Nel suo attacco alle lotte, lo Stato sta sia allargando l'utilizzo della differenziazione che estendendo l'imposizione del processo in videoconferenza, inizialmente limitato a prigionieri in 41 bis.
Il 22 maggio inizierà il processo contro 4 compagni/e, Chiara, Niccolò, Mattia e Claudio [1], accusati di un attacco al cantiere TAV di Chiomonte. Qualche giorno dopo, il 26 maggio, ci sarà anche l'apertura di un altro procedimento, a carico di Gianluca e Adriano [2], compagni accusati di alcune azioni dirette contro enti e strutture
coinvolte nella devastazione della Terra. Tutti sono accusati di terrorismo e si trovano ora rinchiusi in sezioni di Alta Sorveglianza.
Per loro il DAP (Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria) ha chiesto il processo in videoconferenza, uno strumento già imposto ad alcuni di loro in diversi procedimenti e ad altri prigionieri che in carcere non hanno chinato la testa (come Maurizio Alfieri e Valerio Crivello [3]).
Lo strumento della videoconferenza mira anzitutto a impedire le uniche occasioni di uscire dal carcere e di incontrarsi in aula con compagni e solidali, impedisce il lavoro dell'avvocato difensore (che, di fatto, non può consultare in privato il proprio assistito) e rende impossibile agli imputati rivendicare in aula le ragioni della propria lotta.
Inoltre, giudici o giurie popolari non saranno più chiamati a pronunciarsi su una persona in carne ed ossa, ma su una figura virtuale, distante e già marchiata come pericolosa, con tutto quello che ciò comporta.
Contro la videoconferenza, le sezioni speciali e l'isolamento, proponiamo, dal 22 al 26 maggio, delle giornate di lotta diffuse nei vari territori.
Lun, 12/05/2014 - 09:26
Solidali e Compagni/e degli inquisiti