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Nella mattinata di mercoledì 10 aprile si è svolto il processo a carico di Tommy, un nostro compagno che ha tentato di resistere ad un fermo di polizia sotto casa di un fascista (che nei giorni precedenti si era messo in mostra con alcune provocazioni vigliacche) nel pomeriggio di venerdì 5 aprile. Fuori da un tribunale militarizzato, un gruppo di compagne e compagni ha espresso la propria solidarietà ribadendo che è giusto attaccare polizia e fascisti. Durante il presidio alcuni giornalisti hanno cercato di rendere omaggio al loro lavoro di infami (ben protetti dalla polizia) ed è volato qualche insulto nei loro confronti, soprattutto alla nota giornalista de ''La Provincia'' Francesca Morandi, confermandosi avanguardia dei pennivendoli di regime nostrani.

Dopo circa un'ora è uscita la sentenza: un anno, otto mesi e dieci giorni di reclusione per Tommy per le accuse di resistenza, danneggiamento aggravato, lesioni, minacce e oltraggio. Nelle prossime ore capiremo se verrà accolta la richiesta di scarcerazione, se dovrà scontare la detenzione domiciliare o rimarrà in carcere.

Dopo la sentenza alcuni refrattari all'autorità hanno passeggiato nelle vie del mercato, volantinando e passando a trovare l'amato Sindaco Galimberti davanti alla sua sede elettorale insieme ad una soave musica di protesta. Ci si è fermati inoltre nel luogo dove è stato arrestato Tommy ribadendo la propria complicità con il compagno e l'odio per i fascisti, senza dimenticarsi qualche regalino sul portone di casa della merda fascista (luogo trasformatosi magicamente in bar per la stampa locale).

Nel ringraziare tutte le amiche e gli amici, i compagni e le compagne che hanno portato la loro preziosissima solidarietà a Tommy, non resta che ribadire: «… Contro sbirri e fascisti, più vetri rotti! Ribaltiamo questo mondo… Tommy libero! Tutte e tutti liberi!».

Ieri pomeriggio un compagno di Cremona è stato fermato da tre volanti della polizia e da due digossini sotto casa di un fascista. Nei giorni scorsi quest'ultimo si è messo in mostra per alcune provocazioni.

Gli sbirri hanno cercato di portarsi via il compagno e nel mentre è stato buttato a terra al rifiuto di entrare in una delle macchina della polizia. Ne è nato un parapiglia, nel quale un finestrino di una macchina delle merde in divisa è andato in frantumi. Gli sbirri hanno usato anche lo spray al peperoncino contro un persona già ammanettata. Portato via, si è formato un presidio di solidarietà sotto la questura di Cremona, per non lasciare solo il fermato.

A sera, tramite l'avvocato, abbiamo saputo che al nostro compagno è stato convalidato l'arresto per resistenza, danneggiamento, lesioni, porto di oggetti atti ad offendere e minacce. In serata un caloroso saluto ai detenuti al carcere di Cremona ha rotto la monotonia di quel luogo di tortura, con l'auspicio che l'arrestato abbia sentito da dentro.

Nella giornata di oggi, sabato, il nostro compagno è stato processato per direttissima. Fuori dal tribunale un presidio di solidarietà ha ribadito che è giusto opporsi a fascisti e polizia. Il giudice ha disposto una nuova udienza per mercoledì prossimo 10 aprile. Essa sarà un'altra occasione per portare un pizzico di solidarietà a Tommy che rimarrà in carcere almeno fino alla prossima udienza.

Rimanere a guardare indignati gli scempi del Bullo dell'Interno Salvini, in continuità con lo sbirro mancato Minniti, i morti nel mar Mediterraneo, il funzionamento dei lager di Stato chiamati CPR, gli inetti congressi nazisti di Verona e l'odio razziale di alcuni in quel di Torre Maura non ha senso per noi. Per questo tutta la nostra solidarietà e complicità va a Tommy. Il nostro cuore è con te.

Sappiamo che i tempi sono duri per chi vuole tentare di ribaltare questo mondo, ma la nostra passione per la libertà è più forte di ogni autorità.

Più finestrini delle macchine della polizia rotti!

