Vai al contenuto

Un consiglio per chiunque lotti contro questo mondo di merda. Dentro a questo opuscolo troverete anche qualcosa di scritto uscito da noi, riguardo il tentativo della questura di Cremona di affibiare la Sorveglianza Speciale ad un nostro compagno. Tentativo andato a vuoto, appunto... 1312 sempre!

da rete-evasioni

Scarica e leggi l’opuscolo [pdf - 4,6 Mb].

Per richiedere delle copie potete scrivere alla mail: evasioni@canaglie.org

Questo opuscolo è un tentativo di fornire strumenti utili alla comprensione dell’articolato e multiforme apparato repressivo dello Stato. Siamo convintx che studiare e analizzare le evoluzioni delle strategie repressive sia utile a diffondere consapevolezza e, di conseguenza, a sviluppare strategie di lotta concrete. Siamo consapevoli della non esaustività di questo scritto: ci siamo, infatti, concentratx sugli ultimi due anni e su quelle situazioni che più conosciamo, raccogliendone all’interno i comunicati e le dichiarazioni dei compagni e delle compagne colpitx dalla repressione in quanto attivamente partecipi alle lotte nei luoghi che attraversano e in cui vivono. Ad oggi ci troviamo a dover constatare quanto accanita sia la repressione, a fronte di un livello di conflittualità tutto sommato a basso potenziale. Certo la presenza di compagnx nei contesti di lotta può rappresentare, per lo Stato e i suoi apparati, un ulteriore pericolo per l’attuazione dei loro mortiferi progetti. Così come allo Stato potrebbe essere utile far terra bruciata e sbarazzarsi del nemico, cioè di chi per condizioni di vita o di ideale rappresenta e rappresenterà l’ostacolo anche in un futuro (neanche troppo lontano) che si delinea reazionario e autoritario. Un futuro che è costruito pezzo su pezzo, con più o meno accelerazioni, dalle attuali politiche e propagande di terrore, di guerra tra poveri, di desolidarizzazione, di prevaricazione e competizione.

Per continuare a lottare è necessario ristabilire un “rapporto di forza” con lo Stato che al momento non è certo a nostro favore. Scegliere di arretrare significherà la ineluttabile riduzione dello spazio di agibilità e di partecipazione. Nell’ultimo periodo abbiamo visto come in diverse città e in diverse situazioni questo discorso inizi a prendere corpo. Alcuni compagni e compagne hanno deciso di non sottostare alle misure preventive, dichiarando apertamente di non volerle rispettare. A loro tutta la nostra complicità e solidarietà. Complicità e solidarietà che non negheremo, come non abbiamo mai negato, a chi per condizioni di vita, scelte contingenti e quant’altro, ha deciso e/o deciderà di non violare le restrizioni imposte. È importante, a nostro avviso, comprendere la diversità delle scelte senza scivolare in atteggiamenti e rigidità manichee. Il rifiuto delle restrizioni che si volevano imporre è senz’altro un segnale forte che però non può rimanere il solo, ricadendo esclusivamente su chi ha deciso di agirlo. È necessario sviluppare ed estendere insieme percorsi di lotta di più ampio respiro.

Segue la traduzione di un comunicato della Cellula di Diffusione del Commando Femminista Informale di Azione Antiautoritaria - COOFIA [Fonte]:

Attacco con esplosivo all’Istituto delle Donne di Città del Messico

21/12/2016

Dopo mezzanotte…
Attorno alle due di notte, il 20 dicembre 2016, abbiamo collocato presso l'Istituto delle Donne di Città del Messico, in via José María Izazaga 148, un esplosivo che è esploso efficacemente provocando seri danni all'ingresso dell'edificio. La ragione per cui l'abbiamo fatto è semplicemente perché ne avevamo voglia.

