Dalla quarta di copertina: “In partenza, vi era il mondo della vita, nel senso banale e ingenuo che i non-scienziati danno all’espressione. Un mondo a volte allegro a volte triste, in cui gli uomini provano dei sentimenti e delle emozioni, dove cercano la loro strada, amano, lottano, ecc. Poi arriva la “scienza”, neutrale e oggettiva: non restano che atomi, ancora atomi, soltanto atomi. Ed esperti di atomi, che ci insegnano, sempre neutrali e oggettivi, che noi dobbiamo vivere “scientificamente”; vale a dire come dei conglomerati di atomi, come dei grossi edifici molecolari di cui sono i soli a conoscere la vera natura. Curiosamente i nuovi maestri spirituali ci fanno tornare alla vecchia affermazione biblica: l’uomo è polvere e tornerà polvere…”
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Dall'introduzione del libro:
Un incontro inaspettato
Il nome di Pierre Thuillier, filosofo, epistemologo della scienza, di cui viene qui proposto il saggio breve “Contro lo scientismo” (1980), per la prima volta tradotto in italiano, risulterà sconosciuto ai più, anche a quelle lettrici e a quei lettori familiari con le opere di altri grandi critici della tecnica come Lewis Mumford, Jacques Ellul e Günther Anders. Eppure quella proposta da Thuillier, in questo come in altri suoi scritti (l’unico libro pubblicato finora in Italia è “La grande implosione. Rapporto sul crollo dell’Occidente 1999-2002”, introvabile da tempo), è una critica spietata alla traiettoria della civiltà occidentale e alle conseguenze disastrose verso cui ci sta portando. Se ne “La grande implosione” Thuillier affonda il coltello nelle radici culturali dell’odierno sistema di dominio tecno-scientifico, andando a ripercorrere i processi di urbanizzazione, lo sviluppo tecnico, l’ascesa dell’economia capitalista e il cambio di visione portato dalla scienza moderna che ne sono i prodromi, in “Contro lo scientismo” l’accusa è in particolare contro quest’ultima, la scienza, di cui vengono analizzati il percorso storicamente condizionato e l’ideologia mortifera di cui si fa portatrice. Spesso si tende a considerare scienza e tecnologia come due sfere distinte: se la tecnologia, in particolare nelle sue applicazioni più nefaste, è talvolta sottoposta a critica (ma più spesso la colpa dei suoi mali è imputata ai suoi cattivi usi), la scienza ancora di più tende a conservare nell’immaginario comune un’aura di purezza, di neutralità. La scienza non rappresenta d’altronde l’amore per il sapere fine a sé stesso, il nobile compito di svelare i segreti della natura per il puro amore della conoscenza? Il pregio principale del libro di Thuillier sta nella forza con cui distrugge questa retorica così radicata, questo mito della neutralità della scienza, mostrando come essa in realtà sia sempre stata, sia e non possa che essere connivente con il potere; anzi, come essa stessa sia diventata nella società odierna un vero e proprio totalitarismo: nella sua pretesa di essere l’unica forma legittima di produzione della verità, nella pervasività con cui la sua logica sta invadendo ogni campo dell’esistenza, e negli strumenti tecnologici sempre più devastanti che vengono prodotti grazie alle conoscenze da essa fornite. La scienza moderna – ovvero ciò che si intende comunemente per “scienza”, poiché tutti i saperi elaborati da altre culture sono stati relegati al rango di superstizioni – è sempre stata, allo stesso tempo, anche tecnica, non contemplazione estatica della natura ma volontà di potenza. “Sapere è potere”: Bacone, all’alba della nuova era scientifica, aveva espresso quello che è il progetto della scienza in maniera cristallina. Andando a braccetto con lo sviluppo tecnologico e con l’ascesa della classe dei mercanti e degli imprenditori, la scienza moderna in tutte le sue caratteristiche (dall’orientamento delle ricerche ai presupposti sul mondo su cui si fonda il suo metodo) riflette gli interessi e la visione di questi ultimi: utilitarista, meccanicista, riduzionista, orientata alla pratica, integrata al complesso economico-militare-industriale, il suo progetto è sempre stato quello di renderci “padroni e possessori della natura”. Il suo metodo sperimentale, il