Tommy libero! Tutte libere!

anarchici

È la metafora con cui per alcuni secoli, a partire da una frase del poeta latino Giovenale, si è indicato un fatto ritenuto impossibile. Poiché l’esperienza comune insegnava che tutti i cigni sono bianchi, l’esistenza di un tale animale dal piumaggio scuro veniva percepita come un’assurdità che mai si sarebbe materializzata. Ma poi, all’inizio dello scorso secolo, alcuni esploratori in Australia si trovarono davanti un esemplare di Chenopis Atrata — un cigno nero.

Da allora con «cigno nero» si intende un fatto inaudito, imprevedibile, inaspettato, il cui verificarsi potrebbe avere un forte impatto giacché con la sua stra-ordinarietà metterebbe fine a quella che viene considerata una norma generale indiscutibile. Ad esempio, in campo finanziario «cigno nero» indica un evento improvviso e catastrofico, impossibile da prevedere in anticipo, temuto dagli speculatori perché avrebbe come effetto il crollo dell’economia.

Ora, se la storia non procede strisciando — come vorrebbe il determinismo — ma a balzi, è proprio perché di tanto in tanto compare un cigno nero. E se ciò fosse possibile anche per il cosiddetto immaginario? L’apparizione di un’idea considerata inverosimile, inconcepibile, non potrebbe minare le fondamenta del pensiero più comune (trogolo di slogan di partito e spot pubblicitari, opinioni giornalistiche e cinguettii telematici), quello che riduce la fantasia più smisurata alle dimensioni di uno schermo?

Forse un’illusione destinata a svanire, comunque una scommessa da azzardare con testardaggine.

Abbiamo quindi deciso di porre sotto l’ala del Cigno Nero alcune iniziative pubbliche (proiezioni di documentari, dibattiti, mostre, rassegne cinematografiche…) che tenteranno di far avvistare il più insolito ed inatteso degli universi mentali, quello che vuole la libertà incompatibile con qualsiasi forma di potere. Sulla necessità, sulla ineluttabilità, sulla eternità di un dominio — in perpetua mutazione nelle sue numerose e talvolta contraddittorie varianti — è stata costruita l’intera civiltà. E la disponibilità alla servitù volontaria, il riflesso condizionato che fa scattare sull’attenti davanti ad un’autorità, si basa proprio sull’intima convinzione che la vita umana non possa fare a meno di gerarchie. Come se un’esistenza priva di ordini a cui obbedire fosse, per l’appunto, un’assurdità.

È nostra ipotesi, e nostro auspicio, che in ogni ambito della vita in questa civiltà, nessuno escluso, possa (e debba) apparire un Cigno Nero capace di sfidare la tradizione, di violare la sacralità, di sbriciolare il luogo comune. Ridando così senso, bellezza ed incanto ai nostri giorni sulla terra ed al mondo stesso che ci ospita, da troppo tempo soffocati da ragioni politiche, leggi di mercato, applicazioni tecniche e dogmi religiosi.

Il Cigno Nero non ha un nido. I suoi avvistamenti dipenderanno, nel tempo come nello spazio, dagli sforzi dei suoi appassionati ricercatori. A stimolo di intraprendenti curiosi che volessero a loro volta «guardare l’impossibile tanto da trasformarlo in una possibilità», le sue tracce verranno raccolte qui:

http://cignonero.noblogs.org

Il primo appuntamento è previsto per l’11 maggio.
I dettagli saranno annunciati nei prossimi giorni.

Un testo di due anni fa, ma molto contemporaneo...