I. Le strade della vita sono diverse da come pensavo…

Un intreccio di dominazioni multiple disseziona quotidianamente il corpo delle donne. Noi ci chiediamo: com'è possibile che molte donne, la maggioranza, decidano di accettare docilmente questo bisturi sociale che hanno addosso, a volte quasi desiderandolo?
Abbiamo sentito dappertutto discorsi da parte di femministe che si felicitano dei ‘progressi’ verso ‘l'uguaglianza tra i sessi’… ma vediamo nel frattempo le chiese piene di donne che si offrono docilmente in ginocchio.
Ci arrivano notizie di grandi manifestazioni contro la violenza sulle donne…  vediamo però i tribunali pieni di donne disposte ad abbandonare la propria volontà e il proprio destino in mano ad esseri spregevoli, che accettano come superiori, e che cosa è più violento della sottomissione - e la auto-sottomissione - della volontà umana?
La crudeltà femminicida che tocca noi, le nostre sorelle, figlie, cugine, zie, amiche, compagne, madri ci fa male… Mentre allo stesso tempo vediamo i congressi e i ‘movimenti femministi’ combattere per ottenere più leggi, più categorie penali, più accordi con lo stato, quando è proprio l'esistenza delle leggi e del sistema di dominio  di rappresentazione gerarchica statale lo scenario sine qua non di questa violenza!
Se queste ‘femministe’ chiamano questa postura di sottomissione ‘emancipazione’ beh allora… ci si dovrà emancipare... dall'emancipazione emancipata!!!
Sicuramente ci saranno delle buone compagne che pensano davvero che sia possibile per le donne ottenere un cambiamento della nostra condizione di sottomissione patriarcale mediante la creazione di leggi e istituzioni, noi però pensiamo che le leggi sono fatte piuttosto per perpetuare questo stato delle cose perché sottraggono alle donne il potere di decidere da sé sul proprio destino, convincendole a cedere le loro vite per farle dirigere ad altri.
Sorelle! Non sottomettetevi a questi esseri orribili che usano i vostri corpi e vi dicono come sentire, come pensare e come fare!!
Come potrebbe una legge cambiare la realtà del dominio se le leggi sono parole, mentre il dominio è fatto di relazioni sociali? Come possiamo vedere, ci rallegriamo di vivere nell'era che si è lasciata alle spalle il pensiero magico, ma viviamo volteggiando in un mondo di fantasia.
‘La religione’, ‘lo stato’, ‘la scienza’, ‘la merce’, ‘la ragione’, ‘l'umanità’, ‘la giusta causa’: sono tutte finzioni che sottomettono la volontà umana. Feticci che si rivoltano contro i loro stessi creatori. Frutto di paura, superstizione e  violenza. Se però togliamo via il feticcio vediamo che sotto ci siamo noi e i nostri corpi, la nostra sessualità, le nostre vite fatte a pezzetti e disposte  per la riproduzione di un sistema il cui unico risultato può essere la condanna alla fame, alla miseria, alla morte, alla devastazione.

