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Sull'inizio del secondo grado del processo per devastazione e saccheggio sui fatti del 24 gennaio 2015 a Cremona:

1312 E I FRAMMENTI DI RIVOLTA DEL 24 GENNAIO

Martedì 13 dicembre al tribunale di Brescia, ore 11,30, si svolgerà il secondo grado del primo filone del processo riguardante i fatti del 24 gennaio scorso avvenuti a Cremona. L’agghiacciante accusa di devastazione e saccheggio è stata la risposta repressiva dello Stato, nei confronti di chi si è ribellato quel giorno per esprimere solidarietà ad Emilio, sprangato dai fascisti qualche giorno prima.

In primo grado tre persone subirono la sentenza di quattro anni ciascuno, più il risarcimento di 200mila euro per il Comune di Cremona, che si costituì come parte civile; oltre a questi, nel primo filone, ricordiamo che fu processato anche il delatore Aioub Babassi.

Nello stesso giorno al tribunale di Cremona, Kuljit, il ragazzo infamato dal delatore, verrà processato in primo grado anche lui con l’accusa di devastazione e saccheggio. Il 13-12 dovrebbe finire l’intero primo grado e parte del secondo, dopo che Sam e Gianmarco furono condannati a 10 mesi per resistenza e danneggiamento (insieme all’unica assoluzione di Filippo) nel secondo filone di questo processo, lo scorso luglio.

Lorsignori corrono veloci e vogliono fare in fretta per mettere una pietra tombale sulla stupenda giornata del 24 gennaio, di cui gli echi risuonano ancora a Cremona e altrove.

Il 13-12 saremo al tribunale di Brescia per portare avanti lo spirito di quella giornata.

Contro sbirri, fascisti, istituzioni e infami niente è finito, perché i frammenti di rivolta di quella giornata possano continuare a scaldare i cuori di chi sente che la libertà è un sentiero del tutto impervio ma imprescindibile per tentare di vivere una vita senza oppressione.

Alcune/i antifascisti/e di Cremona

 

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DEMOCRAZIA O LIBERTA'!

Molto spesso si sente dire in giro: “Questa non è Democrazia!”. Eppure, dalle guerre allo sfruttamento dei territori, fino allo spossessamento di milioni di individui nel mondo, sembra che tutto venga realizzato grazie anche alle regole democratiche che si adattano o si conformano alle necessità di cui l’Economia, di volta in volta ha bisogno. Prendiamo l’esempio dei diritti umani. Senza fare digressioni storiche o filosofiche che ci porterebbero a parlare, inevitabilmente, di inclusione ed esclusione, e prendendo per buona la loro essenza, essi – si dice a ragione – vengono calpestati in Paesi come Turchia o Israele che rappresentano delle perfette  democrazie. Funge da esempio la più grande democrazia del mondo, gli USA dove, periodicamente, i neri vengono assassinati in strada dalla polizia. Fino ad arrivare all’elenco lunghissimo dei morti ammazzati nel Bel Paese per mano, anche qui, delle forze dell’ordine.  Certo, sono argomenti facili se vogliamo, ma il problema è che questi episodi non sono affatto  errori o eccezioni opera di mele marce, sono parte intrinseca di un sistema di diritto in cui coloro che hanno il potere hanno il monopolio della violenza e governano sul resto dei sudditi, imponendo loro qualsiasi decisione: economica, ambientale, militare, sociale ecc.  La farsa della partecipazione serve solo a consolidare il sistema. Altre volte capita di sentire: “Questa non è Democrazia, ma Fascismo”. In effetti un controllo sempre più asfissiante, un azzeramento delle conoscenze e delle esperienze e una rappresentazione che sempre più si sostituisce alla realtà, sembra paventare un totalitarismo altrettanto insidioso e invadente. Eppure il Fascismo, almeno in Italia, lo si è conosciuto per quello che era: un regime autoritario, gerarchico e monopolizzante che non consentiva alcuno spazio al di fuori di esso e reprimeva il dissenso con la censura, la tortura e la morte. Le similitudini possono anche farsi, ma è bene considerare anche le differenze e grazie a ciò riconoscere coloro che, come i gruppi neo fascisti, vorrebbero ritornare a quell’epoca. Ad un certo punto, molti anni fa in Italia, alcuni decisero che quel monopolio della violenza doveva cessare e impugnarono le armi contro il regime fascista. E ciò avvenne da subito e oltre la fine di quell’esperienza. Proclamata la Repubblica, molti partigiani rimasero in carcere anche alcuni decenni oltre la fine della guerra, mentre tutti i fascisti  vennero liberati e tornarono a riprendere il posto che avevano occupato prima. La Costituzione che si dice nata dalla Resistenza, non ha difeso allora coloro che si erano battuti per eliminare la sopraffazione fascista; non è servita poi quando lo Stato ha messo le bombe sui treni e nelle  piazze, non ha funzionato quando l’Italia è andata in giro per il mondo a esportare guerra e democrazia con torture e massacri come in Libia, non serve oggi, quando il Mediterraneo si riempie di morti. Il Si al Referendum vorrebbe accentrare il potere in mano al governo e rendere più difficile la partecipazione di altri poteri, il No vorrebbe difendere o aumentare la Democrazia.
Ma per aumentare la libertà non servono né l’uno né l’altro. Serve l’autodeterminazione a spazzare via questo modello da sempre iniquo e totalizzante.
Biblioteca anarchica occupata Disordine
Via delle giravolte 19/a Lecce

