla base di quelle maledette mura. Nella notte, in una stradona vicina al carcere per oscurare un po’ la vista da venerdì sera in qualsiasi squallida discoteca, appeso anche uno striscione malandrino che recita: “Solidarietà e Evasione per Davide. Libertà per gli arrestati di Amburgo. No G20 Riots. Daje Ric”.

21 GIUGNO 2017
Un gruppetto di solidali salutano in questa torbida estate i reclusi. Ricordando al megafono la tentata evasione di Davide Delogu, l’isolamento di Maurizio Alfieri e le lotte contro la censura di Alfredo Cospito in AS2, rompere l’isolamento diviene possibile. Qualche gioco pirotecnico in aria e a terra illuminano la notte. La risposta dei prigionieri è stata intensa, al punto da scaldare i cuori dei solidali e con la promessa di ritornare ancora sotto quelle mura infami.

24 MAGGIO 2017
Nella notte tra martedì e mercoledì un detenuto cerca di togliersi la vita impiccandosi nella propria cella. Da quanto si apprende dai giornali, l’uomo si trova ora in fin di vita presso l’ospedale di Cremona. Solo un mese fa, a fronte di uno dei tanti episodi di scontro tra guardie e detenuti, il sindacato di polizia penitenziaria, nel tentativo di tracciare una proporzione tra allentamento dei dispositivi punitivi e aumento dell’incapacità di gestire il tempo libero da parte dei detenuti, imputava l’aumento dei suicidi alla relativa estensione delle ore da poter trascorrere in sezione con le celle aperte.

15 APRILE 2017
Durante la due giorni in solidarietà alle compagne e ai compagni fiorentini colpiti dalla repressione, una trentina di solidali salutano i prigionieri con urla e qualche gioco visivo. Alla risposta calorosa dei detenuti le guardie si mettono di mezzo con una macchina di pattugliamento. Questo non ferma la solidarietà e il "dialogo" fra solidali e prigionieri. Panico fra le guardie nervose... A pochi giorni dalla festa della "liberazione" (quale?), liberare i dannati della terra sembra, ancora, del tutto necessario.

14 MARZO 2017
Sei giorni di prognosi per un secondino aggredito da un giovane detenuto. Il sindacato di polizia penitenziaria coglie la palla al balzo per lamentarsi dell'aumento delle ore libere in sezione, nonché dello scarso sforzo che il bel paese compie nei confronti dei rimpatri per i prigionieri stranieri. Come dire: "si, siamo sbirri, quindi razzisti e fascisti". Ogni riferimento agli starnuti scomposti dell'associazione "Libera" non è casuale.

19 GENNAIO 2017
Una ventina di solidali accorre fuori dal carcere per salutare i detenuti e per informarli sulla sentenza (sei mesi di lavori socialmente utili e seimila euro di risarcimento danni) avvenuta in mattinata a carico di un ragazzo accusato di aver gettato della merda al ristorante "Il Violino" in segno di solidarietà ai prigionieri che, nel settembre 2013, lanciarono un appello di supporto esterno in seguito ad alcune proteste avviate all'interno delle carceri italiane.

1 OTTOBRE 2016
Sabato sera in ospedale per un secondino aggredito da un detenuto. Il Sappe riferisce di una violenza immotivata; ma senza motivo è solamente la violenza che tutti i giorni non si riversa contro i gestori dell'architettura carceraria.

3 SETTEMBRE 2016
Luca, detenuto di 39 anni, viene ritrovato morto nel letto della sua cella. I giornali parlano di "morte naturale" ma, al di là dell'autopsia, c'è ben poco di naturale nel perdere la vita rinchiusi in una gabbia.

27 MAGGIO 2016
Un gruppetto sparuto di solidali saluta i prigionieri con musica, interventi e fuochi d'artificio a ridosso delle recinzioni. Da dentro si sente gridare "libertà".

19 MAGGIO 2016
Per protestare contro le proprie condizioni di restrizione, un detenuto si ferisce gravemente il corpo con una lametta. Solo nel 2015 sono 145 gli atti di autolesionismo contati nel carcere di Cremona.