II. E sembrerebbe ora che…

Nell'aria c'è un'idea falsa quanto perversa che ci ricorda i dibattiti ipocriti del secolo scorso sulla partecipazione delle donne alla politica. Sta prendendo forza l'immagine secondo cui basta la semplice presenza delle donne in questa piramide gerarchica del potere per purificare ogni residuo patriarcale. Anzi, si costruisce un immaginario sociale con quest'idea assurda per cui i seggi, i troni presidenziali o le sale dei tribunali occupati da donne saranno automaticamente sufficienti per combattere le disuguaglianze diseguali, ridurre la corrotta corruzione o impartire la giusta giustizia. Vogliamo una candidata! Vogliamo donne giudice! Vogliamo rappresentanti donne al congresso! gridano euforici gli ipocriti, gli sprovveduti e i complici.
Ora certamente, nessuno potrebbe accettare la sciocchezza di ritenere noi donne intellettualmente meno capaci, rispetto agli altri, di realizzare questi infami lavori, ed è precisamente questo il punto.
La presenza delle donne all'interno del potere politico non può di per sé comportare il minimo cambiamento nella composizione di un sistema di disuguaglianze sociali per la semplice ragione che la società in cui ci è stato imposto di vivere è basata proprio su tali disuguaglianze. La società stessa è corrotta e ingiusta, e senza queste caratteristiche la società smetterebbe di esistere. Altrimenti come potrebbe sopravvivere, se non fondandosi sulla disuguaglianza, una società basata sullo spossessamento della vitalità altrui?
Le nostre argomentazioni si possono comprovare anche solo dando uno sguardo al passato. In Messico dalla metà del secolo scorso noi donne abbiamo il 'diritto di voto', e abbiamo via via occupato i seggi, i tribunali e posti importanti nella ripartizione del potere politico. Ma forse da questo si deduce un qualche tipo di miglioria nella nostra penosa posizione di sottomissione, violenza, fame e miseria? Sembra piuttosto che queste donne una volta arrivate a questi ignominiosi scranni, come se avessero bevuto un intruglio velenoso, si mostrino indifferenti davanti alla nostra terribile situazione e che non esitino persino a mostrarsi apertamente nostre nemiche, guardandoci con sdegno dall'alto della loro posizione di privilegio.
Quale impegno verso la nostra situazione possiamo aspettarci da signore che in un giorno spendono quello che noi guadagniamo in un anno con il nostro miserabile salario? Come possiamo continuare a pensare che troveremo una soluzione ai problemi che ci perseguitano attraverso il voto, le elezioni (ed è lo stesso eleggere o essere eletta), le istituzioni statali, o la religione?
Ci dicono ancora che dobbiamo ‘lottare per avere un salario pari a quello degli uomini’. Nessuno ci dice di non essere altrettanto produttive come i nostri colleghi maschi, e di lottare per distruggere la divisione sessuale dei lavori. Ma non dovremmo invece concentrare i nostri sforzi, insieme ai nostri compagni, per abolire il lavoro piuttosto che per perpetuarlo? Proprio grazie al lavoro avviene il furto delle nostre vite! Perché lottare con l'obiettivo di mantenere lo sfruttamento sul nostro lavoro?

III. La prima per il coraggio, la seconda per capriccio, la terza per il piacere

E un'altra ancora. Finché esisterà nelle nostre idee il principio dell'autorità gerarchica esisterà la disuguaglianza. E il potere politico è la mera dimensione organizzatrice del principio di autorità. Dunque non c'è nessuna via d'uscita né destinazione. Però… abbiamo sentito dire in giro che pensano di mandare una donna indigena come carne da cannone per le bestie del potere. Ed ecco un'altra volta il disprezzo per le donne, ci trattano come appendici di qualcosa o qualcuno… eccoli che si mettono a usare i nostri corpi come fossero i loro stracci da pavimento.

IV. Non ce ne andiamo, resteremo qui

Speriamo che le femministe ‘belle e brave’ non ci apostrofino come antifemministe e non vogliano mandarci al rogo, anche se sicuramente non mancherà qualcuna che lo farà. Dopotutto, esiste la convinzione che essere femminista significa dipingere un bello striscione con scritto: ‘Dì di no alla violenza e sottomettiti alle istituzioni’. Come se le istituzioni non fossero le massime organizzatrici della violenza. Noi non saremo mai docili. Noi siamo per l'azione diretta e l'insurrezione. Se a voi piace continuate a inginocchiarvi davanti ai vostri oppressori. Continuate a essere complici e a leccare le vostre manette.  State certe però che per quanto ci riguarda, noi continueremo il nostro attacco diretto alle vostre istituzioni femministe e borghesi…
Speriamo anche di non essere etichettate come razziste. Ovvero, alcune di noi sono indigene. Ma a nessuna di noi succederà di servire da zerbino per nessuna organizzazione, piuttosto il contrario… sputiamo su ogni organizzazione e ogni pretesa di dominio sui nostri corpi. Non siamo oggetti di nessuno, non sottometteremo i nostri cervelli e i nostri corpi per realizzare i desideri di nessuno.