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CERTI GESTI PARLANO DA SOLI!

Pensare che il Fascismo sia ormai il passato può essere un errore grossolano se si guarda invece all’espandersi di gruppi neofascisti e neo xenofobi che alimentano e soffiano sulla paura nei confronti del diverso e dello straniero.  Sostenuti in questo dai media che, quotidianamente, colonizzano le menti, associando ai problemi di casa e lavoro le questioni riguardanti l’immigrazione e facendo passare l’idea che la causa di tutto siano proprio gli stranieri. Omettono naturalmente di dire che il problema sono coloro che innalzano muri e frontiere e sfruttano e devastano in giro per il mondo. E per far ciò non si fanno problemi di razza o di lingua, poiché l’unica che riconoscono è quella del denaro e del profitto.
Utili pedine a fomentare la guerra tra poveri, i neofascisti appartenenti a gruppi vari, Casapound o Forza Nuova, continuano a parlare di cadaveri: patria, identità, razza, suolo, proponendo modelli autoritari e gerarchici. Niente di più insopportabile e vetusto, se non fosse che tali concetti servono appunto all’Economia e alla politica che l’amministra per alimentare paura e terrore. A quanto pare alcuni di questi neofascisti, locali e non, se ne andavano in giro, quest’estate, per le strade di Lecce, molestando ragazze, sentendosi in branco maschi e virili, terrorizzando chi portava una maglietta di sinistra o chi, straniero, dormiva su una panchina e cercando in giro, i nemici dei fascisti. E a quanto pare i nemici dei fascisti si sono presentati!  Come sempre accade, subito dopo è intervenuta la repressione e ha avuto la meglio, riuscendo  a trasformare in docili agnellini quei neofascisti che tentavano di incutere paura e terrore in strada. La repressione ha toccato anche gli antifascisti con misure cautelari che vietano la permanenza in città.  Poiché il nostro assillo è la libertà, non possiamo che dirci ancora una volta contro il fascismo ed esprimere la nostra solidarietà a chi resiste e si batte contro esso e per questo subisce la repressione;  ma poiché il nostro assillo è anche l’etica, il nostro disprezzo va a chi infama gli altri, a qualsiasi colore appartenga.
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In ventiquattro ore

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Beh, che ci fosse in questi giorni più marcio del solito nell’aria lo avevamo annusato. Quando la polizia ha fatto incursione ieri mattina in alcune case di Aurora a distribuire custodie e misure cautelari, all’occupazione di corso Giulio 45 alcuni compagni erano già sul tetto, altri occupanti erano sotto al portone per una colazione condivisa. Negli ultimi tempi infatti le ronde della polizia in borghese e dei carabinieri attorno all’isolato, qualche voce riguardo a un imminente sgombero e la consapevolezza delle trasformazioni del quartiere hanno messo all’erta gli abitanti. Ma di questo tanfo parleremo con più calma nei prossimi giorni.

