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Allo scopo di trovare una soluzione alla loro ingestibilità, per affrontare preventivamente un aumento delle problematicità legate alla tipologia e quantità dei futuri flussi migratori, i Cie, lungi dall’aver mai avuto una funzione altra rispetto a quella di deterrente collettivo, stanno subendo delle modifiche parziali, sia strutturali che gestionali. La direzione seguita è quella di un processo ipotetico di maggiore razionalizzazione, funzionalità, economicità gestionale e controllo interno.
Lo scopo per cui è nata la detenzione amministrativa degli immigrati si può dire raggiunto?

La risposta a tale quesito è estremamente difficile. Ciò che possiamo fare è cercare di fotografare la situazione attuale, cercare di mettere insieme i diversi accadimenti relativi alla detenzione amministrativa in Italia e comprendere quale direzione i Cie stiano intraprendendo. Lo scopo di una ricerca come questa, è inutile dirlo, resta sempre e comunque quello di conoscere meglio il nostro obiettivo, capirne meglio le caratteristiche per comprenderne meglio i punti deboli.

Di Cie tanti ne parlano, ne versano lacrime e ne denunciano le angherie, tanti, davvero tanti, anche i più improbabili ne chiedono la chiusura. Questo sembrerebbe giusto e animato da buoni propositi, ma non è proprio tutto oro quel che luccica. Le richieste di chiusura, senza considerare l’assurdità del fatto che sono indirizzate alle stesse istituzioni che i Cpt/Cie hanno istituito, non fanno che proporre un diverso modo di gestione dell’immigrazione, una riforma che renda forse più umani i Centri o che ne proponga altre versioni.

L’esperienza della riforma degli Opg dovrebbe aver insegnato molto in merito. Una prigione non può essere resa più umana, non esiste un modo più giusto per identificare e controllare. Le frontiere dovrebbero solo scomparire, tutte le carceri essere abbattute. Per questo i Cie non dovrebbero essere chiusi, ma distrutti, incendiati, danneggiati.
“Fuoco ai Cie” al posto di “chiudere i Cie”, come tanti reclusi in rivolta ci hanno insegnato, ci sembra il modo migliore per affrontare la questione.

ti ricordiAlla fine c’è riuscito.

Nonostante i tanti tentativi degli avvocati e delle avvocate della difesa di ostacolare  e rimandare questo momento, giovedì 24 settembre il PM riprenderà la sua squallida requisitoria.

Ci eravamo lasciati a una requisitoria farsa affidata completamente alle immagini di un filmato.
Un montaggio stile giornalismo d’assalto, che va tanto di moda oggi, sugli avvenimenti avvenuti il 15 ottobre 2011 per le strade di Roma. Un filmato che descriveva quella giornata di rivolta con la chiara volontà di utilizzare, ancora una volta, il reato di “devastazione e saccheggio” per condannare chi ha partecipato al corteo
.
Nell’udienza dell’11 maggio era stata di nuovo impedita la requisitoria del P.M. Era stata infatti presentata un’istanza della difesa in merito ai video della scientifica, su cui si basava la requisitoria dello scorso 27 febbraio: quei video erano davvero un pastrocchio mal orchestrato, anche per i valenti uomini della Questura e della Procura. Alcuni senza audio, altri montati a casaccio, altri ancora non corrispondenti al montato finale. Veramente una zozzeria il lavoro consegnato dalla scientifica alla difesa.

Una schifezza a cui la Procura ha tentato di rimediare non depositando la copia completa dei video utilizzati, ma sferrando un colpo basso: sono stati depositati nuovi video a pochi giorni dall’udienza.
A quel punto, all’istanza di richiesta di acquisizione del materiale completo della polizia scientifica, si è aggiunta la protesta degli avvocati e il Tribunale non ha potuto che prendere atto del casino fatto dal P.M. Minisci e annullare in primis l’udienza del 12 Maggio, confermare quella dell’8 giugno e aggiungendone una per il 6 luglio.
In entrambe si è discusso della questione dei video presentati dall’accusa per dare il tempo necessario alla difesa di analizzarli e contestarli.

Il risultato finale è stato… il blocco della requisitoria.

Il P.M. ha ripetuto che una cosa del genere era inaudita, che non era quasi mai capitato che una requisitoria fosse interrotta… E’ vero. E’ una cosa rara.
Noi siamo ben felici che sia accaduto, contenti che sia stata rallentata la macchina repressiva dello stato.

Poi la prima doccia fredda: lo scorso 5 giugno la Cassazione ha confermato le condanne per alcuni compagni dell’Azione Antifascista Teramo per il secondo filone del processo 15 ottobre. In seguito alla conferma Davide Rosci è stato nuovamente portato in carcere dopo aver già scontato una lunga prigionia fra galera e domiciliari.

Infine, lo scorso 6 luglio il Tribunale ha rigettato tutte le istanze della difesa senza nessuna eccezione e ha fissato la nuova requisitoria per il 24 settembre, alla quale seguiranno le richieste di condanna.

E noi saremo lì, come sempre in questi 4 anni, a lottare al fianco dei compagni e della compagna che rischiano condanne pesantissime.

Giovedì 24 settembre, ore 9, presidio a Piazzale Clodio.

Perché chi si ribella non è mai sola/⁠o.
Complici e Solidali

Rete Evasioni

Lucio a casa

Lucio è nuovamente ristretto agli arresti domiciliari, dopo due mesi di carcere per essere evaso dai domiciliari uscendo sul pianerottolo davanti al proprio appartamento. Il giudice ha inoltre disposto che questa misura cautelare sia gravata dall’impossibilità di incontrare e parlare con persone diverse dai propri conviventi. A Francesco e Graziano, suoi coimputati nella seconda tranche del processo per il sabotaggio al cantiere di Chiomonte, è stato invece tolto questo divieto e possono così rincontrare e riabbracciare i propri amici e compagni.

macerie @ Settembre 20, 2015

E' notizia di ieri, ricevuta dai compagni, che Matteo, arrestato a giugno con l'accusa di devastazione e saccheggio per la rivolta del 24 gennaio di Cremona, non è più ai domiciliari. La misura è diventata obbligo di dimora  con rientro notturno a Lecce.

Una buona notizia. Il nostro pensiero va a Tide, Sbob, Mauro, Pippo, Andre e Tommy, antifascisti ancora ai domiciliari. Li vogliamo tutti liberi!

Il fascismo si combatte con ogni mezzo necessario.