MORTE ALLO STATO, VIVA L'ANARCHIA!
Né DIO, Né STATO, Né MARITO, Né PADRONE!
A TUTTX LX COMPAGNX SEQUESTRATX NELLE GALERE, FORZA!
MÓNICA CABALLERO Y FRANCISCO SOLAR, FORZA!
AI COMPAGNI A KORIDALLOS, FORZA!
SALVADOR OLMOS, IN MEMORIAM.

La Cellula di Diffusione del Commando Femminista Informale di Azione Antiautoritaria - Ana "la mariposa negra"

https://s14-eu5.ixquick.com/cgi-bin/serveimage?url=http:%2F%2Fwww.repubblica.it%2F2006%2F05%2Fgallerie%2Festeri%2Fscontri-banlieu%2Fap117098292711082129_big.jpg&sp=fe4b2ee8cd9db0f2d50f0eea2c36ec3f

da Indymedia Grenoble viaAttaque [lo scritto è stato diffuso precedentemente ai richiami alla pacificazione degli ultimi giorni]:

Solidarietà con Théo !

Giovedi 2 febbraio, a Aulnay-sous-Bois [banlieue nord-est di Parigi; NdT], nel quartiere « dei 3000 », quattro poliziotti hanno aggredito, insultato, picchiato, stuprato e terrorizzato Théo, che, in seguito a quello che doveva essere un « semplice » controllo, si ritrova all’ospedale, gravemente ferito.

Nei giorni che hanno seguito l’aggressione, a Aulnay-sous-Bois ci sono stati degli scontri con la polizia. Delle macchine sono state bruciate, delle pensiline degli autobus distrutte. La stessa cosa altrove nel dipartimento della Seine-Saint-Denis [il dipartimento dove si trova Aulnay, conosciuto anche, come tutti i dipartimenti francesi, col suo numero : 93; NdT] : a Clichy-sous-Bois, a Blanc-Mesnil, a Sevran, a Bobigny, a Villepinte, etc. Anche a Parigi delle manifestazioni spontanee hanno causato dei danni (delle banche e delle agenzie immobiliari hanno avuto le vetrine sfondate). Scene di rivolta più che giustificate : necessarie. Come le marce ed i presidi di solidarietà con Théo che hanno avuto luogo a Aulnay e in diverse città attraverso tutto il paese. Che ognuno/a trovi il modo di esprimere la sua collera e la sua solidarietà.

Cio’ che quei poliziotti hanno fatto subire a Théo é assolutamente ignobile e rivoltante.

E questo ci ricorda che, a livelli diversi, siamo numerosi e numerose a ad essere stati/e aggrediti/e, picchiati/e, umiliati/e, mutilati/e e/o feriti/e dalla polizia e anche ad aver avuto delle persone vicine assassinate dalla polizia.

Ci ricorda anche che, spesso, il fatto di subire uno stupro è accompagnato da sentimenti di vergogna e di colpevolezza. Ma non c’é da avere alcuna vergona ad essere stato/a sturpato/a. La vergona è stuprare.

La vergogna é aggredire, torturare, assassinare.

La vergogna é essere poliziotto.

Perché gli abusi, le « deviazioni », gli « errori » della polizia fanno in realtà parte integrante del funzionamento dell’istituzione poliziesca.

ABBIAMO TUTTE LE RAGIONI DI DETESTARE LA POLIZIA

La sola cosa che la polizia protegge è l’ordine stabilito. Perché la polizia é un’istituzione creata per proteggere lo Stato, essa é sempre stata al servizio del potere. Esiste precisamente per questo.

Certo, ci sono dei poliziotti peggiori di altri. Ma quali che siano le loro opinioni personali, quali che siano le loro capacità all’empatia, i poliziotti sono tutti al servizio di una società di classe diretta da capitalisti e politici, una società razzista, sessista e omofoba.