23 APRILE 2016
Con l'acquazzone sopra la testa e il sole ormai tramontato, una trentina di solidali saluta con urla e fuochi d'artificio i prigionieri costretti all'interno del carcere. Da dentro, il gesto è ricambiato con grida di libertà e luci ad intermittenza dalle celle.

16 MARZO 2016
Un detenuto posto in regime di isolamento cerca di togliersi la vita. Il carcere di Cremona risulta essere quello con il maggiore numero di tentati suicidi in Lombardia.

18 OTTOBRE 2015
Un secondino finisce in ospedale dopo aver litigato con un detenuto. Il Sappe piagnucola per il clima di ostilità che i reclusi rinnovato ogni giorno nei confronti dei loro aguzzini.

25 FEBBRAIO 2015
Un secondino, dopo aver fatto orecchie da mercante, si ritrova sul corpo la tisana bollente di un detenuto che a più riprese aveva chiesto di essere portato in infermeria.

6 OTTOBRE 2014
Approfittando del via vai di muratori presenti nel carcere per alcuni lavori, un detenuto cerca di confondersi con loro nel tentativo di conquistarsi la libertà. Purtroppo è stato fermato prima che riuscisse a varcare l'uscita.

26 AGOSTO 2014
Alcuni detenuti del padiglione vecchio si rifiutano di entrare nelle celle, si coprono il volto, impugnano spranghe, distruggono telecamere e oggetti vari nella terza sezione, fanno scappare le guardie presenti e chiedono maggiore libertà. Un amico lì presente ci racconta come nella protesta si cantava "NO TAV liberi", slogan urlato a squarcia gola dai solidali accorsi più volte nell'ultimo periodo sotto quelle mura.

19 MARZO 1974
Contro lo spostamento del carcere da via Jacini a dove ora esso si trova, i detenuti allora rinchiusi si rivoltano: dopo aver distrutto interamente la terza sezione e in parte la seconda, salgono sul tetto urlando slogan contro il carcere, gli sbirri, lo Stato.
La struttura storica di via Jacini resterà in funzione fino al 1992, anno in cui diventerà operativa la struttura di via Cà del Ferro: dal cuore della città, il carcere viene spostato in periferia, lontano degli sguardi e dalle geografie degli individui.

UN MESSAGGIO

Anche se giunto in ritardo a margine di altre riflessioni, riteniamo importante rendere pubblico il messaggio, scritto nella seconda metà di luglio, che Chiara aveva indirizzato ai/alle partecipanti al campeggio itinerante estivo NO TAV.
Le righe che seguono sono state scritte in riferimento al fatto che tra le iniziative in programma durante la marcia, alcuni NO TAV abbiano proposto di consegnare ai sindaci dei paesi attraversati un drappo con su scritto MATTIA CHIARA NICCO CLAUDIO LIBERI, da far sventolare sui palazzi dei municipi. Tale iniziativa, come tutte le altre del resto, è stata ampiamente discussa nelle assemblee di inizio campeggio e, per rispetto delle differenti posizioni che animano il movimento, non è stata portata a termine.
“Fuori” abbiamo avuto la possibilità di aprire un dibattito in merito che ha portato anche alla produzione di un testo [1]. Chiara, che in quel periodo si trovava isolata nel carcere delle Vallette, ci inviava quanto segue:

AI NO TAV IN MARCIA TRA AVIGLIANA E CHIOMONTE
Accidenti! Pensavo di essermela cavata con il comunicato sulla solidarietà, e invece...
Bello, molto, sentire il calore di tanta gente che ti si stringe intorno a volerti fare da scudo. Faticoso, però, essere sulla bocca di tutti. Non si sa mai cosa può essere detto su te e per te. Scusate ma non ce la faccio proprio, da anarchica impenitente, ad immaginare una bandiera con il mio nome tra quella italiana e quella europea sul balcone di un municipio. Vabbè, lo so, finirà in un cassetto ma fa lo stesso. Che ci volete fare? Le idee sono dure a morire. Per fortuna. Vi voglio bene.
Chiara

per chi volesse, l'indirizzo a cui scriverle è:
Chiara Zenobi C.C. “Rebibbia” via Bartolo Longo, 92 00156 – Roma

1. http://www.informa-azione.info/no_tav_alle_compagne_e_ai_compagni_di_strada_e_di_sentiero

“Il racconto, il racconto per intero!”