Si sono introdotti in locali altrui, forzando la serratura, al fine di mettere le mani su una proprietà privata che non apparteneva loro. Ma chi ha dedicato la propria vita a quella proprietà, costruendola giorno dopo giorno, se n'è accorto. Furibondo, ha afferrato un fucile e li ha colti sul fatto. Cosa sia successo dopo è fin troppo chiaro, una fucilata ha abbattuto uno degli intrusi. Mentre i burocrati della giustizia passano il comportamento del derubato al vaglio dei loro tristi commi, chi sente scorrere il sangue nelle vene non ha dubbi: si è trattato di difesa, di legittima difesa. Un padano fa bene a fare fuoco su un rumeno, se questi gli entra in casa senza essere invitato e con le peggiori intenzioni! Il fatto sta accendendo gli animi e facendo discutere.
Noi non amiamo le frontiere, per cui la nazionalità delle parti in causa ci lascia del tutto indifferenti. Non amiano nemmeno la proprietà privata, per cui non proviamo alcuno sdegno davanti al tentativo dello sfortunato rumeno. Ma, in tutta sincerità, non possiamo fare a meno di ammettere che le ragioni avanzate dalla canea reazionaria non sono affatte peregrine. Prendersi una fucilata da chi si sta derubando è uno dei rischi del mestiere. Se quel rumeno voleva rubare senza correre rischi doveva farsi eleggere al Parlamento Europeo, mica fare il ladro! Se voleva lavorare in tutta sicurezza all'interno di quel ristorante poteva farsi sfruttare come lavapiatti, mica svaligiarlo!
È giusto, sì, è giusto così. Se l'è tentata e gli è andata male, inutile sollevare tanto polverone. I signori reazionari hanno ragione, pienamente ragione: si è trattato di legittima difesa. Stare ad arzigogolare sul fatto che la fucilata sia arrivata alle spalle del ladro-sporco-rumeno e da distanza ravvicinata (in contraddizione con la versione data dal legittimo-proprietario-pulito-padano) è pretesto da miserabili. Siate uomini, per Dio! Un essere umano ha trovato degli intrusi in casa propria ed ha fatto fuoco, punto e basta. Chi può negare il senso universale di un simile comportamento?
Già, chi? Noi no di certo, per cui ci uniamo al coro leghista: il padano ristoratore ce lo ha insegnato, abbattere gli estranei intrusi non è reato! Adesso tutti sapranno cosa fare nel caso in cui trovassero dei ficcanaso in casa. Sì, se riuscite a cogliere sul fatto chi forza la serratura della vostra abitazione al fine di impadronirsi della vostra intimità privata, non abbiate remore: fate fuoco! Forse non sarà un ladro dell'est, forse sarà uno sbirro dell'ovest, ma che differenza fa? Comunque sia, è entrato in casa vostra senza essere invitato e con le peggiori intenzioni. Se il sangue vi scorre nelle vene, non ci sono dubbi: ammazzatelo, è legittima difesa.
E se ciò è valido per la difesa della propria proprietà ed intimità, figuratevi in difesa della propria vita! Mai più casi Aldovrandi, o Uva, o Cucchi, o Magherini! Se degli estranei si avvicinano a voi, pretendendo di sapere i fatti vostri, pronti a devastarvi il corpo e a farvi la pelle, non abbiate esitazione: fate fuoco! Se degli estranei vogliono mettere le mani sulla vostra esistenza, avvelenando il cibo che mangiate, inquinando l'aria che respirate, devastando le terre che abitate, speculando sul lavoro che fate, svaligiando i vostri sogni, impossessandosi dei vostri desideri, prosciugando le vostre aspirazioni, non abbiate alcuna pietà: fate fuoco!
Come direbbe senz'altro il signor Salvini, si tratta di legittima difesa.