Allora, attraverso la lotta sociale, l’auto-organizzazione, la rivolta individuale e collettiva, rifiutiamo di sottometterci alllo Stato e alla sua polizia. Di fronte ai discorsi securitari e di chiusura identitaria, che mirano a montarci gli uni contro gli altri, cerchiamo delle complicità e dei mezzi di mutuo appoggio per rompere le categorie nelle quali ci rinchuidono. Quale che sia la nostra situazione sociale, la nostra origine, il nostro sesso, il colore della nostra pelle, la nostra età, il nostro quartiere, non abbassiamo lo sguardo di fronte al terrore poliziesco.

SBIRRI ? FUORI DAI NOSTRI QUARTIERI, FUORI DALLE NOSTRE CITTÀ, FUORI DALLE NOSTRE VITE!

febbraio 2017

alcuni anarchici del 93

Contatti: des-anarchistes-du-93 [at] riseup.net

Immagini di ieri, la rivolta continua:

bobigny

Seguono due contributi da Firenze sulla recente operazione repressiva contro compagn* anarchic* e Villa Panico:

Il 31 gennaio, a Firenze , un'operazione repressiva contro anarchici condotta dalla Digos ha portato all'esecuzione di 10 misure cautelari. Tre persone – Filomena, Carlotta e Michele- sono adesso agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni, mentre per altri e altre sette è stato disposto un mix di misure restrittive (obbligo di dimora, rientro notturno, firme) variamente combinate tra loro.
I reati contestati a vario titolo a 35 tra compagni e compagne sono resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, porto di materiale esplodente, danneggiamento e imbrattamento, rapina impropria e altro.
12 persone su 35 sono indiziate di associazione a delinquere, con tanto di netta divisione tra capi e gregari.
La polizia ha colto anche l'occasione per “sgomberare” Villa Panico (virgolette d'obbligo, visto che all'interno non sono state trovate né persone né cose).
L'inchiesta prende le mosse da 5 episodi, tutti a Firenze nel corso del 2016:
attacco da parte di alcune decine di incappucciati contro la libreria “il Bargello” (14 gennaio);
bomba-carta notturna contro la stessa libreria (3 febbraio);
banchetto antimilitarista in S.Ambrogio, durante il quale alcuni compagni vengono prelevati con la forza e condotti in Questura;
rissa tra compagni e decine di sbirri a seguito d'un mancato controllo da parte d'una pattuglia, tre compagni (Michele, Fra, Alessio) vengono arrestati (21 aprile);
corteo solidale in Oltrarno per gli arrestati dei giorni precedenti (25 aprile).

L'inchiesta NON riguarda l'attacco di Capodanno contro la nuova libreria “il Bargello” in cui si è ferito un incauto artificiere di polizia, tuttavia il fatto è citato nell'inchiesta a sostegno delle misure.

Di seguito un contributo scritto e in corso di diffusione a Firenze:

[Visualizza in pdf]

NON CHIEDETECI LA PAROLA
a proposito degli arresti del 31 gennaio

 

“Non chiederci la parola che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Questo solo oggi noi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”

Sono tempi cupi, e non solo a Firenze.
Da una parte un'umanità per tre quarti annegata che muore di fame, bombardamenti, embarghi, controlli militari e di polizia, detenzione e internamento, lavoro salariato e migrazione forzata, razzismo e frontiere. Dall'altra un'umanità per tre quarti cloroformizzata, che a volte cerca di battersi contro una vita sempre più miserabile, più spesso abbocca alle sirene del potere. Odio tra poveri, riverenza per i padroni, diffidenza verso chi si ribella. A Firenze come altrove, mentre si trasforma la città in una macchina per far soldi con l'industria del turismo, chi rovina la cartolina deve essere bandito. Caccia al povero, allo straniero, al sovversivo. Cacciatori per le strade, con le divise d'ordinanza: blu, nere, grigie, mimetiche, mitra a tracolla. Il centro storico ormai vietato ai cortei, sistematicamente accerchiati o direttamente caricati. I fascisti si organizzano, aprono sedi, pub, librerie: di giorno aizzano alla guerra tra poveri, italiani contro stranieri; di notte, nella misura in cui non viene loro impedito, la praticano a colpi di coltello e spranga.
Chi non accetta tutto questo deve essere ristretto e rinchiuso.