(un + a chi ha colto l’oscura citazione)

Mi è stato dato ad intendere che ci siano idee vaghe sul mio luogo di detenzione, ammetto che io per primo quando mi hanno portato in matricola a S. Vittore per il trasferimento e mi hanno detto: “Cremona” , ho sgranato gli occhi e ho ripetuto incredulo: “Cremona?” Non sapevo neanche che ci fosse un carcere!

Durante il tragitto mi hanno dato l’opportunità di diventare nostalgico: Piazza Napoli, Ticinese, lo svincolo per Alessandria… Dopodiché, mi sono addormentato per risvegliarmi a Caorso e di lì a poco alla nuova dimora. Dopo un’attesa che a me è sembrata infinita, in una cella microscopica con dentro niente se non scritte di tutta la gente passata di lì, mi hanno fatto la visita di rito, perquisa e mi hanno detto che sarei andato nella sezione “C”, me l’hanno detto come se dovessi sapere cosa fosse.

A quanto pare la sezione “C” è l’unica sezione a celle chiuse di tutto il carcere, dove ci sono definitivi di lunga durata (anche 15-18 anni) e la gente che ha fatto casino nelle altre sezioni. Dopo due settimane a S. Vittore con celle aperte 12 ore al giorno e, per quanto affollate, più ampie del 4×2 (a essere generosi) in cui sono ora, l’impatto è stato forte. Il mio compagno di cella (uno zingaro di 23 anni) mi ha ribadito, come molte scritte sui muri, che questo è un carcere di merda dove non funziona niente…

Due giorni dopo l’hanno messo in un’altra cella ed è da allora che sono da solo. Superato l’impatto iniziale, però, mi sono abituato. Il fatto che le celle siano chiuse non rappresenta in realtà un grosso problema e tutti i detenuti della sezione (o quasi) affermano che si sta più tranquilli qui. L’ala nuova con celle aperte e da 3 persone (qui son da due, anche se ci sono stati tempi dove riuscivano a fare un tetris da 3), doccia in cella e tavolo dove mangiare, vengono descritte come più casiniste e infatti la maggioranza di quelli che hanno fatto casino durante i saluti erano proprio lì.

In molti mi hanno giurato che farebbero carte false pur di star soli in cella, e devo dire che non hanno tutti i torti. La sera tengo la tv spenta e con un sottofondo di cicale rispondo alle vostre lettere!

Ci concedono 4 ore d’aria al giorno + 2-3 di socialità. 3 volte alla settimana al posto dell’aria (che è un cubotto di cemento 15×20 con muri da 5 metri) si va in un simpatico campetto con calcetto, campo da tennis e mezza pista d’atletica: sì, è divisa in due.

Il cibo del carrello è spesso improponibile, si salva giusto l’insalata, la frutta (difficile farle male), le uova sode e poco altro. Tutti quelli che possono si cucinano per i fatti loro con il sopravvitto, anch’io mi sto organizzando in tal senso, anche se con i tempi della spesa ci vorrà un po’. Inoltre qui, per qualche assurda regola, non entrano i cibi fatti in casa, cosicché dovrò rinunciare alle leccornie che mi entravano a S. Vittore.

Se a S. Vittore si trovava qualche secondino esaltato o comunque convinto del suo ruolo (all’arrivo in matricola ne ho visto uno con una collanina d’argento con le manette… giuro!), qui tali elementi sembrano assenti. Svolgono il loro lavoro con lo stesso automatismo e la stessa naturalezza con cui lo farebbe un impiegato delle poste e, effettivamente, qui sembra che la tua vita sia in mano a degli impiegati comunali… Detta così fa rabbrividire, e un po’ a ragione, ma la burocrazia è oltremodo ordinaria, così si riescono ad attuare delle strategie di sopravvivenza e a entrare nel ritmo.