suo modo di guardare al mondo, sfrondandolo dei suoi aspetti qualitativi, di ciò che costituisce la ricchezza e la bellezza delle esperienze, delle relazioni, delle emozioni, consiste nel liquidare la poesia, le passioni, l’inafferrabile complessità e unicità degli individui e tutti gli aspetti irrazionali della vita, in favore soltanto di ciò che è misurabile, ponderabile, quantificabile, classificabile, elencabile, numerabile. E’ questa la logica dei tecnocrati, degli economisti, dei politici, dei tecnici e degli esperti di ogni tipo, che con le loro “scienze” fisiche o sociali (perfino “rivoluzionarie”) invadono sempre di più ogni aspetto delle nostre vite e pretendono di porsi a guida (anche morale) della società, di determinare quello che dovrebbe essere il funzionamento corretto dei singoli e della loro somma. La stessa produzione della conoscenza scientifica è un’impresa tecnica: non si tratta di posare uno sguardo attento sulla natura per interrogarla e trarne un sapere, ma di isolare e riprodurre i fenomeni naturali in laboratorio tramite l’uso di apparecchiature tecniche, di imparare a smontarli e rimontarli, allo scopo di rifare la natura, di sostituire tutto ciò che di organico esiste con dei surrogati artificiali o degli ibridi, dei meccanismi. Il primato della logica razionalista promosso dall’Età dei Lumi e condotto all’estremo dallo scientismo ha portato a considerare il mondo intero come un meccanismo regolato da leggi matematiche: e come un meccanismo, grazie alle conoscenze offerte dalla scienza e agli strumenti prodotti dalla tecnica, esso può essere manovrato e manipolato a piacimento da chi detiene le redini del potere. L’universo-macchina di Galileo, l’animale-macchina di Descartes, la mente-macchina di Hobbes, l’uomo-macchina di La Mettrie, per finire con la società-macchina, sono tutte tappe di un unico processo di scientifizzazione riduzionista del mondo. Gli organismi viventi (umano compreso, nonostante l’antropocentrismo dominante) vengono considerati dalla biologia alla stregua di complessi macchinari molecolari composti da geni, atomi, particelle, “tubi, pompe, molle, congegni” - niente di così diverso da quanto aveva descritto Descartes diversi secoli fa – assemblabili, modificabili e ricomponibili attraverso il taglia-incolla dei geni, l’inserimento di nanorobot nel sangue, l’ingestione di psicofarmaci che vanno ad agire sulle connessioni neuronali, la fusione di gameti in provetta, la clonazione cellulare, la produzione di fabbriche di batteri sintetici, i trapianti interspecie e l’innesto di protesi tecnologiche di ogni tipo fuori e dentro i corpi. Anche i comportamenti animali, umani e non umani, trovano una spiegazione “scientifica” e un conseguente tentativo di normalizzazione grazie agli sforzi delle cosiddette scienze sociali, come la psicologia e la sociologia. Allo stesso tempo, siamo nell’epoca della società-macchina: sistemi di sorveglianza sempre più sofisticati, raccolta dei dati, software di gestione, modelli predittivi di comportamento, oggettistica e urbanistica smart forniscono preziose istruzioni ai governanti su come gestire la macchina sociale e fare in modo che i suoi ingranaggi scorrano ben lubrificati, efficienti, produttivi e senza intoppi. Thuillier ci mette in guardia con senso di urgenza sulla natura totalitaria della scienza, sul suo progetto di dominio totale, sulla sempre maggiore presa di potere della tecnoscienza sulla società, processo che sta avvenendo sotto gli occhi di un’umanità sempre più cieca, priva di immaginazione e assuefatta ai sacerdoti in camice bianco, un’umanità che non riesce nemmeno più a vedere le proprie stesse catene. Pensare di produrre conoscenza rispetto a cos’è un essere vivente facendo correre dei ratti in un labirinto o dissezionando un coniglio, come immagine, mi pare riflettere bene quella che è l’ideologia scientista e la sua idea carceraria di mondo, la miseria esistenziale ed emotiva di cui si fa portavoce, l’oggettivazione e la mercificazione di ogni elemento del pianeta che logicamente ne conseguono. Un’ideologia di potere che Thuillier ci invita a contrastare e arrestare al più presto, senza ulteriori tentennamenti.