Finimondo, 15/3/17

Il tizio sorride ai fotografi, con gli occhiali da sole pigiati sul naso e le cime innevate sullo sfondo. Giunto la sera di giovedì in una località sciistica degli Alti Pirenei, ha previsto di trascorrervi il fine settimana. Quest’uomo è il Presidente della Repubblica. È venuto a festeggiare in tutta tranquillità la fine del Gran dibattito, il cui obiettivo era quello di incanalare sui binari istituzionali un movimento di rivolta che ormai dura da quattro mesi. Sabato 16 marzo, a metà pomeriggio, questo stesso uomo, ora col volto contratto, è costretto ad interrompere la sua vacanza in tutta fretta. Poco prima, la sindaca del distretto più ricco della capitale, ebbra di rabbia, ha chiesto di decretare lo stato di assedio per affidare all'esercito funzioni di polizia. Poche ore dopo, un Primo Ministro quasi livido sbraiterà a più non posso, lanciando strali a casaccio contro gli atti dei «teppisti, saccheggiatori, incendiari, criminali». E pure «assassini», ci tiene ad aggiungere senza batter ciglio il suo specialista in terrorismo di Stato. È il 18° sabato consecutivo, e il potere è stato ancora una volta colto di sorpresa: impegnato a iperproteggere il suo piccolo triangolo composto da ministeri, ambasciate e Palazzo Presidenziale, ha dovuto cedere terreno al cospetto di una rabbia e di una determinazione che hanno devastato la più grande vetrina del paese. E questa volta senza alcun riguardo. Sabato 16 marzo, a fine mattinata, ce n’era per tutti i gusti sugli Champs-Elysees. Le lussuose gioiellerie di Bulgari, Mauboussin e Swarovski saccheggiate dopo che le pesanti protezioni erano state divelte, così come la boutique Celio i cui abiti sono stati condivisi al volo, o i negozi di cosmetici Yves Rocher, la gastronomia di Macaron Ladurée, i grandi magazzini di Tara Jarmon, Zara, H&M e Lacoste, i negozi di elettronica Samsung, di smartphone Xiaomi, di calzature Weston, del PSG, di pelletteria Tumi e Longchamp, o ancora nel disordine i negozi di Hugo Boss, Eric Bompard, Nespresso, Etam, Al Jazeera Perfumes, Nike, SFR, Foot Locker, Leon de Bruxelles, Disney, Gaumont e persino il cioccolataio Jeff de Bruges. Almeno 80 imprese attaccate, venti delle quali saccheggiate, devastate o incendiate, senza contare tutte quelle che si trovavano sul percorso di manifestazioni selvagge. Ben poche sono state risparmiate durante questa giornata di apertura al pubblico sugli Champs, malgrado i 200 manifestanti arrestati e i feriti una giornata di sole che è riuscita a combinare altre discipline olimpiche non ufficiali, come il lancio di pavé disselciato o l’incendio volontario (in particolare quello del ristorante Le Fouquet's, del mezzo di un cantiere e di altri veicoli, compreso uno della polizia di fronte al commissariato des Halles). Quando abiti e gioielli di lusso cominciano a svolazzare gioiosamente in aria al grido di «rivoluzione! rivoluzione!» ed altri beni finiscono in fiamme o in svariati pezzi, non si può che riflettere sul tempo strappato allo sfruttamento, sul lavoro che schiaccia carne e neuroni giorno dopo giorno in cambio di poche briciole. Ma il conseguente saccheggio di tutti questi beni che ci imprigionano tocca anche un'altra dimensione, quella della sua ultima ratio, come è stato detto a proposito delle rivolte dei Watts: colpisce la funzione stessa della polizia, una delle cui ragioni d’essere è appunto quella di ottenere che il prodotto del lavoro umano rimanga una merce la cui magica volontà è di essere pagata. Sospinto da una folla eterogenea, questo Sabato parigino ha così espresso in modo eclatante una buona vecchia pratica di rivolta che non si può dire che manchi in molte altre città (come Tolosa, Bordeaux o Montpellier) fin dal mese di dicembre: spaccare le vetrine che quotidianamente si fanno beffe di noi, ma soprattutto cercare di passare dietro cogliendo l’occasione di prendere o distruggere ciò che proteggono. Con le dovute cautele, fracassare lo specchio della normalità e ritrovarsi dall'altra parte potrebbe persino rivelarsi ancora più sorprendente. Poiché, oltre al temporaneo rovesciamento dello spazio e del tempo del dominio, è la stessa prospettiva che potrebbe essere ribaltata. Una volta infranto il fascino della vetrina, una volta che lo sguardo è capace di proiettarsi oltre la sua facciata, perché dovrebbe fermarsi in effetti un così positivo cammino? La libertà e la rabbia non sono altrettanto contagiose della passività e della sottomissione? L'immaginazione e la perspicacia non sono qualità per coloro che vogliono andare ancora più oltre? E in tal caso, perché lo sguardo non può continuare a vagare a piacimento, non solo dietro le vetrine ma anche in tutte le altre direzioni, in basso o in alto, dove proliferano i flussi che le alimentano? Sotto i nostri piedi o magari sopra le nostre teste. Come un modo per continuare a eliminare il problema, e direttamente alla fonte. In diecimila un sabato sugli Champs-Elysees, in pochi durante la settimana ovunque si desideri. (Traduzione: Finimondo)

Fonte: Avis de Tempetes

Avis de Tempêtes Numero 15 PDF