Devo dire subito che la rassegnazione qui è massima, talmente alta che sembra a volte che in molti cerchino di far finta di non essere in galera e sono disturbati da qualsiasi cosa glielo ricordi. Le grida di libertà arrivate da fuori sono state accolte da alcuni con molta indifferenza e, io credo, quasi fastidio. Libertà qui è una parola sussurrata (come “cazzo” alle elementari) che il vero detenuto, quello che sa farsi la galera (odiosa espressione del linguaggio carcerario), non pronuncia.

Ammetto che ci sia di sottofondo un’intenzione difensiva, se sai che devi stare chiuso come una gallina in un pollaio per degli anni, cerchi di mettere in atto degli strumenti psichici difensivi che ti permettano di resistere. C’è chi sta sulle sue e chi fa gruppo, chi fa il capo e chi il gregario, l’obiettivo non è il riscatto ma la sopravvivenza.

A questo bisogna aggiungere la questione dello sconto sulla pena. Ignoravo, prima di venire qui, che ci fosse una legge che garantisce 75 giorni di sconto per ogni semestre passato senza rapporti. Questo vuol dire 5 mesi di abbuono per ogni anno trascorso in buona condotta, non è poco per chi si deve fare le annate. Un siciliano oggi mi ha mostrato orgogliosamente i suoi 9 semestri di buona condotta. Se aggiungiamo a questo il fatto che ti possono fare rapporto per qualunque cazzata, dal litigio con un detenuto fino a rispondere male a una guardia, si capisce come con questo sistema siano riusciti a pacificare completamente la situazione nelle carceri. Sebbene un detenuto qui in sezione si vanti dei suoi 37 rapporti maturati in quasi 6 anni di detenzione.

I detenuti di lunga esperienza mi raccontano di una galera completamente diversa prima dell’introduzione di questo sistema. Pestaggi di guardie, rivolte scioperi. Tutto questo, per quel che ho potuto vedere, è del tutto sparito. Sono riusciti a scambiare la rabbia per la rassegnazione, rendendo per loro più gestibile tutto il carrozzone.

A S. Vittore avevo trovato qualche detenuto che usava la parola “compagni”, ma se già lì faticavano a mettermi a fuoco, qui non riescono proprio a capire chi io sia. Il più informato mi ha detto che una volta ha letto un articolo sulla Torino-Lione. Per farmi capire un po’ devo tradurre compagni con amici e solidarietà con famiglia.

Generalmente sono tutti sorpresi dai saluti e dalla mole di posta, nonché da qualche mio racconto sulle attestazioni di solidarietà: dalle raccolte di soldi ai numeri delle manifestazioni, non so dirvi quanto tutto questo sia apprezzato, ma genera molta curiosità, vedremo se si può infilare qualcosa di più.

I motivi della contestazione per i quali sono dentro sono abbastanza oscuri, anche alle guardie, ma la cosa in sé non è vista male e viene generalmente ricondotta ad un immaginario di rivolta. C’è chi mi chiama No Tav, BR o Acab, a seconda delle giornate. Gli stranieri sono quelli più solidali, e quelli meno avvezzi ai compromessi. Molti italiani che si atteggiano a “veri detenuti” ridono e scherzano con le guardie in un rapporto semi-amicale che a me lascia molto perplesso, ma d’altro canto molti dei secondini provengono dalle stesse zone d’Italia e condividono la stessa cultura, cultura si fa per dire, in senso sociologico più che letterario.

Questo è un luogo d’attesa. Sembra una bolla temporale rimasta al diciannovesimo secolo, un tempio della burocrazia dove ciecamente vengono applicate decisioni prese altrove da qualcun’altro. Il tempo non ha lo stesso significato che ha fuori. Si potrebbe fare un parallelo con la teoria della relatività, altrimenti non saprei come spiegarvelo. Le giornate passano lente, ma il tempo sembra volare, forse perché lo si spreca. Non c’è l’ansia di fare che c’è fuori, o meglio, c’è (di ansia ce n’è moltissima), ma sai anche che, se chiedi tramite modulo un manico di scopa, potrebbero passare anche 5 giorni. Vissuta per anni, una condizione del genere fa molti danni, basta guardare in faccia i miei compagni di sventura. Al momento io cerco di vivermela al meglio, come una specie di Erasmus nell’Ancièn Regime.

