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"Frangenti" è un nuovo progetto a cadenza quindicinale scritto da alcuni compagni e alcune compagne, ma diretto a chiunque. I suoi contenuti, infatti, comprendono commenti ad alcuni fatti di cronaca locali, nazionali ed internazionali, una recensione di un libro, una riproposizione di un fatto del passato e un breve elenco di azioni.

Il suo formato è un agile A3 che ne permette una distribuzione ovunque ognuno od ognuna voglia diffonderlo: bar, biblioteche, stazioni, fermate del bus, scuole, carceri, ecc… Obiettivo di queste cronache del dopobomba è riuscire a raggiungere individui anche ben lontani dai nostri classici circuiti di discussione per offrire spunti e riflessioni, irritare o infastidire, incuriosire e coinvolgere.

E' una pubblicazione totalmente gratuita e non esiste redazione, nè vogliamo che ci sia. Per questo motivo il nostro non è un gruppo chiuso, ma aperto alla partecipazione diretta di chi ne fosse interessato.

Infine, ci piacerebbe che le compagne e i compagni interessati distribuissero questo fogliaccio dove lo ritengo opportuno nei territori in cui vivono.

Remiam finché la nave si schianti sui frangenti...

Per contattarci: frangenti@inventati.org

Progetto editoriale

Le parole e la vita. La quotidianità è come una polveriera: aspetta soltanto di essere messa a fuoco. Una critica radicale che incontra la sovversione, senza accontentarsi né della sublimazione dell’estetismo, né delle doverose prese di posizione, può suggerire la deriva. Per andare dove il piacere è materialmente tangibile, criticando le cronache quotidiane del dopobomba in modo irreversibile ed irrecuperabile: creando lo scarto con gli incubi lugubri dei bisogni
donandoci ai sogni dell’azione. Dimenticare la mera sopravvivenza dedicandosi all’ebbrezza della sediziosa tentazione di vivere. Insomma, un giornale caratterizzato dall’esplorazione di zone ignote della sensibilità e del desiderio, momenti attraversati anche da forme sovversive e irrazionali.
Consapevoli che non basta il lamentio di miserabili condizioni che costituiscono parte delle catene più forti mai forgiate dal potere: quelle della partecipazione e della schiavitù volontaria. Contro i corpi mostruosamente atrofizzati e separati, questi frangenti vogliono essere sacrilegio che imbratta fogli di echi non troppo lontani: sognare per agire, agendo così mentre il sogno lo si sta ancora vivendo.
Il mondo della vita in quanto essenza viva è quello della qualità, dell’abbandonarsi al coinvolgimento tumultuoso nella ricerca spasmodica della libertà: non quello della quantità della produzione e delle statistiche di numeri incolonnati. Le fratture nel quotidiano stimolano il furore dell’azione.
La rivolta non dipende soltanto dal disgusto, ma sa anche parlare di gioia. La gioia di affermare che, malgrado tutto, siamo vivi. Che, malgrado l’oppressione totalitaria, la leggerezza del negativo, di non voler essere e fare,  s'incontra con le possibilità di tessere delle relazioni reciproche di complicità.
Preferendo raggiungere gli esseri umani parlando di critica al quotidiano, afferrando il rifiuto di esistere solo come servi disciplinati, coinvolgendoci in avvenimenti dai risvolti sconosciuti, facendosi sbalordire da incontri insospettabili, spezzando i limiti e rovesciando le esperienze, per raccontare e rendere l’impossibile una possibilità concreta. Tutto scorre e questo tutto è l’incontro fra il tempo non più misurabile dal ticchettio degli orologi e lo spazio non più tracciato dai confini: l’insurrezione.

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Riceviamo il testo di un volantino diffuso al presidio permanente No Tap negli ultimi giorni:

ADESSO TOCCA A NOI

Il tempo della mediazione è finito.
L'avvio dei lavori di Tap, con l'espianto dei primi quattro alberi dall'area di cantiere dove dovrà essere realizzato il pozzo di spinta, ha strappato il velo – nel caso ce ne fosse stato ancora bisogno – alle ultime illusioni di chi credeva che la via burocratica, istituzionale e giudiziaria, potessero realmente bloccare i lavori. Che questo genere di opposizione non potesse fermare un'opera gigantesca, che coinvolge più Stati e potentati economici fortissimi era chiaro fin dall'inizio, così come era chiaro che qualche amministrazione comunale e qualche ricorso in tribunale non potessero bloccare un'opera considerata “di interesse strategico nazionale”.
Ora che la Legge si sta schierando con se stessa, ora che le amministrazioni comunali dovranno riallinearsi alle direttive degli organi superiori e sono state richiamate all'ordine, ora che il governo regionale, novello Ponzio Pilato, ha lavato per bene le sue mani per sentirsi ed apparire incolpevole, non possiamo più farci illusioni. Non basterà più appellarsi alla sopravvivenza di alcuni ulivi per fermare le ruspe difese da un apparato di vigilanza privato. Non servirà a nulla affermare che si deturperanno le coste per impietosire imprenditori che hanno il cuore a forma di salvadanai.  Non avrà senso puntare sullo sviluppo del turismo per far ragionare un mercenario a capo della sorveglianza di Tap. Non sarà opportuno chiedere alla forze dell'ordine di intervenire a tutela dei cittadini: sarà lo Stato a chiedergli di tenere d'occhio i cittadini.
Una sola strada è rimasta percorribile: quella del nostro intervento diretto, a tutela del territorio che viviamo, della nostra salute, delle nostre vite e della nostra dignità. Metterci in mezzo in prima persona per bloccare un'opera inutile e nociva, ennesimo progetto di devastazione calato a forza sulle nostre teste per i soliti interessi di pochi. I lavori veri e propri sono appena partiti e, fino alla completa ultimazione, saranno ancora lunghi. Possiamo ancora fare tanto per bloccarli e rendere difficoltoso il loro progetto costruito sulla nostra sopraffazione.
Ci saremo tutti?

Nemici di Tap