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Da notav.info:

Chiesti 9 anni e 6 mesi per i quattro notav

Ab411attentiaqueidueSiamo giunti alle richieste dei pm per il processo a carico di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò in carcere dal 9 dicembre scorso con l’accusa di terrorismo. I pm con l’elmetto, Padalino e Rinaudo, estromessi dall’arringa finale al maxiprocesso si concentrano qui e danno sfogo a tutte le esibizioni di codici, ricostruzioni e protagonismo che non hanno potuto rappresentare nell’alto processo.

Eccoli quindi esibirsi in una ricostruzione inverosimile di quella notte e arrivare a parlare di “organizzazione paramilitare”, di attentato, di volontà di far male.

Lessico utile ad alzare il prezzo della condanna che alla fine viene formulata in 9 anni e 6 mesi per i notav. «Violenza armata e organizzata in modo paramilitare per acquisire consensi e per costringere lo Stato a retrocedere.

I due Pm (con Rinaudo in testa) hanno definito il danneggiamento di un compressore (perchè di quello si parla in sintesi) come “un atto di guerra” per arrivare ad un “attacco alla personalità dello Stato”, come se il compressore fosse Napolitano.

“Ci può piacere o no – ha argomentato sempre Rinaudo- che venga costruita questa linea ferroviaria, ognuno ha sua opinione, ma ormai quest’opera è stata decisa dallo Stato” e “attraverso queste condotte – ha detto – si attaccano scelte e interessi fondamentali dello Stato: scelte di politica economica, di politica internazionale e anche ambientali”. E gli stessi poliziotti “non sono stati aggrediti come singoli, ma come rappresentati dello stato”.

Non c’era da aspettarsi altro dal duo con l’elmetto, richieste altissime per fame di successo e credibilità e per continuare quella crociata intrapresa contro il movimento notav, alzando di volta in volta la posta, proprio mentre il “sistema tav” perde credibilità e credito giorno dopo giorno.

Non lasceremo soli, come abbiamo sempre fatto, Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, e questa sera ci troveremo a Chiomonte, il miglior modo per dimostrare che “liberare tutti vuol dire lottare ancora”

Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò liberi subito! Libertà per i notav!

Al presidio di tre giorni e tre notti nato a Marco di Rovereto per bloccare i carotaggi legati al progetto del TAV partecipa anche un gruppo di ragazzi del luogo. Uno di loro, durante una partita a carte, dice: “Questo presidio riscatta in parte il pessimo clima che si era creato qui a Marco contro i profughi”. A luglio, con il pretesto di un tentativo di stupro, si erano espressi per la chiusura del campo profughi praticamente tutti i politici, dal sindaco PD alla Lega, dalla circoscrizione ai fascisti. I discorsi che si sentivano in piazza e nei bar avevano l’odore inconfondibile del linciaggio. Se a Marco ci fosse stata una presenza organizzata di fascisti non è escluso che avremmo assistito ad una sorta di “caccia al negro” realizzata con la partecipazione o con il consenso di una parte del paese.

Ad ottobre in tutta Italia, e anche in Trentino, i clerico-fascisti delle Sentinelle in piedi vengono duramente contestati. La “legge contro l’omofobia” presentata dal centro-sinistra viene congelata dopo un’intervista di Bressan a “Vita Trentina” in cui l’arcivescovo di Trento paragona l’omosessualità alla pedofilia.

Anche nella democratica Trento si svolgono le retate contro gli immigrati privi di documenti. L’operazione si chiama “Mos maiorum”, cioè “costumi degli antenati”. Alla polizia piace il latino. Un paio di anni prima la Digos aveva chiamato “Ixodidae” (“zecche”) un’operazione contro 43 anarchici per “associazione sovversiva con finalità di terrorismo” conclusasi con l’assoluzione degli imputati. Ma i “costumi” rimangono. Il 5 novembre, a Trento, al termine di un dibattito sullo squadrismo fascista svoltosi nella facoltà di sociologia, tre pattuglie di polizia (tra quelle presenti in città per i controlli “antidegrado” voluti dal democratico Andreatta) cercano di fermare e perquisire una quarantina di compagni, che se ne vanno in corteo per sfuggire all’accerchiamento. Nella concitazione del momento, uno sbirro dimentica il latinorum ed urla “Fermatevi, zecche!”.

Mentre in Italia la società è divisa tra le giornate istituzionali contro la violenza sulle donne e una violenza sessista che segna tragicamente la vita quotidiana di migliaia di donne, le donne curde difendono armi alla mano, a Kobane, il proprio percorso di emancipazione dall’assalto assassino dei mercenari dello Stato Islamico. La morale democratica difende le donne in quanto “vittime”. Quando le donne prendono le armi per difendersi da sole, la morale democratica invoca la polizia (globale).

Secondo Renzi è criminale affermare che gli interessi dei lavoratori e quelli dei proprietari sono divisi. È il sogno antico del capitale, il suo. Mussolini lo chiamava corporativismo. Ma non c’è politica al mondo che sia mai riuscita a cancellare del tutto la realtà della lotta di classe. Le manganellate contro gli operai di Terni, così come le uova e gli scontri che stanno accogliendo il presidente del Consiglio un po’ ovunque sono, forse, i segnali di un ritorno alla realtà dopo anni di quel fittizio organizzato che è la pace tra le classi.