Un detenuto veneto una volta mi ha detto che qui mi sarei laureato anche in pazienza, e va bene, prendiamo anche questo titolo, non posso permettermi di farmi avvelenare il sangue, ne uscirei distrutto in pochi giorni. Ma non posso neanche dissociarmi al punto di non ricordare quanto mi facciano cagare questi posti e le persone che li amministrano.

Sarà un difficile equilibrio, ancora più difficile in una guerra di nervi quale è la galera, ma vincerò, ne sono sicuro.

Ora vi saluto perché vedo che la grammatica, l’ortografia e la lucidità stanno diminuendo rispetto alle prime righe. A far niente ci si stanca moltissimo.

A sarà düra!

Un abbraccione gioioso a tutti e tutte!

Fra »

Tradotto in italiano a partire dalla traduzione francese: http://non-fides.fr/?Israel-Palestine-j-appelle-les#nb1

Israele-Palestina: “Faccio appello ai soldati semplici ed ai riservisti affinché rifiutino di obbedire agli ordini e non partecipino al massacro”.

Dichiarazione di diserzione di un giovane israeliano

Udi Segal, giovane israeliano di 19 anni, doveva incominciare il servizio militare lunedì 28 luglio 2014. Nonostante sia obbligato per legge, come la maggior parte degli israeliani ebrei della sua età, a partire militare una volta finito il liceo, Udi ha rifiutato.
È uno di quelli che vengono chiamati refuznik (in ebraico sarvan, da sirev: “ha rifiutato”), come gli altri giovani che rifiutano di servire in Tsahal. Alcuni di loro rifiutano di prestare servizio nei territori palestinesi occupati, altri rifiutano di essere incorporati del tutto, come nel caso di Udi.

Nel 2005 si contavano più di mille refuznik, in un paese di otto milioni di abitanti, logorato da uno stato di guerra permanente e dal patriottismo che automaticamente ne deriva, a cui piacerebbe dividere la società israeliana in due campi: i patrioti ed i traditori della nazione, “traditori della nazione” che sono ultraminoritari e molto mal visti.

È difficile per noi, che viviamo nel cuore dell’Europa pacificata, comprendere il clima che, in Israele come in Palestina, esorta ogni individuo al nazionalismo gregario, fino a riuscire ad inscriversi nel DNA della società. È nostra responsabilità, in quanto anarchici ed anazionalisti, diffondere la parola e gli atti di quelli che rifiutano queste logiche di morte, da un lato e dall’altro della frontiera. Soprattutto quando gli spazi di contestazione sono, in genere, anch’essi contaminati da questo clima1.

Vi proponiamo quindi questa dichiarazione di Udi, a cui auguriamo forza, coraggio e determinazione per andare avanti, per farla finita con il nazionalismo ed il patriottismo.

"Mi chiamo Udi Segal, ho 19 anni, vengo dal Kibbutz Tuval, al nord d’Israele; qualche mese fa ho firmato la lettera degli obiettori di coscienza del 2014, che è stata mandata al Primo ministro; fino ad ora essa è stata firmata da 130 disertori. Nella lettera, noi dichiariamo il nostro rifiuto di servire nell’esercito israeliano. Le ragioni principali sono l’occupazione e l’oppressione continua del popolo palestinese, che si esprime attraverso sussidi sociali diversi, il disprezzo dei [loro] diritti, e l’assassinio, tuttora in corso, di 600 persone nel corso dell’ultima operazione a Gaza2. Inoltre, il servizio militare contribuisce al militarismo israeliano. Io per esempio, in quanto uomo, ebreo e aschenazita3, e quindi più suscettibile di avere un impatto sulla società israeliana e di cavarmela, poiché vengo da un ambiente sociale dominante, più incline al militarismo israeliano, un ambiente al quale io mi oppongo con forza.