La polizia è entrata anche all’Asilo occupato e in alcune case private, facendo perquisizioni e portando in questura tredici compagni e compagne: Silvia, Stefano, Daniele e Antonio sono stati arrestati e poi condotti Le Vallette; mentre nei confronti degli altri nove è stato spiccato il divieto di dimora dal comune di Torino. Durante il blitz le forze dell’ordine hanno portato via anche un compagno senza i documenti in regola che è stato rilasciato qualche ora più tardi con un invito a lasciare di sua volontà il territorio italiano in quindici giorni.

Il fatto contestato ai tredici risale al 2 maggio scorso e riguarda la resistenza a uno sfratto in Barriera di Milano. L’accusa portata avanti dal PM Andrea Padalino e poi ratificata dal Gip Loretta Bianco è di violenza a pubblico ufficiale con l’aggravante del concorso in più di dieci persone. Sull’infamia del pubblico ministero s’è detto tanto ma anche quella della giudice - e della sua firma - è ormai nota, perché già nel maggio del 2015 aveva emanato per la resistenza a una retata dei mandati di arresto nei confronti di cinque compagni e la cacciata da Torino per altri quattro. Si potrebbe dire che continua a fare delle “scelte cautelari” coerenti, soprattutto agganciandole a un impianto accusatorio che detto fuor dei denti provoca ancor più rabbia per quanto è fumoso. Andando a piè pari sulle carte tribunalizie attraverso il reato ravvisato, passe-partout di parecchie inchieste compreso l’ingente procedimento del 3 giugno 2014, a essere messo al banco è proprio uno strumento base di parecchie lotte: il picchetto, ovvero, nel caso specifico, l’aver portato l’ufficiale giudiziario D’Angella a non sbattere fuori di casa delle persone che avevano deciso di resistere. E sebbene ci piacerebbe immensamente raccontare che questo è avvenuto con gesta riottose, è bastata la presenza ostinata a resistere a decretare la situazione criminosa. Del resto il suddetto ufficiale, un mentecatto che s’aggira con un cappellino della NASA, non sembrava in quella situazione trovarsi sotto minaccia, anzi rideva fragorosamente della scenetta che l’avvocatessa della proprietà stava tirando su. Funzionamento intellettivo a parte, mentecatto per mentecatto, è quest’uomo a essersi prestato a mandare in primis quattro compagni in galera, non ce lo dimenticheremo di certo.

La giornata di ieri è poi proseguita concitatamente nel confrontarsi, nel capire le iniziative per i prossimi giorni e con un saluto caloroso e molto partecipato al carcere de Le Vallette dove sono stati imprigionati Daniele, Silvia, Stefano e Antonio.

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I nove banditi (di cui due ancora senza notifica della misura) invece non sembrano intenzionati ad andarsene dalla città quanto piuttosto continuare nelle lotte con ancora più bile; già qualcuno proprio stamane è per le vie di Aurora a picchettare contro uno sfratto con tanti complici e solidali.

Nei prossimi giorni le occasioni non mancheranno per rilanciare e ve le proporremo. Se ci vogliono incarcere e cacciare  per le pratiche di lotta, per la resistenza in strada o per la solita descrizione cartacea sulla pericolosità sociale, ancora non hanno visto niente.

Per scrivere ai compagni arrestati:

ALTOÈ DANIELE - MANGIONE STEFANO - PITTALIS ANTONIO - RUGGERI SILVIA

c/o CASA CIRCONDARIALE - Via Maria Adelaide Aglietta, 35 - 10151 Torino

macerie @ Novembre 30, 2016