È proprio questo ritorno alla realtà che democratici e fascisti cercano di scongiurare, rinnovando senza sosta “emergenze sociali” con cui sviare gli sfruttati. Dalle lame dei fascisti al manganello della polizia la politica parla la lingua dell’ordine. Persino il fiume Adige, che rischia di tracimare argini a lungo cementificati, viene chiamato da un giornalista “sorvegliato speciale da parte delle ronde di Comune e Provincia”.

Dal 14 novembre al 17 dicembre il movimento no tav della Valsusa invita alla mobilitazione diffusa sui territori in solidarietà con quattro compagni accusati di terrorismo per un sabotaggio nel cantiere chiomontino dell’Alta Velocità.
Mentre più di settecento persone hanno partecipato alla campagna di acquisto collettivo di un terreno per resistere al TAV in Trentino, e mentre tutti i giorni ci si sveglia all’alba per presidiare le zone dei prossimi carotaggi, che la solidarietà ai compagni in carcere non ci rimanga in tasca.

Ha ragione quel ragazzino di Marco. Solo le lotte riscattano le nostre vite dal clima reazionario che ci investe da destra come da sinistra.
Basta lamentele o piagnistei. Organizziamo la controffensiva.
Contro i fascisti, certo, ma anche contro il mondo che li arma e li protegge.

alcuni anarchici

Comunicato sulla rioccupazione del TeLOS

A VOLTE RITORNANO...

"Stessa storia, stesso posto, stesso bar"
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Se lo sgombero dello scorso 10 settembre voleva essere un passo deciso verso l'annichilimento dell'esperienza TeLOS nella città di Saronno, ad oggi possiamo dire che la Questura e le forze politiche non abbiano ottenuto il risultato sperato. Non sono serviti I numerosi sgomberi, non sono serviti i fogli di via e gli avvisi orali, le centinaia di denunce, le intimidazioni, le perquisizioni e non serviranno nemmeno nel prossimo futuro. Che ci si metta il cuore in pace. Dopo lo sgombero le attività svolte all'interno del TeLOS si sono semplicemente spostate al di fuori delle sue mura, e ai momenti ludico-culturali si è affiancata una presenza di piazza ancora maggiore che nei mesi ed anni precedenti: cineforum, concerti, quattro occupazioni, cene, presidi, due importanti cortei. Non c'è stata stata settimana senza grattacapi per i tutori dell'ordine, non c'è stata settimana di noia per chi ha voglia di viversi la città in altro modo. Se è vero che le case occupate sono state sgomberate e murate, è altrettanto vero che i rapporti creati grazie a quella breve esperienza, e con essi le contraddizioni emerse in quella vicenda, sono più vivi che mai: diversi abitanti del quartieri si sono scagliati contro i dirigenti Aler venuti sul posto, alcuni si sono scandalizzati per la muratura di due appartamenti vuoti quando c'è gente che non può permettersi un affitto, con altri abbiamo discusso dell'insensatezza della proprietà privata che ci lega tutti quanti a una vita di miseria a raccimolare le briciole dal tavolo dei Giusti.

Dopo quasi due mesi dallo sgombero del Telos e dopo parecchio su e giù per la città degli amaretti abbiamo deciso di riprenderci ciò che tutt'ora consideriamo nostro: lo spazio di via Milano 17. Non tanto per ricominciare qualcosa che nei fatti non si è mai nè spento nè affievolito, quanto per ribadire che la presenza del Telos a Saronno non potrà essere cancellata da un colpo di spugna, che non ci obbligheranno a tornare nei ranghi della loro legalità e dei loro viscidi e squallidi giochini politici. Non abbiamo rioccupato via Milano 17 perchè Saronno non offra altri spazi, abbiamo ripreso quello spazio perchè è uno spazio che ci ha dato per anni tante possibilità, quella di vivere assieme come di organizzare eventi, perchè dal giorno dello sgombero non abbiamo smesso di pensare a quello come un nostro spazio, perchè non vogliamo lasciare che rimanga vuoto e murato per chissà quanti anni ancora, mentre noi avremmo continuato a riempirlo di vita, di parole, di musica, di emozioni e di pensieri. Abbiamo deciso di riprenderci questo spazio perchè il TeLOS per il territorio in cui si trova era, è e sarà un punto di incontro in cui sviluppare e sperimentare l'intrecciarsi di esperienze personali, desideri e idee veramente alternative al modello impostoci.

La proprietà dello stabile è stata costretta dalle Forze dell'Ordine a murare e distruggere in parte l'edificio, ci toccherà quindi un grande sforzo per riportarlo ad essere lo spazio accogliente che era diventato; confidiamo nell'aiuto di tutti per ritornare quanto prima ad una situazione accettabile. Chiediamo a chiunque abbia a cuore la presenza di uno spazio del genere in città di esprimersi e di darci una mano, affinchè il TeLOS torni quanto prima ad essere il punto di aggregazione, autogestione e lotta che è sempre stato.