Anche se non ci fosse l’occupazione, io rifiuterei di servire nell’esercito, perché esso perpetua un sistema politico, nazionalista e capitalista al quale io rifiuto di partecipare e che è utile soltanto a qualcuno. Non penso che l’operazione militare in corso a Gaza mi protegga. Le operazioni militari non mi proteggeranno, esse non faranno altro che provocare nuove operazioni militari, come è successo con l’operazione Piombo fuso [2008-2009], che non ha fatto altro che portare all’operazione Pilastro di difesa [novembre 2012] e che continua oggi con l’operazione Margine di protezione, che probabilmente porterà anche lei ad altre operazioni militari. Quello che [ci] proteggerebbe sarebbe una pace giusta, che riconosca l’ingiustizia fatta ai palestinesi. Non si potrà realizzare la pace fintantoché un popolo sarà oppresso, occupato e circondato da un muro. Questa popolazione non ha abbandonato il suo desiderio di libertà e non conta sull’eventuale compassione di quelli che lo tengono sotto occupazione, allora non aspettatevi di vivere sicuri in una situazione del genere. A quelli che pensano comunque che mi stanno difendendo, in una tale situazione, se il prezzo da pagare per la sicurezza è di 600 morti a Gaza, questo tipo di sicurezza non mi interessa.

Il mio rifiuto di servire sarà difficile per la mia famiglia. Mio fratello è sotto le armi e potrebbe essere a Gaza quando io mi ritroverò in prigione, spero che ciò non creerà dei conflitti insolubili… E oltre a ciò, per causa mia, la gente guarderà con sospetto i miei genitori ed i miei fratelli. Io penso di contribuire alla società israeliana, ma mi sembra importante precisare che la mia azione non si iscrive all’interno di una visione patriottica o sionista, ma in una visione globale, una globalità che include Israele. Penso che l’occupazione sia un ostacolo e che essa sia dannosa per gli israeliani.

Molti amici della mia età si sono arruolati nell’esercito. Io stesso provengo da un ambiente militarista, la mia scuola ha una delle più alte percentuali di reclutamento del paese4. Si, ci sono molte persone che hanno smesso di rivolgermi la parola e che mi hanno messo all’indice a causa della mia scelta. Ma si tratta forse di una buona selezione fra le mie amicizie, poiché ho anche degli amici che si sono arruolati ma che sono rimasti al mio fianco. Ho scelto di andare in prigione perché sfortunatamente gli israeliani ascoltano più facilmente quelli che sono pronti a sacrificarsi e a pagare il prezzo. La prigione mi priverà della libertà, è qualcosa di difficile da concepire, perché fin qui non ho conosciuto che il “fuori”, in una libertà tutta relativa. In più, per quelli che rifiutano l’occupazione, le condizioni di detenzione possono essere particolarmente dure, come mostra il caso di Uriel Ferera, recentemente incarcerato. Ha rifiutato di vestire l’uniforme e subisce delle umiliazioni a causa del suo ambiente tradizionale.

L’obiettivo che la mia diserzione sottende è la fine dell’occupazione. Ma, tenuto conto della realtà attuale, ciò che é importante adesso é che gli israeliani, in particolar modo gli adolescenti che si avvicinano al momento della coscrizione, aprano gli occhi, riflettano al senso dell’occupazione e a quello che significa servire nell’esercito.

Per quanto riguarda l’operazione in corso a Gaza, faccio appello ai soldati semplici ed ai riservisti affinché rifiutino di obbedire agli ordini e non partecipino al massacro.

Udi Segal"

Udi Segal ha risposto “Mi rifiuto” all’ordine di coscrizione, lunedì 28 luglio a mezzogiorno, accompagnato da circa 70 solidali, ebrei ed arabi (fra cui altri refuznik), tutti presi di mira da una contro-manifestazione di patrioti di merda, riunitisi in tutta fretta per mezzo della fogna Facebook. Udi è attualmente detenuto in una prigione militare.