Il 31 gennaio, sull'onda del noto “botto” di Capodanno di via Leonardo Da Vinci – “botto” che però non rientra in questa inchiesta – la Digos fiorentina ha dato il via all'ennesima operazione repressiva, entrando in diverse case, rastrellando decine di compagni per strada e notificando 10 misure cautelari ad altrettanti anarchici ed anarchiche. L'accusa principale che viene loro mossa, contornata dalla contestazione di altri reati, è di “aver costituito un'associazione a delinquere per diffondere la propria ideologia”. Due compagne, Carlotta e Filomena, indicate come “cape”, e un altro compagno, Michele, vengono messi agli arresti domiciliari, mentre per altri e altre sette vengono disposte restrizioni (obblighi di dimora, di rientro notturno o di firma variamente combinati).

Con un numero enorme di uomini – si parla di 250 – la polizia irrompe a Villa Panico per sgomberarla, ma trova un posto già abbandonato, un'avventura già conclusa e una fioriera che pensa bene di far brillare. È lo spettacolo della repressione.

Poche riflessioni, poche parole, ma fatti che parlano quasi da soli.
Accade, a Firenze, in piazza S. Ambrogio, che alcuni compagni che mettono un banchetto contro guerra e esercito per le strade vengano accerchiati e portati via dalla Digos, non senza recalcitrare. Per il codice penale, è reato di resistenza a pubblico ufficiale. Non chiedeteci la parola.
Accade, a Firenze, al termine d'un concerto sul Lungarno Dalla Chiesa, che il rifiuto di declinare le proprie generalità scateni decine e decine di sbirri contro i partecipanti, colpevoli d'essere ancora vivi e solidali. Ne nasce una rissa. Per il codice è resistenza pluriaggravata. Non chiedeteci la parola.

Ma accade anche che alcuni si organizzino per occupare le case e difenderle, per contestare militari e forze dell'ordine, impedire il dilagare della violenza fascista, nel solo modo possibile: agire direttamente contro l'oppressione. Accade che le sedi fasciste ricevano la critica della vernice, del mattone e della bomba-carta, o che la solidarietà per gli arrestati del Lungarno invada le strade di San Frediano un 25 aprile, senza chiedere permesso e lasciando sui muri il proprio segno. Per il codice, prendere parte o anche solo difendere apertamente certi fatti, è associazione a delinquere.

Ma su questo, due parole le diciamo.

Ciò che non siamo
è una misera associazione gerarchizzata. Non siamo né servi che votano senza muovere un dito, né gregari che aspettano gli ordini dei capi o delle “cape” per agire.

Ciò che non vogliamo
è passare la nostra vita a lasciarci sfruttare e comandare. Per questo non piangiamo quando ai nostri nemici torna  indietro un po' della loro violenza. Le lacrime le riserviamo a chi muore in cantiere, in caserma, in mezzo al mare, in carcere, alla frontiera; non certo alle vetrine dei fascisti, ai referti ipocriti degli sbirri o ai muri di una città che l'Unesco dichiara “patrimonio dell'umanità”, mentre è sempre più in mano ai soli affaristi e speculatori.

Ciò che non vogliamo, infine, è che il nemico possa dividerci, con la lingua di legno del codice penale. Non sappiamo se questi compagni e compagne abbiano commesso tutto ciò di cui li si accusa. Sappiamo solo da che parte della barricata lottano, e tanto ci basta per stringerci attorno a loro.
Per farla finita con questo mondo. Per aprirne, forse, di nuovi. Ma per questo, le parole da sole non bastano.

SOLIDARIETÀ PER FILO, CARLOTTA E MICHELE!
Solidarietà ai colpiti e alle colpite dalle misure!

Assemblea solidale senza capi né padroni

Firenze, 03/02/2017