Ad ogni sgombero una nuova occupazione, prendiamoci spazio e tempo all'interno delle città in cui viviamo.

Appuntamenti:

domenica – dalle 14.00 giornata di lavori e colori: rimettiamo tutte al cose al posto giusto
lunedì- ore 2100 assemblea del telos
mercoledì – dalle 21.00 cineforum – filma sorpresa
sabato – ore 15.00 presidio – occupare è giusto e necessario!

La lettera che pubblichiamo e che chiediamo di diffondere il più possibile (siti, radio di movimento, situazioni di lotta ecc.) è un coraggioso atto di accusa contro il carcere di Terni e contro tutta l'amministrazione penitenziaria. Non ci facciamo certo illusioni su di un'inchiesta da parte della magistratura, ma non possiamo lasciare solo Maurizio, uomo retto che non ha mai avuto paura di esporsi. Il DAP e i carcerieri devono sapere che a fianco di Maurizio ci siamo tutti/e noi ad urlare che sono degli assassini.

Una coraggiosa denuncia da parte di Maurizio Alfieri

Carissimi/e compagni/e

...

Prima di tutto vi devo dire una cosa che mi sono tenuto dentro e mi faceva male... ma la colpa non è solo mia e poi potete capire e commentare la situazione in cui mi sono trovato e che ora rendiamo pubblica.

L'anno scorso mentre a Terni ero sottoposto al 14 bis arrivarono due ragazzi, li sentivo urlare che volevano essere trasferiti perché le guardie avevano ammazzato un loro amico... così mi faccio raccontare tutto, e loro mi dicono che un loro amico di 31 anni era stato picchiato perché lo avevano trovato che stava passando un orologio (da 5 euro) dalla finestra con una cordicina, così lo chiamarono sotto e lo picchiarono dicendogli che lo toglievano anche dal lavoro (era il barbiere), lui minacciò che se lo avessero chiuso si sarebbe impiccato, così dopo le botte lo mandarono in sezione, lui cercò di impiccarsi ma i detenuti lo salvarono tagliando il lenzuolo, così quei bastardi lo chiamarono ancora sotto e lo presero a schiaffi dicendogli che se non si impiccava lo uccidevano loro. Così quel povero ragazzo è salito, ha preparato un'altra corda, i suoi amici se ne sono accorti ed hanno avvisato la guardia, ma nel frattempo era salito l'ispettore perché era orario di chiusura, l'agente iniziò a chiudere le celle, ne mancavano solo tre da chiudere, tra cui quella del povero ragazzo, i due testimoni gridano all'ispettore che il ragazzo si sta impiccando e per tutta risposta ricevono minacce di rapporto perché si rifiutavano di rientrare in cella, finché dalla paura anche loro sono rientrati dopo aver visto che il loro amico romeno si era lasciato andare dallo sgabello con la corda al collo, e quei bastardi hanno chiuso a tutti tornando dopo un'ora con il dottore che ne costatava la morte e facendo le fotografie al morto...

Quei ragazzi mi hanno scritto la testimonianza quando sono scesi in isolamento, poi li chiamò il comandante Fabio Gallo e gli disse che se non dicevano niente li avrebbe trasferiti dove volevano... quei ragazzi vennero da me piangendo, implorandomi di non denunciare la cosa e di ridargli ciò che avevano scritto, io in un primo tempo non volevo, mi arrivò una perquisizione in cella alla ricerca della testimonianza ma non la trovarono, loro il giorno dopo furono trasferiti, poi mi scrissero che se pubblicavo la cosa li avrebbero uccisi, io confermai che potevano fidarsi. I fatti risalgono a luglio 2013, ai due ragazzi mancava un anno per cui ora saranno fuori. La testimonianza è al sicuro fuori di qui, assieme ad un'altra su un pestaggio di un detenuto che ho difeso e dice delle cose molto belle su di me. Ecco perché da Terni mi hanno trasferito subito!

Ora possiamo fare aprire un'inchiesta e a voi spetta una mobilitazione fuori per supportarmi perché adesso cercheranno di farla pagare a me, ma io non ho paura di loro.

Perdonatemi se sono stato zitto tutto questo tempo ma lo ho fatto per quei due ragazzi che erano terrorizzati... ora ci vuole un'inchiesta per far interrogare tutti i ragazzi che erano in sezione, serve un presidio sotto al DAP a Roma così a me non possono farmi niente.

Non possiamo lasciar impunita questa istigazione al suicidio... devono pagarla.

Ora mi sento a posto con la coscienza, sono stato male a pensare alla mamma di quel povero ragazzo che lavorava e mandava 80 euro alla sua famiglia per mangiare, quei due ragazzi erano terrorizzati, non ho voluto fare niente finché non uscissero, adesso per dare giustizia iniziamo noi a mobilitarci... sono sicuro che voi capirete perché sono stato zitto fino ad ora.

Un abbraccio con ogni bene e tanto amore.

Carcere di Spoleto, 20 settembre 2014

Maurizio Alfieri (a-cerchiata)